Testo di Andrea D’Aloia
Foto di Marco Poderi Studio
C’è da rimanere incantati dalla lucidità con cui si può scomporre un pensiero, una sensazione, declinare un’emozione: è una calma che definiresti… silenziosa. Non è soltanto pazienza o il gusto per certi dettagli, ma un preciso concetto di ritmo, di eleganza, di distanze che convergono e si colmano. Stefano Ciotti è un cuoco che ha idee che non gli è mai servito urlare. Non ha mai avuto bisogno di quel rumore lì: a lui è servita esattezza. Talento cristallino, concretezza, costanza e vocazione all’eleganza hanno fatto il resto. Nel suo tempo si è mosso dentro sé stesso tirando fuori forme di bellezza che sono di pochi, e adesso se ne sta lì, ad abitare il presente nella luce che entra a ondate nel suo ristorante e a godersi tutto quello che la vita ha in serbo per lui. È un uomo risolto, compiuto, in un momento perfetto: glielo leggi nitido negli occhi, lo noti da come continua a immaginare cose, a nuotare nella sua creatività e in quella dei suoi ragazzi.
Nel frattempo, ha messo a posto un sacco di particolari importanti, con millimetrici, affascinanti allineamenti: è sorprendente quanti dettagli si siano dati appuntamento per produrre il saldo dell’armonia che si respira oggi al Nostrano. Ha una famiglia stupenda che gli dà gioia e tranquillità, il mare a un passo, tutt’intorno la raffinata civiltà di Pesaro che trasuda cultura. E poi una sala – diretta dal bravo Ion Chelici – che scandisce ritmi che hanno qualcosa di soave e una cucina a cui ha saputo donare identità che ora, semplicemente, asseconda scorrere con cura e senso: come se si lasciasse crollare addosso quei menu, per raccontarci poi com’era andata. Ciotti – senza perdere un briciolo del divertimento nel cucinare – indica la rotta e con i suoi parla, si confronta, imposta, corregge (ogni tanto smussando impeti: la squadra è giovanissima, ha il fuoco vivo dentro e un mescolio di razionalità e istinto a cui prestare attenzione), sempre cercando gli stimoli dell’inventiva e la forza degli argomenti.
Oggi il Nostrano è un modello di viaggio unico in un paesaggio senza misure, un pensiero capace di idee limpide e qualche forma di ingegnosa semplificazione qua e là (che è quel che è da intendersi per intelligenza: una sublime coerenza). È questo che fanno dall’inizio alla fine: surf veloce senza mai increspare la superficie dell’acqua e immersioni in profondità. Hanno un modo speciale di fluire che ogni volta gratta via dalle cose una qualche verità, allora ti ritrovi di fronte a uno spettacolo che ti cambia le percezioni, i meccanismi mentali, su quella bellezza e su quella bontà ti tari anche tu. Ci balli sopra.Potresti rimanere lì per ore, perché ti va di stare in quella luce, e leggerezza, e precisione, più tempo possibile. E infatti ci rimani. La sintesi con cui magnetizzano quest’alta marea di sentimenti e la convogliano intorno all’intensità di un fatto si chiama Una giornata al mare, percorso degustazione che affianca un menu à la carte rassicurante e due proposte – da quattro e sei portate – di classici intramontabili del ristorante.
Una giornata al mare è la linea che Ciotti e il suo braccio destro di cucina – Fabio Pellizzaro – hanno tracciato per rimettere in ordine le urgenze, tornare alle radici del reale, cercando nell’indice dei ricordi e ripartendo a pensare dall’inizio: alle lunghe vacanze estive, alle giornate in spiaggia senza alcuna preoccupazione a sfiorarti. È quello il posto e il momento della pace, la vita pura. E mentre il mondo fuori incattivisce e le certezze iniziano a vacillare, il cuoco di Montefiore Conca prende il suo talento e lo poggia dove tutto è cominciato, a cercare il riparo e la solidità delle fondamenta.
Ci sono riverberi, in quei piatti, che lo convincono, che gli fanno credere di aver trovato qualcosa di preciso. Alcuni sono diventati veri e propri punti di riferimento. Come il Cucciolone e spritz che inaugura il pasto (gelato al verdicchio passito, foie gras affumicato, gocce di aceto balsamico tradizionale accompagnato da un bitter studiato con Oscar Qualgliarini e un ombrellino che è una chip di patata, con gocce di yuzu e aperol); l’Ostrica tonica (spuma di tonica, pompelmo, ginepro, gin nebulizzato creato con botaniche pesaresi); le deliziose Pappardelle ripiene di cacio e pepe guarnite con calamaretti, vongole e broccoletti (è una portata memorabile. E ancora il Ramen freddo di canocchie, con i crostacei serviti in un doppio brodo freddo di maiale e cappone, accompagnati da spaghetti di daikon e un gel di yuzu). Altri evolvono e cambiano con l’alternarsi delle stagioni, senza mai stravolgere la coerenza della sequenza, che è sempre armoniosa nel suo dialogare tra pesci, crostacei e molluschi adriatici, le carni e i vegetali dei colli marchigiani e romagnoli. Il Monte San Bartolo è un raro e appagante esercizio di stile, nel suo mettere insieme una misticanza sempre diversa di erbe e fiori, finocchietto, hummus di fave, primo sale di pecorino Cau&Spada, asparagi, piselli, influenze marine come paccasassi e alghe.
È un menu che non sai da dove inizia a stupirti e fai fatica a scegliere cos’è che ti è piaciuto di più. La tecnica è tanta, ma utilizzata con pertinenza e tocchi soffusi, quasi invisibili, perché alcune pietanze – per quanto complesse – sono immediate e al servizio dei cinque sensi. I commensali questo lo apprezzano, lo capisci senza farti sfiorare da alcun dubbio: è evidente la loro predisposizione alla fiducia, li vedi sorridere, lasciarsi andare e godersi il tempo e gli spazi. La sala gremita vibra che è un piacere e questo è sempre il migliore dei feedback possibili.
Tutto, dunque, ha maledettamente senso: lo stabilire velocità e lentezze, l’incedere delle consistenze, degli accostamenti che non ti aspetti, l’abilità di calibrare le temperature di servizio, gli abbinamenti con i migliori vini del territorio e d’Europa, i juice pairing su cui si sbizzarrisce l’estro di Stefany Piga (sono davvero ber congeniati: provateli!). Al Nostrano ti subentra uno stato d’animo di pura delizia, di leggerezza incondizionata e di libertà. Ti entra dentro, come un mantra e continua a danzare per un bel po’, anche a cose finite. Una cucina che è un modo di godersi la vita, prima che da dover raccontare, spiegare, o capire. È questo il tratto che la fa grande. Suona affascinante, finisce che ci credi. E se ha un’anima…gliel’avrai letta.
Nostrano
Piazzale della Libertà, 7
61100 Pesaro (PU)
Tel: +39 0721 639813
www.nostranoristorante.it