Testo di Eugenio Signoroni
Foto di Alberto Blasetti e di Marco Di Gennaro
Il 9 agosto 2012 ad Avezzano, in provincia dell’Aquila – in una struttura in cemento, vetro e legno dalle linee minimali e squadrate molto diverse da qualsiasi altro edificio circostante –nasceva Mammaròssa, il ristorante di Franco Franciosi, un passato nel mondo del design e una passione sfrenata per la cucina e per la sua regione. Ve ne abbiamo parlato nel 2018, con un bel articolo di Marco Bolasco, su Cook_inc. 22.
A dieci anni di distanza questo è un luogo imprescindibile se si vuole capire l’Abruzzo gastronomico. Un ristorante dove Franco Franciosi e Francesco D’Alessandro sperimentano costantemente la loro idea di cucina essenziale e intensa, radicata sul proprio territorio eppure senza confini. Una cucina che senza forzature o voli pindarici, ma anzi con molta sostanza e concretezza, ha sempre cercato di essere pittorica e di raccontare per gusti questa regione nelle sue molte declinazioni possibili.
Da quando poi è nato il progetto Quote – un percorso a tappe che porta Franco e Francesco a indagare i diversi territori della regione e a cercare in esso prodotti e produttori, storie e tecniche – la tavolozza a disposizione della cucina si è ancora ampliata e il quadro si è fatto sempre più vasto così che seduti a questi tavoli si può davvero viaggiare per tutta la regione e ripercorrerne le tappe fondamentali anche aiutati dalla selezione dei vini e dal racconto di Daniela, sorella di Franco e accoglientissima padrona di casa.
E parlando di quote, pur consapevoli che si possa andare sempre più in alto, credo si possa dire che in questo momento le vette raggiunte dalla cucina per precisione, consapevolezza, sensibilità, nitidezza dei sapori e identità siano davvero ragguardevoli. Ne è testimonianza il menu provato il 3 di agosto.
Una sequenza di piatti che se da un lato insiste su alcuni elementi che caratterizzano da sempre la cucina di Franciosi e D’Alessandro: la concentrazione dei sapori, la leggerezza delle cotture e dei condimenti, l’impiego costante e misurato di erbe aromatiche e spezie, l’utilizzo di carni ovine e verdure del territorio, il ruolo centrale di latticini. Dall’altro introduce elementi nuovi come la scelta di impiegare sempre più vegetali o quella di non portare il pane in tavola – il pane è uno dei prodotti sui quali a Mammaròssa si è lavorato di più negli ultimi anni – ma di farlo diventare un componente essenziale di alcuni piatti.
Si inizia con Orto, una semplice insalata di foglie verdi provenienti dal giardino del ristorante resa golosa e fresca allo stesso tempo da una salsa bernese posta sul fondo del piatto. Si procede quindi con Cuore di bue, un piatto manifesto che da solo è in grado di raccontare questo luogo. Una portata fatta di intransigenza per la materia prima: “possiamo cucinare questo piatto solo per qualche giorno all’anno, quando i pomodori sono maturi e succosi” mi raccontano Franco e Francesco.
Intensità gustativa e sensibilità nelle cotture e nella sovrapposizione dei componenti, si tratta di due fette di pomodoro: una spessa e proveniente da un pomodoro maturo cotta alla brace, sormontata da una sottilissima, di un frutto più acerbo e marinata con aceto di Montepulciano della cantina Praesidium e salsa di soia e servita con miso e olio al basilico, accompagnata da acqua di pomodoro e da una fetta di pane condito con olio extravergine e succo di pomodoro.
Il piatto successivo è invece il frutto di un’indagine su una tecnica di cottura scoperta nella montagna abruzzese il coppo: un tegame con coperchio in alluminio che dopo essere stato riempito dell’ingrediente da cucinare viene completamente ricoperto dalla brace e lasciato così per il tempo necessario. In questo caso si tratta Carote, dalla consistenza morbida e croccante, servite con una salsa di arancia e zenzero, foglie di amara cicoria selvatica e una fetta di focaccia – condita con olio extra vergine – dall’alveolatura sottile e regolarissima.
Dalla terra proviene anche la portata successiva, forse quella dove l’abbinamento con il pane si fa pienamente convincente: un Carpaccio di barbabietola condita con formaggio caprino e rucola e servita con sottilissimi grissini allo zafferano che, come fossero una salsa croccante, intervengono nel boccone donandogli una dolcezza inattesa.
Il Raviolo ripieno di una dolcissima ricotta di pecora in purezza, pur rassicurante, ha il suo tocco di originalità nella salsa che lo condisce dove al pomodoro è aggiunta la polpa di albicocca per aumentare la nota dolce e aggiungere una sottile sferzata acida. Altopiano è, invece, il piatto dedicato al Fucino dal quale provengono le erbe aromatiche che insieme a un brodo ristretto allo zafferano condiscono una setosa e saporita crema di ceci.
Dietro un nome concettuale come Amarezza vegetale si nasconde uno dei piatti più golosi della sequenza: un radicchio cotto alla brace e servito con una fonduta di erborinato, aceto di visciole e sesamo bianco e nero.
La penultima portata prima delle carni è ormai un classico di Mammaròssa: lo Spaghettone cotto in una salsa di aglio ursino (raccolto in stagione e conservato in freezer semplicemente frullato con un po’ di acqua) e completato da una fonduta di pecorino e polvere di caffè: un primo piatto dai toni decisi eppure avvolgente dal nome evocativo che rimanda al luogo di raccolta dell’aglio Bosco, quota 1400.
A questo è seguito un fuori menu che, di nuovo, brilla per sensibilità: una sorta di Minestra di ditaloni (la pasta è quella di Pastificio Mancini) cotti in acqua di ceci e serviti con filetti di trota e olio al rosmarino. I due piatti di carne, entrambe ovina, sono Pastorale, un filetto di pecora cotto alla perfezione direttamente sul fuoco vivo e servito con cipollotto nel coppo e il suo fondo di cottura e Pascolo, una costoletta di agnello cotta prima sottovuoto e finita alla brace e servita con una salsa di acciughe e cicoria.
Quella appena raccontata è senza dubbio una delle sequenze più buone e intelligenti che abbia avuto modo di provare negli ultimi mesi. Eppure, Mammaròssa, che festeggerà per tutto il mese di agosto il suo compleanno con una serie di serate speciali e con un menu dedicato a questo decennale, continua a essere un luogo poco considerato dalla critica più blasonata e probabilmente uno dei più sottovalutati. Il mio augurio è quindi che nei prossimi dieci anni possano arrivare in questa navicella spaziale atterrata ad Avezzano per raccontare l’Abruzzo, tutti i riconoscimenti, seppur tardivi, che questo locale si merita.
Mammaròssa
Via Garibaldi, 388
67051 Avezzano (AQ)
Tel: +39 0863 33250
www.mammarossa.it