Testo di Eugenio Signoroni
Foro cortesia di Condividere
Ne avevo discusso poche ore prima con mia moglie. Lei sosteneva che le cene a più mani – che nei giorni scorsi hanno riempito i ristoranti torinesi grazie alla seconda edizione di Buonissima – possano dirsi davvero compiute nel momento in cui le cucine dei cuochi coinvolti si fondono per dare origine a un qualcosa di inedito e unico, in cui a essere importante non è tanto sapere di chi sia il piatto, ma a quale risultato abbia portato il dialogo tra le due diverse visioni gastronomiche.
Io sono d’accordo con lei, ma mi dicevo (e le rispondevo) che, a meno che non si tratti di due cuochi che abbiano già lavorato a lungo insieme, la costruzione di piatti telefonici è spesso traballante; e poi che è naturale che tra gli obiettivi di una manifestazione come Buonissima, che porta moltissimi giornalisti internazionali in città, ci sia anche far conoscere i ristoranti ospiti (oltre che gli ospitati) che quindi ci tengono a “firmare” i propri piatti.
Poi però hanno iniziato ad arrivare i piatti della cena-evento organizzata al ristorante Condividere con Federico Zanasi, Paco Mendez del Come di Barcellona e il pasticciere Fabrizio Fiorani e ho capito che quello che si sbagliava ero io.
Portata dopo portata, infatti, era chiaro che non stavamo mangiando i piatti di Federico Zanasi e di Paco Mendez, ma quelli di uno sconosciuto chef bicefalo e quadrumane che stava cucinando in un locale che è esistito solo per una sera, per un gruppo di fortunatissimi ospiti. Un ristorante che aveva le sembianze di Condividere ma che, nei fatti, era un’altra cosa. Certo, alcuni tratti della cucina dell’uno e dell’altro erano intuibili, ma nei fatti la cena era la riuscitissima fusione di due idee, due approcci, due culture.
Tema del menu era il Messico che con i suoi sapori, i suoi prodotti e le sue tradizioni ha influenzato ogni uscita di una carrellata ritmatissima. Il ritmo incalzante e perfetto è, come ho già avuto modo di scrivere sul numero 28 di Cook_inc. il vero tratto distintivo di questo locale insieme a una cucina fatta di tecnica e di gola.
La cena è iniziata con un Pane di mais, omaggio a Bob Noto, servita con i classici bagnetti piemontesi da bollito (rosso e verde) in chiave messicana con l’aggiunta di pomodori bruciati e peperoncino, il primo, e di avocado, il secondo. Poi è stata la volta di una delicatissima Tostada con guacamole e caviale seguita da un rinfrescante Ceviche di frutta con gelato di achiote tutto giocato su dolcezze, note verdi e acidità.
Il Tamales di ricotta e pomodoro, che nella forma ricordava una piccola pannocchia, aveva sapore delicato e trama sottile ed era il perfetto contrappunto per l’esplosività del pomodoro e della sua salsa. La seconda Tostada, stavolta con ventresca di tonno e anguilla, era una capolavoro di equilibrio con le note leggermente affumicate che alleggerivano un boccone ricco, grasso e lunghissimo.
Il Katsusando piemontese, forse la portata più riconoscibile del percorso (si tratta di un classico di Condividere), era impreziosito da una salsa di spiccata piccantezza che sferzava il palato prima dell’arrivo della Rosa di zucca con curry di huitlacoche (fungo del mais molto utilizzato nella cucina messicana) che, per contrasto, metteva in mostra invece i toni soavi e morbidi della verdura e quelli inediti del fungo che aveva note ora cioccolatose, ora leggermente terrose e astringenti.
Curiosi gli Agnolotti di patata dolce e con salsa pipian ai pinoli rosa e tartufo bianco, un nuovo incrocio Piemonte-Messico nel quale la più canonica delle paste ripiene ospitava una crema allo stesso tempo zuccherosa e acidula.
Golosa l’Animella con castagne che faceva da ripieno a un saporito taco e spiazzante, infine, il Brasato con mole negro, una barbabietola cotta proprio come fosse un pezzo di carne e condita con una salsa mole intensa e piccante, di millimetrico equilibrio.
I dolci, affidati alle mani di Fabrizio Fiorani, si muovevano sullo stesso terreno tra i giochi di temperature del Caldo e freddo di margarita, uno scherzoso ma quasi filologico Tiramisù, una serie di praline trompe-l’oeil a forma di lampone, arachide e mandorla chiamate Falsi d’autore e una Ruota di cioccolato servita con un biscotto che nella forma ricordava un antico calendario maya.