Testo di Lorenzo Sandano
Foto cortesia di Juri Chiotti
“Ogni volta mi chiedo se fare la scelta più comoda o quella che mi rispecchia di più e che mi può dar più soddisfazione. Neanche il tempo di pormi il quesito che già so la risposta, perché è sempre la stessa”.
Con questo spirito Juri Chiotti ci risponde al telefono in un tardo pomeriggio di pieno lockdown, quale, dei tanti che stiamo vivendo, non lo so neanche più io. Ho perso il conto. La cosa certa è che il tenore di questo cuoco occitano, protagonista col suo Reis – Cibo Libero di Montagna di una storia su Cook_inc. 27, non è rimasto impietrito dinnanzi al momento di crisi per la ristorazione. Le pietre, piuttosto, le sta scegliendo e posizionando lui, con cura, proprio in questi giorni. Costruendo, passo passo, quel suo nuovo locale che ci aveva spifferato in anteprima durante la nostra visita. Un ristoro atto a materializzare un sogno, oltre a un inedito spazio fisico: rimettere in sesto e adibire a nuovo Reis un’antica struttura in quella frazione di Chiot Martin dove il padre e i nonni hanno visto i natali.
Burocrazia, zone rosse e quarantene non gli stan certo rendendo la vita facile, ma i lavori – grazie alla costanza granitica di Chiotti – vanno avanti. Su queste pagine online cercheremo di documentare con cadenza mensile gli sviluppi strutturali e fotografici di questo rincuorante progetto, già pregno di intenzioni e speranze rivolte al futuro. “I muratori hanno quasi finito lo scheletro principale, devono solo sistemare le pietre del tetto – spiega Juri – Quelle che qui chiamiamo lose: pietre tipiche delle case di montagna che stiamo recuperando una a una. Sono antiche e utilizzate al posto delle canoniche tegole o delle pietre squadrate con metrica seriale che ormai si trovano ovunque, surclassando un tratto identitario delle abitazioni in Val Varaita”.
Chiotti non gira troppo intorno alle parole come me, fila dritto al punto, volendo subito puntare l’attenzione su quel che gli preme maggiormente in questa mastodontica opera di ristrutturazione: la selezione e la cura dei materiali. Quasi ogni dettaglio architettonico, infatti, è stato pensato in ottica di sostenibilità, bassissimo impatto ambientale e salvaguardia di recondite tradizioni locals only. “Quando ho cominciato a vivere il cantiere – racconta Juri – mi sono subito reso conto che se la cucina di Reis possa davvero dimostrare quanto un ristorante può avvicinarsi all’impatto zero sul territorio dove risiede, questo discorso non poteva assolutamente arrestarsi qui. Bisognava potenziarlo e ampliarlo a qualsiasi altra disciplina o attività legate all’atto del ristoro.
Compreso il contenitore stesso. Certo, per noi ha significato subito complicarsi tantissimo la vita. Un ex-fienile di oltre 100 anni, non pensato per accogliere un ristorante necessita lavori molto più fini e dettagliati. Accorciando il tiro giorno per giorno, ma rispetto alle previsioni nefaste di questo periodo, abbiamo già cominciato a installare la parte idraulica e quella elettrica. Augurandoci il prima possibile di avere operativo proprio il nucleo della cucina, che già di suo presenta una grande rivoluzione in tema di sostenibilità. Come missione per il nuovo Reis, infatti, mi sono posto l’obiettivo di risultare indipendente da qualsiasi combustibile fossile. La cucina avrà solo induzione e stufa a legna incassata nel corpo centrale. Il riscaldamento andrà con pompa a calore e caminetto, al resto penserà il fotovoltatico. Banditi gas e petrolio per cominciare a fare le cose sul serio”.
Ma l’assennata ricerca sui materiali, sulle usanze e sull’etica riportata in ogni tassello non finisce qui. Quasi in autonoma manovalanza, supportato fianco a fianco dal padre, Chiotti sta rispolverando tratti culturali indigeni e soluzioni innovative per dar vita alla sua insegna. “Senza il contributo di mio padre penso che non sarei mai riuscito a metter in moto tutto questo. Continua a essere una figura indispensabile sia nella parte teorica che pratica del progetto – approfondisce – Il legno, ad esempio, è un aspetto materico che mi sta molto a cuore. Grazie a lui abbiamo abbattuto una trentina di castagni selvatici dalla nostra proprietà. Esemplari spesso malandati, quindi senza alterare la flora locale. Li abbiamo fatti rifilare in una delle rarissime segherie disposte a certificare e lavorare la legna che noi stessi gli fornivamo. Un aspetto cruciale non solo per valorizzare un legno principe delle nostre valli, ma anche per distaccarci dall’importazione smisurata di legna proveniente da Austria, Slovenia o Russia, ai quali si rivolgono la maggior parte delle segherie per ottenere facilmente il certificato antisismico. Triplice soddisfazione, perché ora il nostro tetto sarà interamente realizzato con castagno autoctono rifilato a mano.
E per non farci mancar nulla, grazie alle dritte del nostro architetto che opera nel campo delle case a impatto zero, stiamo anche definendo il lato dei consumi energetici. A partire dagli isolanti, come la calce naturale che per Reis sarà a base di una miscela al canapulo. Ovvero fibra di canapa. Ho scovato infatti degli artigiani vicino Carmagnola che modellano la calce addizionando la canapa, come d’altronde si è sempre fatto in passato. Un prodotto che può fungere da intonaco e da isolante totalmente naturale”.
Prototipo che proprio in questi giorni Juri e i suoi stanno sperimentando per preservare l’altro materiale cardine del ristorante: la pietra. “Ambizione ultima è di riuscire a tener vivo e a mantenere quanto possibile delle pietre originali, per un risultato finale che le vedrà protagoniste in ampie pareti con pietra a vista – conclude – E dato che ormai passo più tempo qui che in cucina, sto utilizzando il sac à poche per riempire le fughe con mio padre che dosa la malta in una tenera catena di montaggio familiare”.
Cercando di esser positivi – e i presupposti non vogliamo farceli mancare – il locale dovrebbe essere completato a luglio, ma noi vi terremo aggiornati in direttissima sulle vicissitudini di quest’opera portentosa. Terminando la call di Juri con un ricordo ironico degnamente benaugurale. “Lì, dove ero ritto in piedi e Davide Dutto mi gridava di ‘pensare alla figa’ sorgerà la sala principale con una cucina a vista rivolta ai clienti. Sembra tutto così lontano ancora, ma già non vedo l’ora di mettermi all’opera, sorridente come in quei giorni d’estate”.