Testo e foto di Paolo Bosca
“Mi sembra che la parola di oggi sia stimoli. È quello di cui sentiamo più bisogno: coi sidri, poi coi vini, in vigna, cerchiamo sempre di stimolare chi ci conosce, chi ci beve, ma anche e soprattutto noi stessi e le nostre vite”. Insieme a Livio Craveri e a Giovanni Cismondi, Elia Lamberti è uno dei tre fondatori della Società Semplice Agricola Braccia Rese, con sede a Busca, ai piedi delle montagne cuneesi. Ci incontriamo al casolare che ospita la cantina, l’antica cascina della famiglia di Giovanni da cui l’azienda ha ereditato anche parte dei vigneti. Da qui si vede la pianura di Cuneo – con Saluzzo, Fossano, Savigliano – un’area dove gli occhi corrono senza ostacoli fino alle Langhe, nella quale si vede chiaramente l’intreccio della vocazione rurale – mele, vigna, allevamenti e alberi da frutto – con quella industriale sorta negli ultimi decenni.
Braccia rese è nata nel 2020, a pochi mesi dall’inizio della pandemia, quando le strade dei tre protagonisti si sono incrociate e, insieme, hanno cambiato direzione. Elia infatti era un designer, Livio un enologo, Giovanni geometra. “All’inizio è stata davvero dura, il trattore è arrivato quasi un anno dopo e prima facevamo tutto a mano. In primavera fuori non c’era nessuno, era deserto, e noi con l’atomizzatore in spalla andavamo avanti e indietro tutto il giorno. Non l’avevamo mai fatto prima. Ci siamo buttati, ci credevamo perché tutto questo ci rappresenta. Ecco. La soddisfazione più grande è che tutto questo ci rappresenta e ci stimola.”
La vocazione viticola di queste montagne si esprime in vari vitigni autoctoni, che Braccia rese lavora con particolare attenzione: lo chatus, la neretta cuneese e il quagliano. Questi vitigni, tipicamente usati per il taglio della più pregiata e redditizia barbera, sono al centro del progetto di Elia, Giovanni e Livio. Il primo, lo chatus, è un vitigno originario dell’Ardèche che si è adattato particolarmente bene nell’area nord-occidentale del Piemonte, dalla Val di Susa a Pinerolo al cuneese, dove viene chiamato anche nebbiolo di Dronero (malgrado non ci sia alcuna parentela col nebbiolo vero e proprio). È un’uva che da al vino note aspre, un tannino pieno e coinvolgente, un gusto schietto, a cui braccia rese da il nome di Barba (lo zio, meglio se saggio), un’unione di barbera e chatus appunto, in percentuali variabili a seconda della produzione annua, ritratto perfetto del territorio saluzzese. Vino senza fronzoli, generoso, chiama un calice dopo l’altro.
La neretta cuneese è un’altra varietà autoctona, anch’essa usata tipicamente per il taglio ma meno nota dello chatus e meno diffusa. Neira si ottiene da una vinificazione in purezza di questo ceppo – al quale raramente si dà una simile responsabilità – e il risultato è ottimo. A partire da questo vitigno Braccia Rese sta lavorando anche a un progetto di inclusione sociale, per portare fuori dalla metafora (e dal calice) il lavoro di valorizzazione delle colture marginali che popolano la zona. Infine il quagliano, un’uva rara legata alle colline saluzzesi, dove nel 1996 ha ottenuto l’omonima doc. Da questo vitigno si ricavano, in tutto, un totale di 25.000 bottiglie. Nelle mani di questi ragazzi diventa Pinq, un pet-nat giocoso, coraggioso e beverino, che abbiamo bevuto mentre un temporale estivo si faceva largo alle nostre spalle. Un tempismo perfetto.
In totale l’azienda lavora a oggi 2,5 ettari di terreno, occupati in parte dalle nuove vigne di baratuciat, una varietà di bacca bianca che si estende fino alla Val di Susa. Tutti i vitigni sono portati avanti senza l’uso di chimica, solo rame e zolfo, e lo stesso vale per la cantina, dove una bassissima dose di solforosa garantisce le prime annate messe sul mercato. A parte il Martino (un blend di barbera e merlot), l’etichetta più elegante, che fa un periodo di dieci mesi in botte, gli altri vini fanno vetroresina. Tutti gli affinamenti avvengono nella cantina che sta al centro dei vigneti.
“Vogliamo che tutte le nostre etichette abbiano una forte identità – dice Elia – abbiamo sempre cercato di fare vini riconoscibili, che facciano scoprire a chi li beve nuovi sapori”. A pensarci bene vinificare in purezza varietà bistrattate è come aggiungere una “lettera” all’alfabeto dei propri sapori e alla rappresentazione (gustativa) di un territorio. A proposito c’è Thorc, che chiude il cerchio riprendendo la tradizione dei vini del torchio, fatti pigiando le bucce di tutti i vini dopo la macerazione. Ne esce un vino sempre attuale, pronto a farsi bere, che in bocca lascia un’istantanea di Braccia rese.
Giovanni, Elia e Livio sono giovani, rispettivamente nati nel ’91, ’94 e ’91, ma Braccia Rese non è il primo progetto agricolo di cui sono protagonisti. Nel 2019 Elia, Livio e suo fratello Nicolò volevano interpretare diversamente la mela da tavola, di cui il cuneese è uno dei maggiori produttori in Italia. La grande distribuzione ne ha fatto un prodotto industriale, di poco valore, coltivato con scarsa cura. Come fare ad aprire un’altra strada, a dare uno stimolo diverso al prodotto e al territorio? Facendo fermentare le mele, producendo l’Arvirà, il primo sidro della Sidreria Craveri-Lamberti. Arvirà è un sidro fatto con metodo classico, elegantissimo. Malgrado l’età dei produttori possa far pensare a prodotti spericolati, estremi e caotici, i prodotti di Braccia Rese e della Sidreria sono inaspettati, a volte strani, ma sempre attenti al dialogo con chi beve.
Penso che Arvirà sia il simbolo perfetto del modo di lavorare di questi ragazzi: consapevolezza del luogo, spirito di rottura, ritorno al passato come pratica per aprirsi una strada nel futuro. Arvirà consegna perfettamente il suo “messaggio in bottiglia”: un prodotto che per la maggior parte viene venduto a prezzi bassi e senza dignità può diventare uno dei prodotti d’élite per definizione, il metodo classico. Una rivoluzione gentile, un cambio di punto di vista, uno stimolo, gentile. Una resa tutt’altro che passiva, una restituzione piena di entusiasmo.
“Rendere” non equivale ad “arrendere”, ad arrendersi, perché significa restituire: un vitigno a chi lo beve, un prodotto alla sua terra, una persona al suo territorio. Braccia Rese insegna che la resa oggi può essere una modalità d’azione, un ritorno verso qualcosa dove, come recita Caproni, “non sono mai stato” e che per questo è tutto da costruire.
Braccia Rese
Str. S. Martino
12022 Busca (CN)
www.bracciarese.com
sidreriacl.com