Testo di Annalucia Galeone
Foto cortesia di Feudo Montoni
Wine Spectator, la rivista statunitense nota per saper anticipare le tendenze del mercato ha assegnato il 71° posto nell’esclusiva classifica al Lagnusa 2017 di Feudo Montoni, nero d’avola in purezza e il 90° all’Etna Rosso 2018 di Graci. Il nero d’avola si riprende la scena? Il posizionamento, del tutto inaspettato, ha dato nuovo lustro allo storico vitigno nonché il più diffuso e il più bistrattato in tutta la Sicilia. La place list ha valorizzato una tra le interpretazioni più autentiche. I parametri adottati dalla guida nella selezione sono molto rigidi ma a misura di consumatore, valutano la qualità assoluta, il valore in base al prezzo, la disponibilità in base al numero di casse prodotte e all’excitement, ovvero, all’emozione nel berlo.
Anni fa Giacomo Tachis scrisse: “Feudo Montoni è un nero d’avola del tutto particolare: ha la grazia dei grandi rossi superiori non tanto per ricchezza strutturale, generalmente cosa ordinaria, bensì per ricchezza di eleganza, stile e classe, tanto da staccarsi del tutto del normale e ricco e importante nero d’avola, bene inimitabile del vino siciliano di alta qualità”. Da lungimirante precursore qual’era, Tachis – in anticipo sui tempi ed esperti – intuì quali fossero le potenzialità e le caratteristiche di questi vini senza stereotipi prodotti nell’agro di Cammarata in provincia di Agrigento. Già nel 1595 Andrea Bacci, agronomo e medico di Papa Sisto V, autore di De Naturali Vinorum Historia, il primo trattato enologico italiano, elogiò la tradizione viticola e le qualità in queste terre. Ma qual è il segreto? Il clima molto fresco – con inverni rigidi ed estati caratterizzate da escursioni termiche di 20°C tra le temperature del giorno e della notte – crea un habitat particolare. In queste terre composte da sabbie e argille, è sopravvissuto un vigneto di nero d’avola prefillossera di circa 140 anni d’età.
Il nero d’avola di Feudo Montoni è un nero d’avola insolito, verticale, tagliente, l’acidità è affilata. I parametri chimico fisici non sono da vino rosso ma da champagne. L’area è un’isola dentro l’isola, la solitudine e l’isolamento dei vigneti ha evitato le contaminazioni genetiche, non c’è stata deriva, in più l’altezza a 750 mslm fa si che a spiccare sia la freschezza e non il grado alcolico. I sentori di quel nero d’avola non virano verso la frutta rossa ma bensì verso menta, resina verde ed eucalipto. La varietà era anche conosciuta come il calabrese per la provenienza.
Fabio Sireci e Melissa Muller sono i titolari di Feudo Montoni, coppia nella vita e nel lavoro, mettono in ciò che fanno la medesima intensità e complicità che li lega. La loro è una storia originale. Melissa è americana, antropologa, ristoratrice e scrittrice, oggi anche ambasciatrice della Sicilia oltreoceano. Per intervistare quello che sarebbe diventato il suo futuro marito ha impiegato due anni. Fabio rimandava in continuazione a causa dei troppi impegni, quell’incontro ha cambiato la vita di entrambi e ha creato le basi per un nuovo percorso familiare e aziendale. Senza di loro Feudo Montoni non sarebbe quello che è.
“Il nostro non è un approccio prepotente – svela Fabio Sireci – c’è solo il lavoro, quello vero in vigna e cantina. Zero investimenti in pubblicità, non inseguiamo guide e punteggi. Viviamo in una sfera tutta nostra dove facciamo solo il vino. Mi ha sorpreso il 71° posto di Wine Spectator. Non si tratta della rivincita della Sicilia sull’Etna come è stato detto, semplicemente non c’è solo “a muntagna”. Ci stiamo risvegliando dal torpore, si torna all’inizio degli anni 2000 quando c’era la rinascita della Sicilia con Giacomo Tachis che scorrazzava per l’isola come consulente dell’Istituto regionale vini e oli. Indagava, faceva ricerche clonali sui biotipi e i neri d’avola più puri, per puro non intendo il più buono. Tachis fu chiamato da Diego Planeta. Scelse lui per la cultura, la preparazione, l’autorevolezza e l’età. Poteva dire ciò che pensava senza paura dei poteri forti. All’epoca io ero più timido e con poca esperienza, fui invitato a una degustazione con tante espressioni di nero d’avola. Tachis prese la mia bottiglia per prima e io iniziai a sudare freddo. Mi interrogò. Mi chiese dove erano situati i vigneti, quali erano gli alberi, le piante circostanti e del sottobosco. Gli spiegai che la mia proprietà era al centro della Sicilia circondata da granai, alberi di ulivo e piante selvatiche ai piedi della vigna come la vruca, l’erba bianca e l’eucalipto. Involontariamente ho fatto ciò che facevano mio padre e mio nonno – conclude Fabio Sireci – Non ho acquistato le piante da un vivaio ma ho innestato quelle selvatiche già presenti.”.
Feudo Montoni
C.da Montoni Vecchi
92022 Cammarata (AG)
www.feudomontoni.it