Testo di Eugenio Signoroni
Foto cortesia di Beer & Food Attraction
“Che bello però essere di nuovo tutti qui. Tutti insieme. Senza restrizioni e con belle prospettive davanti”. Se dovessi riassumere la due giorni a Rimini di Beer&Food Attraction in un virgolettato immaginario a un ipotetico birraio queste sarebbero le parole. Partecipo al più importante evento birrario d’Italia da ormai diversi anni e poche volte mi era capitato in passato di percepire così tanto entusiasmo, gioia e – perché no – ottimismo. Ecco forse sull’ottimismo ci sarà da riflettere per capire bene da dove arrivi e per non farsene travolgere perdendo di vista i problemi e i limiti che il mondo della birra, artigianale e non, continua ad avere; però per adesso godiamoci questo spirito.
Quest’anno a Rimini – parlo soprattutto dall’area dedicata alla birra – era una grande festa. I birrifici, dopo la parentesi non fortunatissima di Parma, sono tornati a riempire i padiglioni della fiera in grande numero e, forse per la prima volta, molti degli stand non erano semplicemente un contenitore con spine e frigoriferi, ma uno strumento di comunicazione personalizzato con attenzione e cura al dettaglio. Un aspetto che, sebbene possa apparire marginale, mi sembra il segno di un settore che è pronto a fare il salto di qualità, a conquistare un mercato più ampio e variegato, a consolidare la propria posizione, impiegando metodi e strategie “di quelli grandi” ma con i soliti carattere e originalità. E a consolidare questa idea anche diversi rebranding (presentati qui per la prima volta o per la perlomeno la prima volta in modo ufficiale) che hanno come obiettivo proprio quello di trovare formule anche comunicative per andare oltre la propria rassicurante ma claustrofobica bolla.
E poi tante birre nuove e tantissime molto buone a conferma che la costanza qualitativa sembra essere un fatto piuttosto acquisito e le cadute sembrano essere sempre più occasionali. Per contro, a questa positivissima standardizzazione qualitativa verso l’alto, se ne affianca una meno piacevole che in un’occasione come questa nella quale gli assaggi sono vicini e ripetuti, emerge con tutta la sua forza: siamo in un momento in cui, con poche eccezioni, domina la ricerca della riproduzione stilistica perfetta a discapito di un po’ di fantasia e di rischio. Si bevono quindi molte birre molto buone, ma un po’ tutte uguali, mentre forse si vorrebbe (o almeno io vorrei) qualche graffio in più in cambio di un po’ di rischio e di creatività.
In modo ancora troppo timido si è sentito parlare di filiera e di materie prime italiane, temi che meriterebbero, invece, sempre maggior attenzione e un po’ più di prospettiva e di gioco di squadra e che spero davvero in futuro trovino, soprattutto in un’occasione come questa, più spazio. A confermare il buon momento e a giustificare l’entusiasmo c’era anche l’area dedicata a importatori e distributori: animatissima, apparentemente ancora più grande e con diversi prodotti estremamente interessanti che hanno in questi giorni anche ospitato le pizze della Scuola Italiana Pizzaioli, in momenti dedicati all’incontro tra cibo e birra ancora troppo rari e dei quali ci sarebbe più bisogno vista anche la vicinanza e la concomitanza con eventi come la selezione del Bocuse d’Or e la massiccia presenza della Federazione italiana cuochi.