Testo di Tania Mauri
Foto cortesia di Ufficio Stampa Al Meni
Il circo dei sapori ideato da Massimo Bottura torna a Rimini e celebra il suo decennale con un grande e simbolico abbraccio e con una forte rappresentanza femminile sul palco.
Sarebbe piaciuta questa decima edizione di Al Mèni al grande regista Federico Fellini, lui che le donne le ha amate e celebrate in ogni suo film. Così, come in un film, la sua città natia, Rimini, si è trasformata, per un week end, nella “Città delle donne” dove questa volta le “sue” donne erano cuoche e imprenditrici della ristorazione internazionale.
Una due giorni dedicata al cibo che si è trasformata in un grande abbraccio alla Romagna, così come evocato proprio da Bottura in apertura della kermesse, un circo dei sapori voluto da CheftoChef emiliaromagnacuochi, Rimini Street Food, Slow Food Emilia Romagna e dal Comune di Rimini che ha coinvolto i cittadini, i turisti e chi ha voluto sostenere la Romagna in questo momento difficile.
Un evento che ha visto le donne protagoniste sul palco, donne che sono arrivate dal Nord Europa e dal Medio Oriente, dal nord e dal centro Italia, che hanno pensato, preparato, cucinato e spadellato alcuni dei piatti più interessanti della manifestazione riminese, a cominciare da Jessica Rosval di Casa Maria Luigia a Modena che ha voluto omaggiare la terra che l’ha accolta, l’Emilia Romagna, con l’Emilia-Romagna my Love, un pane cotto nel forno a legna a forma di cuore che ricorda un bao per la leggerezza, con all’interno ragù di salsiccia di mora romagnola e cozze e un pesto di vongole e cozze piccanti da tuffare in una salsa di prezzemolo e acqua di mare.
La parata tutta al femminile è proseguita con Anna Barbina, ristoratrice, classe 1985, laurea in Giurisprudenza con esperienze da Niko Romito e Antonia Klugmann, titolare e chef dell’AB osteria contemporanea di Lavariano, in provincia di Udine, dove propone una cucina innovativa e sostenibile. La sua idea ha una doppia anima, moderna e tradizionale, ancorata alle sue origini ma che si sposta verso nuove prospettive, come il piatto che ha portato, Cevapčići (spiedino di carne trita tipico dei paesi della penisola balcanica) con insalata di verdure fermentate, ovvero una misticanza con erbe e fiori del suo orto con verdure fermentate prodotte al ristorante e uno spiedino di carne mista di maiale e manzo.
Stesso ingrediente ma declinazioni diverse per la foglia di fico utilizzata da due chef dalla forte personalità: Chiara Pavan, del ristorante Venissa sull’isola di Mazzorbo a Venezia – laurea in filosofia e studio serrato di fauna e flora della laguna, che spesso diviene parte integrante della sua cucina “ambientale” – che qui ha proposto dei semplici ma sorprendenti Gnocchi di foglie di fico e burro al dragoncello.
E Marta Cerbino giovane sconosciuta dal grande talento, in grado di proporre una cucina ricercata ma semplice e genuina, che pone al centro la tradizione, la territorialità e la stagionalità con un tocco raffinato e che, dopo l’esperienza a Beck, al Lido 84 di Camanini e allo Chateaubriand di Iñaki Aizpitarte, ha aperto il Languorino di Montefiascone. A Rimini ha portato un incredibile Crudo di pecora ai profumi della Tuscia, ovvero una tartare di pecora di quattro anni cresciuta al pascolo dell’Alta Tuscia, arricchita da un olio mono varietale pendolino dal sentore di pomodoro ed erbe aromatiche, una maionese vegana alle foglie di fico, ciliegie marinate al vermouth rosso e chips di ceci neri.
Le giovani chef del nord Europa hanno omaggiato il pesce della Romagna: la ventottenne Emilie Qvist Kjaergaard – danese cresciuta nella fattoria biologica dei genitori – dopo un periodo all’Amass di Copenhagen, ha aperto un ristorante in un minuscolo villaggio di pescatori nel Nord dello Jutland e ha avviato un nuovo progetto, un popup, a Zurigo.
Si è poi presa un periodo sabbatico dove ha girato l’Europa e l’Italia alla scoperta di nuovi ingredienti e sapori come un delicato Ceviche di branzino dell’Adriatico con albicocche locali. Isabelle Gemmer Pering invece, dopo diverse esperienze negli stellati tedeschi, è tornata l’anno scorso a Bad Soden Altenhain suo paesino natale a Nord di Francoforte, per aprire il suo ristorante, il Bellas Lokal, collaborando strettamente con agricoltori e vignaioli locali e qui ha fatto un’Anguilla affumicata, scottata con sciroppo di fiori di castagno, maionese di porro, insalata di ravanello, anguria e porro.
Un melting pot di culture e tradizioni quelle delle tre chef che hanno portato i sapori d’Oriente a Rimini. Vania Ghedini, chef ferrarese del ristorante Sesamo della famiglia Alajmo a Marrakech che utilizza prodotti locali per creare una cucina semplice, gourmet e casalinga, ha preparato un Risotto, ispirato al Tanjia, piatto tradizionale del Marocco, composto da carne, smen, zafferano, cumino e limoni confit. Un piatto ideato per Al Mèni che probabilmente andrà in carta al Sesamo, in cui si incontrano tutti i sapori rappresentativi del Marocco come il limone candito, il cumino e lo zafferano, ingredienti che sono alla base della cucina marocchina e che si fondono con la cultura italiana rappresentata dal riso, che è un po’ il simbolo della tradizione culinaria di Vania. Il risotto, che ricorda quello alla milanese, è mantecato allo smen, un burro di latte di capra e pecora salato e fermentato.
La giovane e combattiva Naifa Mulla, sguardo profondo e diretto che non lascia scampo, chef e patron del ristorante Naifa di Tel Aviv, è divenuta popolare per la sua partecipazione al “Top Chef” israeliano. Con la sua cucina riprende le sue origini culinarie – i suoi nonni erano membri di spicco della comunità drusa – con arguzia e brio, come nel Kibbeh nayyeh, una tartare di carne, bulgur, cipolle e spezie, chose (confit di agnello e cipolla) da mangiare con le mani e in cui emerge la sua cucina contemporanea con un profondo legame con il suo passato, un viaggio tra ciò che è stata e ciò che è oggi a cui aggiunge calore umano e raffinata eleganza.
Infine un’altra israeliana, Avivit Priel Avichai del Ouzeria di Tel Aviv che con il suo piatto, il Red Moon – mezzelune di barbabietola farcite con mousse di labneh (il labneh è un formaggio morbido tipico della cucina mediorientale leggermente piccante), peperoncino shipkas (originario della Bulgaria, piccante ma dolce), conditi con una gremolata di germogli di vite e una grattata di “yogurt stone” e labneh disidratato – vuole celebrare le caleidoscopiche suggestioni del mercato delle spezie di Tel Aviv tipiche della sua cucina, mediterranea, fresca e gioiosa, impregnata dei migliori prodotti della sua terra (che ha messo in valigia e fatto arrivare in Romagna).
Oltre alla curiosità e all’interesse che hanno stimolato con i loro piatti, queste sono donne che hanno saputo imporsi in un mondo ancora dominato da figure e ambienti maschili, che raccontano storie, fatte di quotidianità ma anche di piccole battaglie che le hanno portate dove sono, che hanno seguito una passione e un sogno, che non hanno avuto paura di fermarsi e rallentare quando era necessario, che hanno guardato al passato per forgiare il loro futuro, che si concedono un filo di rossetto sui sorrisi radiosi, donne normali come sono le loro vite e le difficoltà che hanno incontrato. Eppure, per molti ancora “non è normale” vedere una donna al comando di una cucina che non sia quella di casa, ma quest’anno, a Rimini sotto il tendone di Al Mèni, queste cuoche hanno dimostrato che si può fare e anche molto bene.