Testo di Letizia Gobio Casali
Foto cortesia di Aman
Può un brand di vermouth dalla lunga storia mancare nei bar degli hotel più prestigiosi nel mondo? Non può. E infatti Carlo Alberto, la cui ricetta risale al 1837, non solo compare negli alberghi migliori del globo: addirittura li promuove, come sponsor tecnico del premio per il Best Boutique Hotel dell’anno, la cui prima edizione (all’interno della competizione per The World’s 50 Best Hotel) è stata vinta dal Newt di Bruton,nella campagna del Somerset inglese. Un legame logico, d’altra parte, c’è: il bar di un hotel è per eccellenza un luogo di aggregazione e convivialità e il liquore made in Torino, il cui brand è di proprietà della famiglia Baracco, da oltre un secolo favorisce entrambi.
“Il rituale del vermuttino, cioè un bicchiere di vermouth schizzato di soda, nel secolo XIX faceva parte delle abitudini della buona società torinese in cui uomini e donne si ritrovavano alla sera, dopo una giornata di attività separate, bevendo quello che era l’antenato dell’odierno aperitivo” spiega Francesco Pirineo, advocacy manager di Compagnia dei Caraibi, azienda che produce il brand Carlo Alberto. In realtà le radici del consumo di vermouth nel momento che precede la cena, in modo da aprire lo stomaco e prepararlo al successivo pasto, hanno ascendenze che risalgono fino ai cosiddetti vini ippocratici, cioè decotti in alcool con aggiunta di erbe che erano usati come rimedi medicamentosi. Se pensiamo che per legge si definisce come vermouth un prodotto composto almeno al 75% da vino fortificato e aromatizzato con un’infusione alcolica composta da erbe e spezie – tra le quali deve obbligatoriamente essere presente l’artemisia (chiamata wermut in tedesco) – l’affinità tra le due bevande è evidente. Meno chiaro al contrario è il momento in cui nel corso dei secoli è avvenuto il passaggio dallo scopo terapeutico a quello ludico, destinando questo vino fortificato a finalità meramente edonistiche”.
Carlo Alberto non è un semplice vermouth, però. È un prodotto che include tra i suoi ingredienti Erbaluce di Caluso DOCG e mosto parzialmente fermentato da uve Moscato piemontesi, nel rispetto del disciplinare costituito nel 2017 a tutela del Vermouth di Torino IGT, il quale prevede vino 100% italiano, soglie di gradazione alcolica differenti, l’uso di artemisie esclusivamente piemontesi e altri fattori restrittivi. Come anticipato più sopra l’Indicazione Geografica Tipica non impedisce a un “vino corretto” made in Piemonte di conquistare i salotti buoni del resto del mondo, tra cui si pone, dall’altro capo dell’Italia, ovvero a Venezia, la patria dei cicheti e delle ombre de vin, il bar dell’Aman Venice, hotel a 5 stelle che, come il vermouth, vanta radici lontane nel passato.
Nel 1557 la famiglia Coccina di Bergamo, specializzata in tessuti, erige un lussuoso palazzo di rappresentanza con un giardino sul Canal Grande, come segno di enorme ricchezza, data la scarsità di terreni non edificati a Venezia e il relativo impiego di acqua dolce per irrigare. Sul finire del XVIII secolo la residenza viene acquistata dai Papadopoli, armatori e banchieri di Corfù, cui, per mancanza di eredi diretti, al principio del Novecento come proprietari subentrano i Conti Arrivabene Valenti-Gonzaga, che ne sono ancora proprietari, ma “ospitano” l’esclusivo hotel, dove gli ospiti si sentono a casa nonostante lo sfarzo innegabile di stucchi, dorature e perfino di affreschi del Tiepolo.
Ed è proprio pensando a come tradurre in un bicchiere le opere d’arte contenute nel palazzo che il bar Manager dell’hotel Antonio Ferrara ha concepito un signature cocktail arricchito dal vermouth Carlo Alberto, all’interno di una carta dei cocktail intitolata Riflessioni che ha richiesto dopo un anno di gestazione e studio sia delle ricette che della presentazione. Un titolo che può avere due accezioni: pensieri e specchi accennando discretamente tanto all’elaborazione mentale della esperienza privilegiata di degustare un drink in un contesto di rara bellezza quanto a un gioco di rispecchiamento degli affreschi, delle tappezzerie e delle tele distribuite nel Palazzo. Ispirato a un ritratto ospitato nella sala gialla, quello di Maria Maddalena Aldobrandini Papadopoli – patriota avversa agli austriaci la cui audacia è attestata dall’abito di velluto blu con cui si fece immortalare, un simbolo della ribellione agli “invasori” – Ferrara ha creato l’Indomabile: una miscela di vodka, Riserva Carlo Alberto Extra Dry Vermouth; infusione di finocchio e menta, servito al tavolo in calici realizzati ad hoc a Murano (con uno stelo rifulgente di pagliuzze dorate) e deposto su un sottobicchiere che riflette il soffitto e con una guarnizione in foglia d’oro edibile, realizzata da un artigiano locale.
Il connubio tra Aman e Carlo Alberto nasce anche da ragioni estetiche, perché tanto il lussuoso albergo quanto la bottiglia di Carlo Alberto richiamano la storia dei luoghi in cui sono nati. Della storia di Aman si è già detto: non lo si è fatto invece per la storia della elegante bottiglia in vetro blu (per proteggerne il contenuto da un’eventuale ossidazione) di Carlo Alberto, ispirata a Palazzo Madama nella parte centrale nella bottiglia, passando al collegamento con evoluzioni Art Nouveau nel collo e nella parte alta a cupola della bottiglia, fino ad arrivare al colonnato della chiesa della Gran Madre di Torino nella parte inferiore. Si farebbe torto alla squisita ospitalità fornita a chi scrive da Carlo Alberto e Aman Venice se, oltre ai cocktail, non si menzionasse l’impeccabile cucina dello chef Matteo Panfilio che, in modo fedele alla vocazione della catena Aman, valorizza la materia prima e la cucina locale con grande eleganza. In occasione di un pranzo organizzato in quella che è definita The palazzo Kitchen Table, ovvero una cucina teppanyaki“casalinga” ma con attrezzatura professionale, per la passione di uno dei proprietari di Aman per la cucina giapponese. In attesa dell’arrivo di uno chef nipponico, che sarà deputato a questa cucina, Panfilio ha preparato una serie di pietanze semplici ma di perfetto equilibrio. Dai cichetti Venice style – Pacchero soffiato con pappa al pomodoro su terra di olive e Gazpacho di anguria, pesca, basilico e menta – ai primi con le favolose Tagliatelle di seppia con lime e caviale e spaghetto freddo ai frutti di mare e pil pil ai secondi con uno Sgombro marinato e scottato con dressing al sedano, mela verde e tatsoi e una freschissima Tartare di ricciola su coulis di pomodoro agli agrumi, l’intera successione dei piatti è impeccabile, benché eseguita davanti agli occhi dei commensali e quindi con preparazioni rapide e semplici. Non fosse così alto il livello non ricosceremmo in questo luogo privilegiato l’imprinting di un grande nome dell’hotellerie e di un nome di rango del settore beverage. Parafrasando Oscar Wilde, chi ha gusti semplicissimi si accontenta sempre del meglio.
Aman Venice
Palazzo Papadopoli
Calle Tiepolo 1364
Sestiere San Polo
30125 Venezia (VE)
www.aman.com/it