Testo di Annalucia Galeone
Foto di cortesia di Federico Graziani
Lungimirante ed eclettico, Federico Graziani è il titolare dell’omonima cantina sull’Etna. Sono sei gli ettari di proprietà dislocati tra i versanti nord e nord/ovest, tra i 600 e i 1200 metri sul livello del mare, le bottiglie prodotte sono ventimila, le etichette quattro. L’avventura nei panni di viticultore è iniziata per caso, nel 2008 ha salvato dall’inevitabile espianto una piccola vigna. Allora le aziende sulle pendici del vulcano erano circa 38, oggi se ne contano 170. La conduzione degli impianti è affidata a Salvo Foti, suo mentore, e ai viticoltori del gruppo i Vigneri, guidati da Maurizio Pagano. Il flirt per il vino è scattato in giovanissima età, con il suo appeal lo ha affascinato e conquistato. “Ho sempre bevuto –afferma scherzando Federico Graziani – La mia vita è legata al nettare di Bacco”. Il vino è il filo conduttore del suo excursus professionale, dinamico e mai scontato.
Originario di Ravenna, a 15 anni ha frequentato il corso da sommelier all’alberghiero, a 19 anni è diventato sommelier professionista, a 23 anni ha vinto il concorso come miglior sommelier d’Italia 1998 e nel 2006 ha conseguito la laurea in Viticoltura ed Enologia. Ha alle spalle una brillante carriera in prestigiosi ristoranti al fianco di Gualtiero Marchesi, Stefano Cavallini, Bruno Loubet, Carlo Cracco (ha creato la sua prima cantina a Milano), e capo sommelier per dieci anni presso Aimo e Nadia. Ha scritto vari libri tra cui Storie di vino e cucina, Atlante geologico dei vini d’Italia e Grandi vini di piccole cantine.
Federico ama reinventarsi, sapeva che alla soglia dei quarant’anni non avrebbe più fatto il cameriere. Terminata l’esperienza in sala ha collaborato con Feudi di San Gregorio della famiglia Capaldo prima come manager per l’alta ristorazione poi curando i progetti per il canale HoReCa e la distribuzione dello Champagne Boizel importato sempre dalla cantina campana. L’incontro casuale con Salvo Foti ha segnato la svolta, Federico ha deciso di tornare alla terra, laddove tutto ha avuto inizio.
“Poter servire ad alti livelli è stato per me un bel momento di condivisione e occasione di incontro con l’altro, da buon romagnolo ho un innato senso per l’ospitalità – racconta Federico Graziani – Nel tempo è nata la necessità di tornare alle origini, ho intrapreso un viaggio a ritroso dai tavoli dei grandi ristoranti alla vigna. C’è voluto un po’ di tempo per abituarmi al mio nuovo ruolo, è una strana sensazione. Una volta ero una sorta di mediatore tra chi fa il vino e chi lo beve e adesso vesto i panni del produttore che deve fare il comunicatore. Ero un sommelier un po’ talebano, ai miei ospiti non avrei mai consigliato le prime annate dei miei vini, le avrei viste come un esercizio di stile e io apprezzavo la continuità produttiva”.
Sull’Etna il nesso tra il luogo e le tecniche di allevamento è molto forte, è una zona impervia ma vanta una delle più ricche tradizioni vitivinicole in Italia e in Europa. L’esposizione alle brezze marine e l’altitudine creano un microclima unico, distinto dal resto dell’isola. Sono territori con un grande potenziale. I vini di Federico Graziani sono autentici, non elaborati. Mareneve è il bianco, un blend d’altura a base di carricante, riesling, gewürztraminer, greganico e chenin blanc. Complesso, elegante e dal sorso freschissimo. Profumo di vulcano è il rosso, il top di gamma: nasce in una piccola vigna risalente alla fine dell’800, le piante – alcune prefillossera – hanno un’età media di cento anni. È un rosso sontuoso ed esplosivo, un blend di nerello mascalese, nerello cappuccio, alicante e francisi. L’autore dell’etichetta è Piergiuseppe Moroni, hair stylist di fama con l’hobby del disegno. L’opera rappresenta un fiore lavico, l’originale è in smalto e catrame. È il vino più iconico di Federico, la scelta del nome è collegata a un curioso aneddoto. Federico era fortemente indeciso finché non incrociò – da Aimo e Nadia – Andy Hayler, l’uomo che ha mangiato in tutti i tre stelle del mondo. Il famoso gastronomo gli ricordò che lui sapeva già qual era il nome che avrebbe dato al vino e gli rammentò che lo aveva affermato durante un’intervista fatta a Giuseppe Benanti. Per ringraziarlo gli fece dono delle prime sei bottiglie di Profumo di vulcano.
I progetti in cantiere per sviluppare l’ospitalità e far vivere un’experience immergendosi nella natura sono innumerevoli. L’angolo più bello della cantina è quello con il tavolo in pietra lavica sotto l’ulivo, da lì è possibile ammirare scorci di rara bellezza, una volta scoperto non si può fare a meno di tornare.
Fedegraziani
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Randazzo
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