Testo di Barbara Marzano
Foto di Chiara Schiaratura
Perù giapponese o Giappone peruviano? Nikkei. A chi dice che non si può visitare, perché di fatto è un luogo semantico in cui si incrociano le due culture, Azotea risponde con il suo Cocktail Bar e Cucina Nikkei, un angolo dai toni amazzonici e dal carattere vintage che rigenera il pubblico torinese. Il progetto di Noemi Dell’Agnello e del compagno Matteo Fornaro, avviato sulle rive di Laigueglia qualche anno fa, cresce e cambia residenza, ma non identità. Azotea, se prima si affacciava sulle rive liguri, dal 2021 si scosta di poco da quelle del Po. La vista però è sempre la stessa: gusto peruviano circondato da rigore nipponico.
M: “Siamo partiti dal cocktail bar, ma siamo arrivati a un punto in cui ci sembrava che mancasse un pezzo. Era la cucina. E la Nikkei ci sembrava quella più adatta per integrare la proposta cocktail. Così ci abbiamo provato, prima affiancati da Andrea Ghiori, il nostro bartender, poi riempendo pian piano la cucina di culture diverse, con David da Lima, Vera dal Brasile e poi Alexander, che più di tutti incarna questa cultura, dato che è originario di Cuzco (Perù) ma ha una bisnonna giapponese”.
Matteo, bar manager e socio della compagna Noemi, racconta piatti e drink senza schierarsi con nessuna fazione, dimostrando di saperne di uno e dell’altro allo stesso modo, non come se avesse solo imparato o studiato i fondamentali della cucina Nikkei, ma come se l’avesse vissuta con le sue mani. Il binomio food & cocktail mappa l’intero percorso degustazione, dove ogni assaggio corrisponde a un sorso, un sip, concentrato di gusto in porzione ridotta – alcolico, a bassa gradazione alcolica o analcolico – che esalta il piatto per contrasto o accordo.
M: “Ci piace non sbilanciare la proposta sul cocktail o sulla cucina, ma farla viaggiare su due binari paralleli. Corrono insieme, uno non sorpassa mai l’altra, anche se la regola è lasciarsi trasportare. Le persone oggi, anche in Italia, riescono più facilmente ad associare i nostri cocktail al piatto. È perché non parliamo del calice biodinamico o della birra artigianale, ma di cucina liquida, “cucinata” con ingredienti che si associano perfettamente a uno e un solo piatto”.
Tiradito di ombrina: avocado, lime, yuzu, achote, canchita, platano.
Con il suo sip: cachaça lavata con olio di cocco, acqua di banana, lime, assenzio
Tutto chiaro. Quindi cos’è la miscelazione secondo Azotea?
M: “Ci divertiamo per divertire. Cerchiamo di mettere da parte ingredienti scontati e passare ai prossimi. Sapido, dolce, amaro, piccante sono punti di partenza (e a volte di arrivo) per esperimenti continui. Ora stiamo lavorando sulle alghe per aggiungere una sapidità diversa ai cocktail. Abbiamo iniziato a lavorare sul katsuobushi, scaglie di tonno essiccate, proprio per poterle inserire in un drink e bilanciare il suo gusto. Molte ricette sono di casa, nascono dal lavoro di 10 anni fa quando Noemi e io abbiamo iniziato a lavorare insieme. Era la Golden Age della miscelazione e per la prima volta potevamo mettere le mani su ingredienti che non ci sognavamo nemmeno. Quindi ora che potenzialmente abbiamo tutto a disposizione, non ci resta che divertirci”.
Escabeche di sgombro: mela, camote, crescione, zenzero, miso, tapioca.
Con il suo sip: gin alla prugna e fungo della neve, mela verde, limone, zenzero, umeboshi, tonica pomelo e pepe rosa.
Non c’è dubbio che la miscelazione venga costruita attorno all’ingrediente. Se si pensa ancora che la cottura in forno, o ancor di più le affumicature, appartengano solamente alla cucina classica, Azotea spalanca le menti, entra in cucina e scommette su qualsiasi ingrediente. Fisso al pass c’è Alexander Robles, che la cucina ce l’ha nel DNA. Inizia a casa, in Perù, dove ci dà dentro con la gavetta nei due ristoranti di famiglia. Poi, un’escalation internazionale articolata tra Ristorante Del Cambio (To), Gastón Acurio in Perù, L’Escale in Francia, Arabia Saudita e di nuovo Torino, dove oggi è ambasciatore della cucina Nikkei.
A: “Voglio trasmettere i miei ricordi del Perù, preparare i piatti di mia nonna e della sua trattoria. Ma vorrei raccontare anche Cuzco, i suoi colori quando è in festa, le passeggiate in montagna insieme a mio nonno, la natura e la varietà di materia prima che c’è solo lì. E poi, l’influenza giapponese che c’è dietro. Perché la cucina Nikkei ora “viaggia”, ma in realtà è iniziata con i primi migranti che dal Giappone arrivavano in Peru già dagli inizi del 900”.
Qual è la sensazione di sentirsi parte della cultura Nikkei?
A: “Nikkei significa migrante, ovvero colui che si sposta verso nuove sedi. Io lo sono a tutti gli effetti, vado fiero di questo nome perché mi ci riconosco in pieno, perché di fatto vuol dire senza patria. Nikkei nasce per definizione dal viaggio, dalla commistione fra la cultura giapponese e peruviana. E pur essendomi spostato parecchio, non credo possa esserci occasione migliore di Azotea per raccontare gli appunti del mio viaggio, della mia vita e delle mie impressioni”.
Ramen come un caldo de gallina: faraona, katsuobushi, nitamago, moraya, bok choi.
Con il suo sip: pisco, leche de tigre, peperone, cointreau, aji amarillo, miele, arancia
Il confine tra cucina e miscelazione evapora. Ma perché proprio la cucina Nikkei? Quando Azotea mette radici a Laigueglia, il fermento della cucina peruviana occupava le prime posizioni dei 50 Best. Era la cucina che cercava Azotea, il pairing perfetto per la sua miscelazione variopinta, mai monotona e che volutamente non si sarebbe specializzata su un unico distillato. La cucina Nikkei, figlia del tempo quanto del viaggio, era pronta a diventare la liaison tra miscelazione e cucina, e Matteo e Noemi – deus ex machina di Azotea, problem solver e mente creativa dei cocktail insieme al compagno – l’avevano intuito.
Azotea rappresenta la parentesi più completa che abbiate avuto finora. Cosa c’è scritto dentro?
N: “Dentro ci siamo noi. La nostra storia, i nostri caratteri. Matteo e io siamo molto diversi. Lui è empatico, socievole, gli piace parlare con il cliente, costruire insieme a lui una proposta sartoriale. Ascolta, interpreta e propone. È la faccia che tutti ricordano di più quando sentono Azotea. Io invece preferisco orchestrare il dietro le quinte e vedere cosa accade. Tanto so che dall’altro lato c’è Teo”.
Una cena da Azotea significa?
N: “Un bel ricordo. Come quando si torna da un viaggio. Perché cerchiamo a tutti i costi di creare un’atmosfera intorno al gusto, indagando sulla familiarità della persona con l’ingrediente. Attraverso i sensi, provocando occhi, naso e bocca con l’assaggio, sia del piatto che del cocktail che lo accompagna per fare cogliere le due anime Nikkei. Di questo ricordo non deve far parte solo l’esperienza qui, ma anche la percezione della ricerca che c’è dietro”.
Unagi: anguilla, polline, alloro, olluco, BBQ, shiso.
Con il suo sip: acqua di melanzana bruciata, mezcal, soluzione salina, limone, tabasco.
Il dizionario degli ingredienti di Azotea è infatti il risultato di una raccolta di materie prime pressoché a Km 0, coltivate da persone vietnamite, giapponesi, cinesi, proprio a Torino e dintorni. Platano, funghi enoki, canchita, manioca, leche de tigre, camote, achiote, rocoto, aji amarillo, bok choy… Infiniti. Il resto, quando non può essere reperito con troppa facilità, viene importato.
Raramente c’è grande emozione davanti a un piatto. Ma di fronte a un cocktail, che capiti è forse più unico che raro?
N: “Raro non significa impossibile, no? Se riesci a richiamare una sensazione con un piatto, puoi farlo anche con un cocktail. Alexander, il nostro chef, si è commosso quando ha assaggiato il suo primo cocktail di Azotea. Conteneva un mix di spezie e funghi secchi, il binomio che ha fatto schizzare la sua mente ai pranzi della nonna, al ragù di casa. Quindi, sì, se può succedere, succede. Tutto quello che è sapore che si lega ai nostri ricordi è difficile da mandare via. È una fotografia mentale dell’infanzia, e ha l’incredibile potere di rimanerci per sempre dentro”.
Oggi usate la cucina per raccontare la mixology. Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
N: “Sicuramente la miscelazione, come la cucina, la moda, l’arte, ruota attorno alla creatività. Ma racconta anche il momento che stiamo vivendo. La storia della miscelazione parla proprio di questo, basti guardare il proibizionismo e l’enorme difficoltà nel reperire alcol. Ora c’è una facilità estrema nel rintracciare gli ingredienti che ci servono. Ovvio, serve ricerca, impegno e parecchia curiosità, ma abbiamo via libera sul mondo intero. Quindi il futuro in realtà dipende da noi esseri umani, e spero possa essere divertente, che ci sia la possibilità di dedicare del tempo alla creatività. Perché significa che staremo vivendo un momento sereno”.
Azotea
Via Maria Vittoria, 49/B
10123 Torino (TO)
Tel. +39 328 801 52 31
www.azoteatorino.com