Testo di Luca Sessa
Foto di Luca Sessa e Andrea Di Lorenzo
Guanciale, carciofi, pecorino, uova, trippa, abbacchio, coda, puntarelle: elencare gli ingredienti iconici della tradizione culinaria romana fa immediatamente sorgere un dubbio, “ma è possibile provare la cucina di mare nella capitale?”. Una domanda a cui da anni si risponde con i soliti 3-4 (facciamo anche qualcuno in più) nomi di ristoranti storici che danno vita a una proposta gastronomica che parte dal classico rombo con patate per giungere a carpacci e crudi. Se però si è in cerca di sperimentazione si deve necessariamente volgere lo sguardo verso il mare, a Fiumicino in particolare, dove Gianfranco Pascucci, Lele Usai e Marco Claroni da tempo sono divenuti il riferimento per il fine dining.
Qualcosa però inizia a muoversi anche in centro, nello specifico a Testaccio, storico quartiere che ospita alcune tra le più rinomate trattorie di Roma. Qui da poco più di un anno Paolo Fiorenza e Alessandro Bernabei hanno trovato una casa per il loro progetto Acquasanta, che sin dal sotto testo -“il mare nella sua essenza”- esplica la volontà di proporre una cucina di mare che prende spunto dai sapori classici per divenire moderna nelle consistenze e negli abbinamenti.
Così a pochi passi da luoghi caratteristici come Felice a Testaccio o Da Bucatino c’è un ambiente industriale con grandi vetrate, cucina a vista, luci soffuse e l’artigianalità in ogni singolo elemento, che contrappone alla forte romanità del quartiere un luogo che richiama atmosfere da ristorazione nord europea. Il pesce, protagonista assoluto del menu, proviene dal mare del litorale laziale direttamente dall’azienda ittica di Giuseppe De Angelis, uno dei soci, che acquista giornalmente all’asta di Anzio. Freschezza, qualità, stagionalità e versatilità diventano quindi le caratteristiche di un menu agile, basato su poche proposte per ogni tipologia di portata, cambiato con buona frequenza dallo chef Enrico Camponeschi.
Risotto alla crema di scampi, polvere di pomodoro e crema di mascarpone
Foto di Andrea Di Lorenzo
Una delle regole non scritte, ma fondamentali, del giornalismo gastronomico dice che un locale può essere valutato solo dopo esserci stati 2-3 volte, a distanza di tempo, per poterne cogliere i progressi. Ero stato a pranzo qui poco meno di un anno fa e avere un termine di paragone è risultato decisivo. Perché della mia prima esperienza ricordavo piatti equilibrati, buoni ma non indimenticabili, un passaggio probabilmente obbligato per iniziare a dar forma alla propria identità culinaria. Questo mio secondo passaggio da Acquasanta mi ha invece portato in una dimensione gastronomica completamente diversa, intrigante, stimolante, sorprendente.
Il cambio di marcia si percepisce sin dal benvenuto con la Cialda al nero con maionese di alici, l’Alice fritta e burro e alici e l’ottimo Gambero crudo con crema di zucchine e menta e mandorle. Tre autentici assaggi di mare, accompagnati dal Fiano “Roccamonfina” di Enoz, che introducono la Tartare di Tonno, pane croccante, pomodoro, basilico, una piacevole contrapposizione tra freschezza e sapidità e la golosa Cotoletta di mazzancolle, porcini, pimentón e aioli. La Zuppa di fregola (con fumetto, pomodoro, ombrina cruda, calamaro e cozze) è lo strumento ideale per constatare la qualità delle materie prime e il Risotto alla crema di scampi con polvere di pomodoro e crema di mascarpone metterebbe d’accordo gourmet e gourmand, affamati e appassionati: un piatto ineccepibile per tecnica, cottura e sapore.
Mini bomba con crema pasticciera
L’ultima portata salata è la più concettuale, quella più spigolosa ma al tempo stesso la tipica proposta che amo perché offre spunti di riflessione gastronomica: lo Sgombro, indivia arrosto, cachi e teriyaki è un piatto spigoloso, spiazzante, molto amaro, molto dolce, molto pungente, che però delinea un’idea culinaria personale, identitaria e temeraria. In chiusura c’è ancora spazio per le sorprese, prima con il Biscotto liquirizia e sorbetto al limone, un elegante versione del Liuk (il ghiacciolo che tutti abbiamo amato) poi con i divertenti Bottoncini di mela, pinoli caramellati, uvetta e brodo di speck, una riuscita interpretazione dello strudel e infine con la goduriosa Mini bomba con crema pasticcera da farcire in autonomia.
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