Testo e foto di Eugenio Signoroni
Quanti sono i posti dove prenotereste per il servizio successivo non appena terminato il pasto che lì state consumando? Azzardo una risposta io per tutti, convinto di non sbagliarmi di tanto. Pochissimi. Probabilmente non più di cinque. Perché abbiate voglia di tornare a sedervi al tavolo che ha appena finito di accogliervi, infatti, non basta che abbiate mangiato straordinariamente bene. Serve, a mio avviso, che siate stati stimolati al palato e al pensiero, ma con leggerezza; serve che vi siate divertiti ma anche rilassati, che l’ambiente fosse accogliente, elegante, bello ma senza schiacciarvi. Per me uno dei locali che appartengono a questa ristrettissima cerchia è Guido a Serralunga d’Alba, nel cuore delle Langhe.
Ugo e Piero Alciati sono gli eredi di una delle famiglie che più ha contribuito a determinare le forme della ristorazione classica contemporanea. Il ristorante aperto a Costigliole d’Asti nel 1961 dai genitori Guido e Lidia è stato tra i primi del nostro Paese ad accettare solo clienti su prenotazione e a offrire esclusivamente un menu degustazione. Ma non solo, è stato uno di quelli (se non quello) che più ha contribuito a portare nel presente la cucina piemontese di casa ri-definendo alcune ricette e stabilendo regole che dopo gli Alciati sono diventate patrimonio condiviso tanto della ristorazione cosiddetta alta, quanto delle osterie. Due su tutte: il vitello tonnato si serve rosa e l’agnolotto è soprattutto al plin.
Ugo e Piero sono due che questo mestiere lo fanno da talmente tanto tempo da aver acquisito una disinvoltura che rende qualsiasi loro gesto perfetto e leggero. La cucina di Ugo è minuziosa nelle cotture, nelle consistenze di paste e ripieni, nella misura degli accostamenti (tanto i più consueti quanto quelli che si spingono più verso i limiti). È classica e contemporanea. Mette davvero in mostra i prodotti che impiega e lo fa senza pompose dichiarazioni d’intenti.
La sala di Piero è vivace, leggiadra, giovane. Attenta a ogni dettaglio eppure scanzonata. Di un’eleganza sabauda, ma senza il rigore e la seriosità che talvolta questa regione porta con sé. Una delle sale, anche architettonicamente, più belle d’Italia animata da uno dei servizi più piacevoli che si possano desiderare.
La contemporaneità classica della cucina emerge già con il primo piatto. Una Carne cruda, non battuta, ma a mo’ di carpaccio, all’albese come dicono qui, solo tagliata un po’ più spessa per mettere in mostra l’estrema morbidezza e dolcezza della carne impiegata. Quasi nuda, non fosse per qualche grano di sale grosso, per un sottile filo di delicatissimo olio e, in questa stagione, di qualche fetta di tartufo bianco (“buono, ma molto molto poco” confida Piero). Il Cardo gobbo di Nizza Monferrato con pere e acciughe è un’opera di equilibrismo gustativo, l’esemplificazione di quella misura negli accostamenti della quale si diceva poco fa.
Il Risotto alla parmigiana con fondo bruno e tartufo bianco è millimetrico in cottura, intensità e cremosità. A seguirli è la Storia. Uno di quei piatti che andrebbero studiati in qualsiasi luogo si parli di cucina e che andrebbero celebrati come uno dei monumenti della cultura materiale della nostra nazione. Gli Agnolotti di Lidia al sugo d’arrosto: grandi, dalla pasta liscia e sottile, dal ripieno morbido e cremoso, conditi con un fondo chiaro senza spigoli. Agnolotti della mamma, ai quali da qualche tempo Ugo affianca quelli della nonna Pierina, serviti al tovagliolo, senza condimento, un po’ più piccoli e speziati, da tuffare, a piacimento, in un corposo brodo di gallina servito a parte.
E poi le carni. La Finanziera, innanzitutto. Un piatto antico e difficile che qui trova una sua grazia, perde qualsiasi rusticità e si fa sottile nell’uso dell’aceto, nella misura dei componenti e nella scioglievolezza delle polpettine di vitello che lo completano e lo arricchiscono. La finanziera, ma anche il Petto d’anatra con ciliegie di Pecetto, perfettamente rosa e perfettamente cotto, dalla pelle croccante ma senza eccessi con una salsa che ne smorza le vene più selvatiche che restano lì a evidenziare la bontà della materia prima. Infine, il Gelato alla panna mantecato al momento. La summa di quanto la semplicità possa nascondere il massimo godimento e forse la migliore esemplificazione di una frase stampata sui menu del ristorante di Costigliole: “Per un ideale di perfezione impossibile da raggiungere, ma piacevole da perseguire”.
Guido Ristorante
Villaggio di Fontanafredda
Via alba 15
12050 Serralunga d’Alba (CN)
www.guidoristorante.it