Testo di Andrea D’Aloia
Vai a capire perché ogni volta che cerchi di spiegarti le cose che accadono da queste parti… finisci sempre a cercare spiegazioni che abbiano a che fare con la lotta e la rivalsa. Invece è un’ostinazione tutta particolare del vivere, l’epica della provincia portata avanti secoli, e un eroismo silenzioso da cui tutti dovremmo imparare qualcosa, ogni volta che mettiamo il naso fuori di casa. Qui si sogna con ferocia. S’è sempre dovuto fare così.
Allora è giusto provare a comprenderla per bene Gragnano, cambiando le prospettive e la soglia d’attenzione che t’eri dato: è così che puoi risalire alla magia che rende questo posto irrimediabilmente diverso, così imperfetto da rimettere in ordine il suo destino in disordine, e le sorti di una comunità intera che attorno a una meraviglia ha trovato il proprio baricentro e si è connessa: qui la pasta è un capolavoro, è l’identità e l’economia di questa gente, è il sogno che hanno accanto, è l’enorme responsabilità di prendersene cura.
Ed è il modo riconosciuto di lasciare il proprio graffio sul mondo: i gragnanesi pastai lo sono da sempre, è un mestiere che si son messi dentro casa, una generazione dietro l’altra. È un’attività che ha sviluppato storie e scandito vite intere tutt’intorno.
A un certo punto qui arrivarono i migliori ingegneri e architetti dell’800, a realizzare una conformazione del paese che fosse funzionale all’attività dei pastifici. Determinarono a tavolino le densità dei quartieri, le altezze dei palazzi, le larghezze delle strade: Gragnano divenne un grande essiccatoio a cielo aperto, la pasta asciugava in grandi telai posizionati per strada, sui tetti e sui balconi, dunque non dovevano esserci ostacoli all’irraggiamento solare e all’esposizione alle brezze montane e marine tra le case e nelle vie (il vento aveva un ruolo cruciale: con il suo contenuto d’umidità moderava l’azione dei raggi del sole e questo garantiva un’essiccazione omogenea).
Ne dovevano esserci impedimenti al trasporto della pasta proveniente dai mulini, originariamente collocati – in sequenza, dall’alto verso il basso – nella “Valle dei mulini”, luogo in cui condividevano la purezza delle acque dei monti Lattari e dove “si compiva la magia della semola e dell’acqua”, con tecniche e conoscenze sempre più raffinate.
È proprio in ragione dei legami – indistricabili – con le esistenze e l’opera artigiana di queste persone, alla morfologia del territorio e al divenire della storia, che nei secoli l’attività pastaia si è espansa e contratta, vivendo momenti di gloria e parentesi meno felici. Mai smettendo di costruire una propria tradizione, di definire i caratteri unici che hanno reso celebre la pasta di Gragnano in tutto il globo.
Va da sé che per alcuni ci siano dogmi ritenuti intoccabili, ancora oggi. D’altronde anche il disciplinare che dal 2013 ha certificato la Pasta di Gragnano quale alimento di Indicazione Geografica Protetta è molto “rigido” e particolareggiato. Altrettanto vero è che ci siano modi di guardare al passato con profondo rispetto, provando a fare qualche passo avanti e immaginando un presente – e un futuro – che siano attinenti a ciò che siamo diventati e ciò che reputiamo giusto in tempi come questi. Soprattutto se chi innova viene visto come precursore e non come outsider.
Quella di 28 pastai è una storia che si intreccia indissolubilmente alle dinamiche che hanno animato Gragnano nel tempo. Il pastificio è l’ultimo arrivato in paese, avendo riaperto i battenti dello storico opificio Emidio di Nola nel periodo a ridosso della pandemia (con tutte le grandi difficoltà annesse).
La volontà di ferro è quella di Elena Elefante: si occupava di tutt’altro (comunicazioni) ma non ha potuto ignorare il richiamo del suo “sogno feroce”. Anche lei, come ogni gragnanese, ha una storia familiare che la lega alla pasta: il nonno paterno lavorava proprio nel pastificio Di Nola, che lei – tanti anni dopo – ha tirato a lucido riaccendendone i motori sotto il nome “28 pastai”, nome che rievoca il momento in cui, a inizio ‘800, a Gragnano sorgevano 28 pastifici che lavoravano in armonia.
Ha definito il suo gusto e messo a fuoco tutto ciò che cercava nella pasta, con un pensiero imprescindibile dal discorso qualitativo e dalla voglia di lasciare ai suoi prodotti quanto più della loro artigianalità: il colore giallo paglierino, il profumo intenso del grano, una maglia glutinica in grado di rilasciare meno amidi a favore di leggerezza e digeribilità, le consistenze e la scarsa propensione alla rottura in cottura, la rugosità di superficie adatta a trattenere i condimenti.
Ha approfittato del periodo di apertura “a ritmi ridotti” del Covid-19 per fare prove, correggere, trovare gli equilibri giusti. Ha scelto (e brevettato) una miscela di 5 eccellenti grani duri dall’area frentana tra basso Abruzzo e Molise, ottenuto le importanti certificazioni zero pesticidi e zero glifosato, studiato pack in carta e bioplastica riciclabili al 100% e vi ha impresso su i nomi e il racconto di storie e le leggende che ruotano attorno ai pastai storici di Gragnano.
Insomma: a 28 pastai hanno messo ogni tassello al proprio posto, poi sono partiti alla velocità della luce con 34 diversi formati a catalogo (25 di pasta corta e 9 di lunga – tutti a trafila tradizionale in bronzo – a cui si aggiungono i recenti formati di pasta integrale di farro dicocco, frumento moderno, ricco di proteine, fibre, aminoacidi essenziali, vitamine e minerali, presentati in occasione dell’ultimo Pitti Taste).
E hanno introdotto una novità che – possiamo scommetterci – diventerà importantissima nel settore pastaio: grazie alla collaborazione con Authentico, startup innovativa napoletana, hanno certificato in blockchain ogni passaggio di filiera, dalla raccolta nei campi alle temperature controllate dell’essiccazione, al confezionamento di ogni singolo pacco di pasta (che avviene ancora manualmente).
Il blockchain, infatti, è una tecnologia assolutamente all’avanguardia, un vero e proprio registro elettronico – non manomissibile e permanente nel tempo – che raccoglie i dati di ogni passaggio, accuratamente informatizzato: questi diventano consultabili da qualsiasi smartphone tramite QR code unico presente sui pacchi di pasta, certificando l’assoluto rispetto di standard qualitativi molto alti.
È una rivoluzione nella trasparenza con i consumatori di tutto il mondo, nella costruzione di un rapporto di fiducia che con loro si vuole cementare, considerando che lo scorso anno sono state prodotte oltre 100.000 tonnellate di pasta a Gragnano (che rimane il paese in Italia dove si produce più pasta: il 5% del totale, di cui la metà è esportata in circa 50 paesi, per un volume d’affari che supera i 300 milioni di euro).
Scommettiamo che sarà una giovane donna, a capo di un gruppo altrettanto giovane (e a prevalenza di altre donne volenterose e appassionate), a dare uno scossone a uno degli alimenti più apprezzati al mondo? La strada, intanto, è “tracciata”.
Pastificio 28 pastai
Via Nuova S. Leone, 3
80054 Gragnano (NA)
Tel: +39 800 687 979
www.28pastai.it