Cook_inc. 20
MARE E MONTI, ISOLA E CONTINENTE:
OLIVER E ALESSANDRA NELL’ABBRACCIO DELLA LORO AGA
- Testo di Alessandra Piubello
- Foto di Fabrice Gallina
Le persone non fanno viaggi, sono i viaggi che fanno le persone
“Fermo non so stare in nessun posto” canta Vinicio Capossela nel suo Il ballo di San Vito alla radio finché salgo, curva contro curva, verso San Vito di Cadore. Coincidenza: penso a Oliver Piras, folletto sardo fra i monti, con quel suo ciuffo sparato in aria, il suo solare sorriso fanciullino, la sua velocità di eloquio e di movimenti (ti presenta il piatto e beep beep, l’imprendibile roadrunner è già sparito in cucina). L’energia allo stato puro che emana sempre. È contagioso il suo entusiasmo, friccica. Sarà che è perennemente innamorato di Alessandra Del Favero, sua compagna ai fornelli e nella vita. Un colpo di fulmine per entrambi, scoccato sei anni fa, nelle cucine dei fratelli Cerea. La forza di un amore intenso e romantico che cattura l’errante dei fornelli italo-europei e lo trattiene in Cadore. Fermo, nella sua vita, c’è stato proprio poco. Nasce a Cagliari, poi, fin da piccolo, è un peregrinare fra Selargius, Piacenza, Casalpusterlengo, Monserrato, solo per citare alcuni luoghi. Oliver non radica, è sempre in volo per lidi diversi. Sceglie l’istituto alberghiero perché non ha voglia di studiare. Poi un giorno accade l’inopinato: alla prima lezione di pratica sente salire un brivido, capisce che qualcosa lo tocca nel profondo. Da quel momento, diventa un ossessionato di cucina. Compra guide (“divento una guida umana”, ci rivela, scherzando al ricordo) e libri di cucina e li impara (si fa una biblioteca di centinaia di volumi), fanaticamente si sintonizza sul Gambero Rosso Channel, assorbe tutto con una voracità famelica. Il suo primo stage è al S’Apposentu, con Roberto Petza. Poi, a diciotto anni, via per il mondo: Strasburgo, Bruxelles da Alberico Penati, Londra da Joël Robuchon…
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