Testo di Paolo Bosca
Foto di Carlotta Vigo
“La nostra convinzione è che una piccola azienda che coltiva un terreno non lo consuma, ma lo vivifica”. Questa è la frase con la quale Valentina e Alessandro ci accolgono tra file di cavoli, alcuni già raccolti, altri quasi pronti, nell’orto di Casa Colēt, in una mattina piena di sole di gennaio. Sono persone sorridenti che hanno voglia di raccontare, ma quando pronunciano queste parole si fanno quasi seri. “È importante”, sorridono. È una frase inattesa, in un posto inaspettato per più di un motivo.
Casa Colēt è una cascina che si erge come un piccolo miracolo al centro di una radura luminosissima aperta sul versante esposto a sud di una valle profonda e tutta boschi, nel comune di Monastero di Vasco (in provincia di Cuneo) a pochi chilometri da Mondovì. Siamo ai piedi delle Alpi Liguri, a mezz’ora di auto dalle località sciistiche di Prato Nevoso, Frabosa e Artesina, dove mentre parliamo migliaia di persone si allacciano gli scarponi e cominciano a sciare sulle piste spelacchiate di un 2022 poco generoso di neve.
Monastero di Vasco sta tra due zone molto importanti a livello turistico – le Langhe e le località sciistiche del Monregalese – e di conseguenza non sta da nessuna parte per chi semplicemente transita in zona. Il territorio pedemontano fatica a trovare una sua identità – culinaria, turistica, enogastronomica – da quando i flussi turistici hanno conquistato le vette dei monti e le attività commerciali gli spazi ampi della pianura. Fino a pochi chilometri da Monastero di Vasco ci sono cartelli in bella evidenza che indicano la “Porta delle Langhe” e, subito dopo, si moltiplicano i negozi di articoli per la montagna, le insegne a forma di montagna, i ristoranti con cucina tipica di montagna e le pubblicità dei residence per amanti della montagna. Ma questa zona, Alessandro Basso e Valentina Bertola lo sanno bene, è ricca di specificità. Per questo, inaspettatamente, hanno deciso di investirci con coraggio e grandissima attenzione.
Valentina e Alessandro, rispettivamente 35 e 37 anni, sono originari di questa zona: la casa dove è nata lei sta sulla cima di una collina adiacente, mentre lui viene da Frabosa Sottana, pochi chilometri verso le montagne. Nel 2018 hanno aperto un’azienda agricola recuperando i campi di famiglia e alcuni appezzamenti circostanti la casa che oggi, dopo un attento restauro, è diventata Casa Colēt. Si trattava di una cascina diroccata, dimenticata da anni, che si stava rintanando nell’incolto, finché loro due non hanno iniziato a riportare alla luce i frutteti, rivangare il terreno e falciare il superfluo. Abitano qui dal 2020 e l’aspetto ora è così curato che non sembra di trovarsi in una cascina agricola, almeno finché non ci si accorge delle file di ortaggi, cereali, alberi da frutto, poi degli asini e delle capre, “tutti da compagnia”.
Nel 2021 hanno scelto di aprire un ristorante per valorizzare al meglio le materie prime trasformandole a pochi metri dall’origine, proprio a Casa Colēt. L’ospitalità, per ora, è legata ai pasti, ma Alessandro e Valentina sono già al lavoro per rendere abitabili cinque stanze al piano di sopra. Il ristorante, per com’è, non te lo aspetti. In questo locale con appena trenta coperti (trentacinque d’estate) col plateatico che costeggia gli orti, salta agli occhi la minuziosa cura dei dettagli, a partire dall’arredamento restaurato con gusto fino alla cucina e alla carta del vino. Il cibo non te lo aspetti, è tutto inaspettato qui.
In un territorio noto per piatti di carne, in cui governa la cucina tradizionale, sostanziosa e succulenta, ma priva di grosse variazioni sul tema, lo chef Enrico Rusolen propone con l’aiuto di Sylla un menu a base vegetale, specchio delle stagioni e dei loro frutti. Enrico, prima di tornare – perché anche lui è nato qui – si è formato per più di dieci anni presso grandi protagonisti dell’alta ristorazione, dal 108 di Copenaghen fino a diventare sous-chef presso il ristorante dell’Hotel Bulgari di Milano. Enrico ha incrociato Casa Colēt per caso, nel momento giusto, e ha scelto di dare il suo contributo e la sua impronta per dedicarsi alla sua passione, la cucina, senza essere costretto a chiudere le porte a tutto il resto, come succede spesso nel suo mestiere ad alti livelli.
Una cucina delicata, profondamente cosciente delle tradizioni ma anche di dover fare di ogni piatto un’esperienza, con la quale dialogare attraverso il palato. Un alfabeto di elementi ben bilanciati, accostati nello stesso piatto e nell’intero menu per comporre un messaggio chiaro, diretto, che si comprende a pieno a fine pasto, dopo il dolce. Non c’è carta a Casa Colēt. Non c’è menu. Solo una sequenza di piatti che scopri quando Valentina e Alessandro li portano e li raccontano, nessuna aspettativa e nessuna previsione. Il costo dell’intero menu è di trentacinque euro. I piatti cambiano settimanalmente, secondo le disponibilità. A fine gennaio, abbiamo cominciato con un benvenuto di verdure agrodolci, croccanti e appetitose, da sgranocchiare insieme al pane fatto con semi di segale e grano della varietà “autonomia”, tutti autoprodotti. A seguire Carne cruda – antipasto con la “A” maiuscola in Piemonte, a due passi dalle Langhe – con crema di rape e cavolo nero fritto, uno splendido esempio di valorizzazione della carne, in continuità con un menu spiccatamente vegetale. La crema di rape non fa da contorno né da salsa: crea un piatto tutto nuovo. Come si dice: “di necessità virtù”.
Poi un grande classico: Ris e coj, riso e cavoli, il sapore dell’inverno piemontese (anche l’odore, per chi ha provato a entrare in una cucina dove era in corso la preparazione di questo piatto), amaro, pastoso, saziante; che Enrico ha inserito in dei ravioli (tipo i gyoza giapponesi): un piatto delicato, di consistenze perfette ed evidente manualità, che grazie a una salsa leggermente aspra (“brusca”) a base di prezzemolo fa roteare la forchetta. Sparito.
Una menzione speciale per il Minestrone: praticamente un ritratto di famiglia che non si vede ma si mangia. Tutta la varietà, l’identità, di questo luogo in una ciotola, a portata di cucchiaio. Cereali, legumi, verdure, tuberi, erbe – tempo, terra, sole e ombra, freschezza. Fuori è buio, fa freddo, e la luna quasi piena è bene in vista oltre le vetrate della sala. Pensieri inaspettati, per un minestrone.
Infine, Empanadas di pulled pork, con accanto due belle fette di zucca arrostite: un boccone unico, dolce, croccante, che unge le mani e viene pulito alla perfezione da sottili fette di cavolo marinato, bruschettate al punto giusto. Chiudono il pasto i bignè craquelin con crema diplomatica alle nocciole e gianduia e piccola pasticceria con biscottini al grano saraceno tolgono ogni dubbio per una cena inaspettata fin dal principio.
La carta dei vini è curata da Alessandro: piuttosto breve (visto che il cliente non è a conoscenza del menu, si tratta di vini scelti anche nella prospettiva di sposarsi tutti equamente bene con il menu), ospita etichette note del panorama dei vini naturali accanto a nomi meno conosciuti e ugualmente validi. Alessandro e Valentina nei giorni liberi viaggiano volentieri, alla scoperta di nuovi produttori con cui avviare rapporti di fiducia. Non solo: cercano di confrontarsi anche con altri ristoratori e albergatori, per scambiarsi consigli e dare sempre nuova linfa al loro giovane (e promettente) progetto. Già, perché Casa Colēt è un progetto in rapida evoluzione, e lo capisci fin dal primo sguardo. Non solo perché il restauro sta ancora procedendo, ma perché ovunque si guarda sembra di vedere tracce dell’energia delle persone coinvolte. Perfino la sala non è immobile: ogni mattina Alessandro e Valentina ridispongono i tavoli e parte dell’arredamento.
Credo che Casa Colēt farà tanta strada, e non solo nel senso di acquisire maggior prestigio. Oggi il ristorante è aperto per tre servizi la settimana e ciò permette a tutti di lavorare per mantenere la produzione delle materie prime e la lavorazione dei prodotti lasciando spazio alle altre cose che popolano la loro vita. Valentina ha avviato l’azienda quando, dopo la prima gravidanza, ha sentito un’eccessiva pressione a tornare operativa da parte dell’azienda in cui era impiegata; Alessandro, dopo anni di lavoro come ingegnere ambientale, ha seguito Valentina a distanza di pochi anni, chiudendo il cerchio dell’impresa familiare.
Insomma, tutte deviazioni che hanno condotto a un luogo magico, dove viene voglia di trascorrere il tempo e di imparare ad appropriarsene, attraverso il cibo, l’ospitalità, il buon bere, la natura. Un messaggio complesso, intrigante, che qui si esprime attraverso un’infinità di dettagli, ma è riassumibile nel motto che dall’orto si espande spontaneamente verso le persone: coltivare con rispetto – se stessi, la propria famiglia, le proprie passioni, il proprio lavoro – non consuma ma vivifica.
Azienda Agricola Casa Colēt
Frazione Marenchi, 24
12080 Monastero di Vasco
Tel: +39 340 951 5302
www.casacolet.it