Testo di Cristina Ropa
Foto cortesia di Forni e Fornai•e
È proprio dalle intuizioni più semplici, più genuine, che nascono le grandi opere. Quei momenti in cui si riflette su ciò che non va divengono il punto di partenza per creare nuove sconfinate possibilità. Parte da qui la storia del Festival FORNI & FORNAI•E, una due giorni (21 e 22 maggio) piena di iniziative dedicata agli appassionati del grano, del pane e dei progetti che ruotano intorno a essi. Nasce dal desiderio di rompere gli schemi convenzionali e creare una filiera sana, giusta, corretta per la natura così come per le persone, una filiera che ha portato alla comprensione che i legami sono le fondamenta di tutto. “È stato un percorso rivoluzionario che ha poi ispirato tante altre realtà nel decidere di coltivare un grano di qualità e smarcarsi dal mercato, trovare quindi un contatto diretto con i produttori, rimettere al centro il rapporto con le persone”.
Il racconto di Sara Pellegrini, del gruppo organizzativo del Festival e membro della Comunità Grano Alto – comunità Slow Food nata nel 2019 e dedicata al grano dell’Alto Appennino per ufficializzare quanto sia forte il riconoscimento comune verso questi valori fondamentali – parte quindi dagli albori, da quando Matteo Calzolari vent’anni fa decise di convertire in biologico tutta la produzione del Forno di Calzolari, ereditato dal padre. E di farlo attraverso il dialogo, lo scambio, il confronto tra fornaio/mugnaio/agricoltore che si era perso negli anni. “Con il tempo poi ci siamo resi conto che non bastava quello che facevamo – prosegue Sara – così abbiamo deciso di trovarci una volta al mese, a turno a casa di qualcuno di noi, in quelle che definiamo “veglie”. Abbiamo voluto ritrovare quella socialità che regnava una volta in questi luoghi come facevano le donne che intrecciavano la paglia e che poi vendevano ai fiorentini per fare i cappelli. È proprio da queste veglie che è nato Forni & Fornai•e”. Due giorni pieni di emozioni, di energia, di scambi virtuosi avvenuti tra circa 300 persone da tutta Italia. Uno spazio dove conoscersi e mettere a fuoco le motivazioni che spingono a fare determinate, e indubbiamente coraggiose, scelte.
Ballare sulla melodia di musiche tradizionali suonate come augurio al grano che fiorisce nei campi è stata l’emozionante apertura della prima giornata. Si è passati poi al confronto in campo insieme a esperti quali i genisti Stefania Grando e Salvatore Ceccarelli, per osservare e comparare insieme 21 popolazioni evolutive di grano provenienti da tutto il territorio nazionale. Tante le persone che sono intervenute durante la giornata, tutte con background diversi come Abby Rose fondatrice del podcast made in UK Farmerama, momenti preziosi per esplorare il suolo, imparare e approfondire insieme la sua meravigliosa e ricca biodiversità, fondamentale per il contrasto al cambiamento climatico. Scoprire inoltre che cos’è il micelio quella materia organica che espandendosi in tutto il sottosuolo rende possibile la trasmissione di informazioni a km di distanza, una consapevolezza che permette di guardare la natura con occhi nuovi.
“A cena abbiamo apparecchiato un tavolo lungo 35 metri – prosegue Sara – mangiare tutte e tutti insieme è stato bellissimo. Le persone hanno trovato una splendida atmosfera familiare pur essendo in 150. Abbiamo ballato sulle musiche di queste valli dell’Appennino unendo diverse generazioni e permettendoci così di allargare la nostra visione”.
Un laboratorio di impasto a mano a cura di Karen Lopes & Christina Ermilio è stato l’incontro apripista della domenica per imparare non solo a fare il pane a mano, ma anche per rendersi conto che lavorare con farine pure quindi senza additivi significa partire sempre dal suolo da cui origina la forza della materia prima. Tanti i lab che si sono susseguiti in piccoli gruppi per le viuzze di Monghidoro, tra cui quello di Kimberly Bell del Small Food Bakery & UK Grain Lab di Notthingam incentrato sul percorso che un fornaio o una fornaia nel tempo possono fare al fine di emanciparsi dalle etichette convenzionali e dando così più valore alla conoscenza piuttosto a ciò che l’industria cerca di venderti. In questo laboratorio Kimberly Bell ha coinvolto le persone presenti ad annusare l’impasto e ad assaggiarlo, ad attivare tutti i sensi e da lì realizzare grafici per codificare questo tipo di conoscenza.
“Questa esperienza – mi spiega Sara – ci ha permesso di vedere la possibilità che abbiamo di aprire una strada tra ciò che apparentemente già conosciamo e quindi cercare di comprendere le cose tramite la nostra conoscenza, e non ciò che ci viene imposto”. Anche il prezzo del pane è stato al centro dei dibattiti, un tema molto attuale che tocca la vita di tutte e tutti e che fa riflettere sull’importanza di rendere la filiera equa in tutti i suoi passaggi, sempre cercando di rendere il cibo biologico più inclusivo. È difficile raccontare come si arrivi a costruire il prezzo di un pane di qualità, sano e che sostenga il ciclo naturale della coltivazione e della cura del territorio. D’altra parte, per cambiare questo, occorre partire da una profonda consapevolezza di quanto tutto sia interconnesso, tutto sia collegato, dall’agricoltura al costo dell’energia. Per noi ciò che conta è continuare a tessere legami, dialogare e creare momenti di scambio e apertura come quelli vissuti durante questo Festival”.