La Cucina Libera di Nadia Sammut a La Fenière
Testo di Raffaella Prandi
Foto cortesia di San Sebastian Gastronomika
Nadia è figlia d’arte, alla terza generazione del ristorante la Fenière (a Cadenet). La nonna e soprattutto la mamma Reine hanno reso famoso questo luogo incantevole del Luberon. L’idea di “Cucina Libera” di Nadia si fonda su principi molto saldi: il ristorante come luogo di vita, la convivialità, il connettersi alla terra e lavorare insieme ai produttori, il macinarsi le proprie farine: di ceci, di riso, di castagna e di grano saraceno. Questa sua filosofia nasce dalla condizione di celiaca che per anni l’ha costretta a lunghe cure. Ma la sua cucina non è una cucina del “senza” o della privazione. Tutt’altro. Proprio a partire da uno svantaggio, Nadia ha creato un mondo di rispetto, tolleranza, piacere, precisione dove tutto è armonia ed equilibrio per dare esperienze molti forti alla gente.
Proprio in adesione a questi concetti, Nadia ha dato vita alla Fondazione VIE che ha come obiettivo di riunire persone di diversa attitudine e professionalità – scienziati, medici, cuochi – per ragionare sull’impatto positivo sulle nostre vite in quanto in tutti gli ambiti si parla troppo spesso solo degli aspetti negativi trascurando di riflettere sulla positività e sulle condizioni per ottenerla. La Fondazione ha tre pilastri: alimentazione, agricoltura e salute da combinare insieme in chiave di armonia.
Un esempio del lavoro della Fondazione: la realizzazione di una ricerca con un programma di collegamento sociale (“lien social”). “Gli abitanti di Martigue, cittadina costiera della regione del Lubero – racconta Nadia – non comunicavano più tra di loro, non si incontravano perché non capivano più di avere dei legami. Allora abbiamo lanciato il progetto Il Gusto di Martigue con lo scopo di chiedere a ogni persona o famiglia del paese di raccontare la propria memoria del gusto”.
Per un anno gli abitanti della cittadina hanno preparato ricette che Nadia regolarmente assaggiava. Dopo un anno di questo lavoro di mappatura del gusto, è stata organizzata una cena comune per 800 persone: ogni partecipante ha cucinato nella cucina collettiva del paese insieme ai produttori che hanno contribuito. “Tutto questo – racconta ancora Nadia – ha avuto un risultato fantastico, la gente si è ritrovata e riconosciuta, ha potuto condividere la cultura della propria regione attraverso le ricette e la cucina”. La chef è convinta infatti che attraverso il gusto si possa parlare di equilibrio, di armonia e della vita stessa della gente. Questo progetto è diventato un libro con tutte le ricette che sono venute a galla e che adesso è presente nelle scuole del paese per essere utilizzato nei refettori. Al momento sta per partire un nuovo progetto a Lourmarin, con degli atelier di cucina per bambini e una ricerca sul territorio delle ricette dimenticate.
A San Sebastian Nadia ha presentato tre ricette esemplificative del suo universo culinario, tre ricette di grande nitidezza, pulizia e precisione che, anche visivamente, rimandavano a sapori primari ed evocativi. La prima ricetta accostava la soavità di una rapa rossa, cucinata al vapore e affettata – rinforzata da una riduzione della stessa e dall’acidità di una melassa di melograno e sommaco – a una crema di mandorle creata solo con acqua, olio extravergine e mandorle emulsionati, di una texture incredibilmente ricca grazie a una untuosità gourmande.
La seconda ricetta ha fatto focus sui ceci, il simbolo di un’agricoltura sostenibile in quanto questi legumi non necessitano di molta acqua e neppure di un suolo particolarmente ricco. La loro coltivazione – ricavata da un seme antico del Sud della Francia – coinvolge 60 agricoltori del terroir e le loro famiglie. Nel piatto di Nadia vengono trasformati prima in una farina mescolata con quella di castagne e di grano saraceno, e diventano la base di un tofu e di un gelato, arricchiti poi da riso ed erbe.
La terza ricetta è un’ostrica di Camargue con crema di zabajone, yuzu e pangrattato anche questo ricavato dai ceci.