Testo di Tania Mauri
Foto cortesia
Al Cala Luna – il ristorante fine dining de Le Calette a Cefalù – biodiversità e ingredienti del territorio sono i protagonisti dei piatti dello chef Dario Pandolfo.
Cefalù è uno dei borghi più belli d’Italia grazie al vasto patrimonio artistico e culturale che la contraddistingue. A pochi minuti dal centro storico, affacciato sul mare tra macchia mediterranea e scogliere, c’è il boutique resort Le Calette, il cui nome racchiude tutta la magia del luogo. Nascosto tra mare e terra, con vista sulla baia e i faraglioni, è un posto dove regna la pace e il silenzio interrotto solo dal rumore delle onde o dai richiami de gabbiani.
La proprietà è della famiglia Miccichè da tre generazioni (e da più di 50 anni); sono veri cultori della bellezza naturale e del rispetto delle persone che, da moltissimi anni, fanno parte del loro staff. La struttura, che segue le pieghe della baia della Caldura, si insinua nelle calette da cui prende il nome e vanta una cinquantina di camere dal design ricercato e garbato, una piscina con idromassaggio, una palestra con centro benessere e una spiaggia privata con ristorante, il Reef. La famiglia dal fascino innato e un’eleganza discreta, custode della memoria, dell’arte, dei sapori e dell’ospitalità della Sicilia più autentica, ha scelto, non a caso, lo chef Dario Pandolfi alla guida del ristorante fine dining, interno all’hotel, Cala Luna.
Pandolfo, 32 anni originario di Milazzo, ha sempre voluto fare il cuoco: suo zio aveva, e ha tutt’oggi, una trattoria che frequentava sin da bambino ed è lì che ha scoperto la passione per la cucina. Dopo gli studi alberghieri in Calabria, si è formato nelle aule dell’Alma a cui è seguito un anno in cucina all’Erba del Re a Modena con Luca Marchini. Sin da subito esprime quelli che sono oggi i tratti fondanti della sua cucina: curiosità, ricerca, passione e tecnica. Per coltivarli inizia la sua formazione al Terra** di Sarentino (BZ) a cui segue il St. Hubertus*** con Norbert Niederkofler dove rimane per cinque stagioni intercalate da due brevi parentesi al Vila Joya**in Portogallo e al Geranium** di Copenaghen. Dario deve molto allo chef Norbert Niederkofler, a cui si ispira sia dal punto umano che lavorativo. “È ambizioso e determinato, un lavoratore instancabile, severo con sé stesso e con gli altri, un vero visionario, da cui ho imparato sia tecnicamente che nel relazionarmi con il team”.
Nel 2020, con lo scoppio della pandemia, torna in Sicilia e va al Ngonia Bay di Milazzo dove “cercavano qualcuno che facesse panini e insalate. Mi sono candidato sperando, visti gli orari ridotti, di godermi la casa, la famiglia, l’estate ma, dopo aver visto il mio curriculum, mi hanno chiesto di fare lo chef e sono rimasto con loro due anni” racconta con la spontaneità e la genuinità che lo contraddistingue.
Dario è oggi un apprezzato volto della cucina siciliana, talentuoso chef sui generis con la sua “faccia pulita da bravo ragazzo”, lo sguardo diretto ma dolce, i modi gentili quasi d’antan. Ma dietro a questa calma apparente si cela un giovane con le idee molto chiare, tanta determinazione e voglia di fare bene, molto bene. La sua cucina, moderna e generosa, è il frutto del suo legame con la Sicilia e i tanti produttori individuati in questi anni. “Tornare a lavorare sulla mia isola è stata un’opportunità per riscoprire e valorizzare l’abbondanza e la varietà dei prodotti che posso mettere sui miei piatti. Sin dall’inizio avevo ben chiaro quello che volevo fare in cucina: raccontare la Sicilia attraverso i suoi ingredienti. Durante il Covid l’ho esplorata per cercare le migliori eccellenze. Penso che questa terra abbia una biodiversità unica e, unita a tecnica ed estro creativo, può dare grandi soddisfazioni”.
Lo chef infatti si avvale di tantissimi piccoli produttori con cui ha stretto un rapporto di confronto e stima: dai pescatori dei pescherecci del porto di Cefalù per il pesce al pane di grano tenero Maiorca del Panificio Maidda di Trapani, dai formaggi della Tenuta Anasita in provincia di Messina allo spaghetto Donna Itrya, dalle carote di Ispica al pomodoro pizzutello delle Valli Ericine, dai frutti tropicali di Capo Milazzo da cui si rifornisce per i frutti esotici (zenzero, lemon gras, lime, avocado) alle sue scorribande nel Parco delle Madonie dove trova erbe e fiori selvatici, manna, arance e miele delle api nere. “Mi piace molto il rapporto umano che si instaura con queste persone, diventano tutti amici e ti aiutano a crescere, a conoscere la materia prima, a renderla al meglio” ci tiene a sottolineare il giovane cuoco.
Molti degli ingredienti raccontano la cultura siciliana declinata, nei suoi piatti, in un’armonia di sapori inaspettati come per i ricci di mare nello Spaghetto al pomodoro bianco con gamberi di nassa e ricci di mare, intensi e avvolgenti, o la cipolla di Giarratana protagonista del piatto con l’Agnello dalla crosticina croccante che sorprende per eleganza e complessità o la Tarte Tatin con mela Cola dell’Etna accompagnata da un delicato gelato allo zafferano ennese, un inno alla gioia tra dolcezza e acidità. I suoi due menu (presto saranno tre di cui vegetariano, ndr) raccontano la Sicilia “figlia di 13 dominazioni: ognuna ha lasciato un segno nella cucina e quindi, a seconda della zona in cui vai, trovi cose diverse. Nel trapanese, per esempio, c’è un buon brodo di pesce e il cous cous, mentre nella parte orientale, barocca, ci sono più influenze del mondo arabo. In ogni posto dove ho lavorato ho appreso preparazioni che ho portato con me, il ceviche, per esempio, ho imparato a farlo in Portogallo e al Cala Luna ho personalizzato aggiungendo la ricotta di pecora” spiega.
Culture di mare e di terra, autoctone ed esotiche si fondono in proposte originali come nelle Cozze, patate e alghe la cui alga rossa Mauru – che cresce solo nel catanese perché ha bisogno di rocce vulcaniche e acque cristalline e per tradizione è mangiata nell’insalata con limone e arancia – viene cotta per smorzarne il sapore ferroso, dona sapidità alla salsa beurre blanc ma anche rotondità e vivacità al palato. Emblema del suo saper osare è il pre-dessert, una Tartellette di formaggio, di cui la Sicilia ha una grande tradizione, con marmellata di cipolla, un boccone saporito e sfizioso che fa volare il gusto con semplicità e intelligenza. La sua cucina è il frutto di un personale estro progettuale forte della esperienza acquisita capace di esaltare la peculiarità degli ingredienti.
Uno chef coraggioso che parla di Sicilia senza dimenticare tecnica ed estetica, piacere e creatività in una struttura che lo stimola e lo supporta. “Sono soddisfatto delle tre stagioni fatte qui, la famiglia Miccichè ascolta, investe tanto e mi ha permesso di esprimermi in un contesto unico come Le Calette in cui la gestione famigliare si riflette, positivamente, su tutti noi… c’è gente che qui lavora da 20/30 anni, è una cosa incredibile” conclude lo chef.
Cala Luna
Via Vincenzo Cavallaro, 12
90015 Cefalù (PA)
Tel: +39 0921 424144
www.lecalette.it/it/ristoranti/cala-luna