Testo di Paolo Bosca
Foto cortesia di Augusta
Agli habitué della notte torinese il nome Bunker non può che suonare familiare. Si tratta di uno tra i locali più attivi dell’underground notturno della città, ma in realtà contiene al suo interno vari spazi che, all’occorrenza, vengono aperti e usati per le attività più diverse. Per raggiungerlo bisogna percorrere una lunga via nella periferia nord di Torino, alle porte del quartiere di Barriera di Milano, e poi oltrepassare una piccola misteriosa porta. Domenica 12 e lunedì 13 dicembre dietro alla porta del civico 0/200 di via Paganini, c’era una bella sorpresa: Augusta, una fiera di vino alla sua prima felice edizione. La sensazione, fin dall’ingresso, era quella di una grande piazza in festa, in cui fiumi di persone si muovevano tra i due edifici che ospitavano gran parte delle degustazioni. In mano ognuno teneva un calice e sui volti di molti c’era il sorriso che il vino buono ha il raro dono di regalare. I due giorni di Augusta hanno messo sotto una luce completamente diversa questo angolo di città; il vino, infatti, è stato capace di cambiare faccia alle cose.
Augusta è nata da un’idea di Pietro Crocenzi, appassionato di vino e organizzatore di eventi. Eppure, era come se tutto il piccolo grande mondo degli appassionati di vini sparsi in città avesse lentamente visto nascere questa fiera: prima i bisbigli, poi le locandine e finalmente i due giorni di festa. Da tempo, infatti, Torino ha iniziato, a popolarsi di locali che lavorano sulla scelta, la promozione e la valorizzazione del vino “naturale”. In tutti questi luoghi – e in molti altri, accomunati dall’interesse per la terra e suoi frutti – la figura affascinante di Augusta (il logo della manifestazione, disegnato da Gianluca Cannizzo) circolava da mesi.
A testimoniare l’aspetto “diffuso” della fiera c’è stato anche il vasto programma di eventi collaterali: degustazioni, dj set, talks, incontri e occasioni di scambio che si sono svolte un po’ dappertutto in città, dalle vinerie del centro agli orti collettivi delle periferie. Una rete che si è espansa ben oltre i confini della fiera ed è stata l’occasione per rendere concreto un principio che risulta piuttosto difficile da praticare. La fiera non deve essere un luogo di chiusura per i soli appassionati, ma un luogo di apertura in cui con pochi passi si possono percorrere grandi distanze e incontrare realtà tanto lontane geograficamente quanto comuni negli intenti e nelle sensibilità; nei confronti del vino, nel caso di Augusta.
Entrati in fiera si percepiva una grande voglia di incontro, di condivisione e di divertimento, al di là di ogni expertise sul vino. Per quanto riguarda gli espositori si trattava di un gruppo ben variegato di cinquanta produttori circa. Era una selezione rappresentativa di come il risultato di una produzione viticola attenta ai suoli, alla vigna e al processo possa produrre una gran varietà di risultati. Si andava da produttori nazionali come: Le Coste, Lammidia, Podere Magia, ad attori (e autori) storici del territorio piemontese come Cascina degli Ulivi, Elio Sandri, Ferdinando Principiano, Cascina Tavjin, Tenuta Migliavacca; per arrivare in Francia, con una ventina di rappresentanti della Loira, del Beaujolais, della Borgogna, fino alla Slovenia di Stekar, alla Germania di GlowGlow e Brand Bros e la Spagna di Forastera. I banchi di assaggio erano posizionati in due sale, una piccola e una più ampia, posizionate ai due estremi della piazza centrale. Nella piazza poi trovavano spazio i prodotti di quell’attività agricola di cui il vino è solo la punta dell’iceberg: conserve di frutta e verdura, pane, formaggio, miele, specialty coffee. Ma anche il padrone di casa (dal punto di vista grafico) Gianluca Cannizzo, e alcuni progetti innovativi di importazione e distribuzione come Amore Liquido o un banco dedicato unicamente ai libri e alle pubblicazioni intorno al vino, curato dalla storica Libreria Internazionale Luxemburg di via Cesare Battisti, dove tra l’altro Cook_inc. era presente con l’ultimo numero.
È stato bello avere così vicini nello spazio (e nel bicchiere) territori diversi, senza però essere di fronte a una selezione sterminata e poco maneggevole. Augusta è stata davvero un momento in cui anche chi si sta avvicinando al mondo del vino per le prime volte ha potuto trovare una realtà accogliente e attenta a ogni dettaglio, come testimonia la bellissima lista di principi e valori inclusa nel manifesto disponibile sul sito della fiera. Ecco, in questa lista si può trovare una elegante (e personale) risposta alla domanda su cosa qualifica il vino naturale, una domanda che genera oggi più che mai imbarazzo e diffidenza. Un piccolo riassunto: rispetto per sé e per l’ecosistema di cui si è parte, vitalità e libertà nell’opera e nei risultati, onestà nelle relazioni che si creano dentro e fuori il bicchiere.
L’ultimo giorno, tra i banchi si iniziavano a sentire i saluti. Le voci si erano calmate e in molti si erano seduti fuori, per godersi il sole calante bevendo l’ultimo calice della giornata. Nella sala più grande c’era una grossa immagine di Augusta, alta quasi fino al soffitto. Al termine dei due giorni, poteva essere molto soddisfatta di ciò che aveva combinato.