Testo di Tania Mauri
Foto cortesia
La Sicilia d’inverno è qualcosa che non ti aspetti soprattutto se parliamo del vulcano più alto e attivo d’Europa, l’Etna (supera i 3300 metri di altitudine). Quando si arriva con l’aereo la sua cima innevata spunta tra le nuvole imponente e maestosa. L’Etna, detta “a muntagna”, domina, irriverente, lo splendido tratto di costa che dà sul Mar Ionio, tra Catania e Taormina fino ad Acireale, e prosegue, in tondo, fino a Linguaglossa e Randazzo, e poi ancora Bronte, – celebre per i pistacchi – e Paternò. È una montagna sui generis perché non si può valicare ma solo circumnavigare!
Mito e natura fanno dell’Etna un paesaggio unico, a tratti lunare. Si narra che il dio Eolo abbia imprigionato i venti sotto le caverne dell’Etna mentre, secondo il poeta Eschilo, il gigante Tifone fu confinato nell’Etna e fu motivo di eruzioni. Su Efesto o Vulcano – dio del fuoco e fabbro degli dei – venne detto di aver avuto la sua fucina sotto l’Etna dove Prometeo rubò una favilla per riportarla agli uomini, mentre i Ciclopi, nel cuore dell’Etna, forgiavano le saette usate come armi da Zeus. Tra questi, Polifemo, il quale, secondo Omero, ha scelto l’Etna come sua dimora.
Dal 2013 “a muntagna” è entrata a far parte della World Heritage List dell’Unesco ed è Parco nazionale, un parco che si distingue per diversi microclimi, ognuno dei quali ha una biodiversità unica, da cui nascono piante, fiori, erbe e animali tipici di questi territori. Il paesaggio è frastagliato da boschi e colate laviche antiche e recenti, terrazzamenti e muretti a secco in pietra lavica (Patrimonio dell’Umanità Unesco, ndr) che racchiudono e sostengono vigneti “immortali” e disegnano il profilo della montagna senza deturparlo.
Se i vini dell’Etna sono stati riscoperti solo negli ultimi anni, qui le viti l’hanno sempre fatta da padrona: a fine ‘900 c’erano oltre 90.000 ettari di vigneti e Catania era la provincia più vitata della Sicilia anche se il vino veniva esportato e usato come vino da taglio. Con l’arrivo della fillossera e le eruzioni, pochi riuscirono a sopravvivere e gli ettari si ridussero della metà.
Ala fine degli ’70 però venne riconosciuta come DOC (la prima della Sicilia ndr) e con gli anni ’90 si cominciò a comprendere il reale potenziale di questa zona e molti investitori (locali e non) avviarono la rivalorizzazione del territorio e i vini autoctoni furono presto riconosciuti come una vera eccellenza. La coltivazione è quella tradizionale ad alberello etneo, e in parte a controspalliera con potatura a cordone speronato. L’età del vigneto può superare anche i 90 anni. L’interazione tra suoli, microclima, vitigno, gestita sapientemente dall’uomo, rende uniche le caratteristiche delle uve qui prodotte e dei vini che si distinguono per mineralità ed eleganza. I vini dell’Etna sono figli di questa terra estrema e ne portano nel calice la natura intransigente. Il Nerello Mascalese è il vitigno autoctono a bacca rossa per eccellenza dell’Etna, insieme al Nerello Cappuccio, mentre il Carricante è il vitigno a bacca bianca che cresce ai piedi del vulcano, dove si coltiva anche il Catarratto. Se i bianchi dell’Etna non conoscono le accomodanti morbidezze postmoderne, ma l’acidità sferzante, agrumata e salina del Carricante, perfetto anche il Metodo Classico, i rossi dell’Etna sono austeri con la delicatezza di piccoli frutti selvatici, di erbe della macchia mediterranea e di raffinate spezie. Acidità e tannini rivendicano con nudo vigore il loro spazio, lontani dall’essere addomesticati e addolciti.
Il terroir del vulcano è stato diviso in 133 Contrade dell’Etna, uno scrigno di biodiversità e un paesaggio straordinario che conserva nei vigneti tutto il fascino arcaico degli elementi naturali che si arrampicano fino a quota mille. Oggi l’Etna è quindi la nuova meta per un enoturismo senza stagioni capace di apprezzare il lavoro fatto dai vignaioli e scoprire un paesaggio ricco di cose da vedere e da fare: visita alle cantine – dai vecchi palmenti a quelle di design ed estetica tutte con tecnologia e funzionalità all’avanguardia e attenta alla sostenibilità – degustazioni guidate, wine trekking e corsi di cucina.
“La Sicilia ha le carte in regola per essere un’immensa Napa Valley” afferma Laurent Bernard de la Gatinais, Presidente di Assovini Sicilia. “Se fino a qualche tempo fa, l’enoturismo si limitava alla degustazione, oggi si punta a qualcosa di più diversificato e complesso. L’ospitalità è un modo completo per promuovere la Sicilia del vino, dalle piccole alle grandi aziende vinicole, perché l’enoturismo mette insieme territorio, vino, natura, cibo, relax, convivialità. Assovini Sicilia, intende supportare la ricettività dei nostri associati e l’enoturismo come strategia per fare conoscere il territorio, i nostri soci, la cultura gastronomica, le nostre risorse”.
Un esempio su tutti è la zona settentrionale, quella di Linguaglossa, la “porta nord” dell’Etna, tappa importante per chi vuole andare alla scoperta di borghi pittoreschi, campagne coltivate, boschi e vigneti. Da questa piccola cittadina (dove vi consiglio di soggiornare al Shalai Resort, un boutique hotel nel centro storico) famosa anche per la salsiccia di altissima qualità – da provare, presso il ristorante Dai Pennisi (storica macelleria) la salsiccia al ceppo di Linguaglossa – si raggiungono alcune cantine che meritano una visita, ma anche un pranzo e una degustazione.
La nuova cantina Pietradolce, per esempio, è il frutto di un progetto in cui arte e artigianalità – qui ci sono opere di Alfio Bonanno e Giorgio Vigna – si intrecciano per creare ambienti dallo stile contemporaneo e fortemente legati al territorio (roccia vulcanica, ferro, legno e terra dei vigneti). L’azienda coltiva in biologico soltanto varietà autoctone: Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Carricante. Le vigne, in gran parte costituite da piante prefillossera, hanno tra i 90 e i 130 anni di età, vengono coltivate attraverso un meticoloso lavoro artigianale e si presentano nella classica forma ad alberello.
A Passopisciaro, zona di millenaria tradizione vitivinicola, troviamo l’azienda Graci, un antico e grandioso palmento recuperato con passione da Alberto Graci, che qui ha recuperato i terreni del nonno dopo gli studi di Economia. La cantina si divide tra la parte produttiva e quella dove ancora ci sono le botti di un tempo e molti mentre una parte, con volte a crociera, ospita ancora le vecchie botti e gli attrezzi e utensili usati per la produzione del vino. Le vigne si trovano tra i 600 e 1.000 metri d’altitudine e sono solo vitigni autoctoni coltivati in regime biologico certificato: Nerello Mascalese, Carricante e Catarratto.
Non mancano le grandi cantine, come Donnafugata che qui – tra i 730 m e i 750 m s.l.m. –ha circa 21 ettari di vigneti in 6 contrade diverse dove coltiva Carricante, Nerello Mascalese e in piccole quantità Nerello Cappuccio. Donnafugata vinifica le sue uve nella cantina di Randazzo, in contrada Statella, una realtà produttiva ristrutturata all’insegna della sostenibilità ambientale e immersa nel Parco dell’Etna. Le bellissime etichette sono disegnate da Stefano Vitale, un artista capace di far risplendere la personalità di ogni vino. Ma anche Firriato-Cavanera, che qui ha creato il Resort Cavanera Etnea che racchiude tutta la magia dell’Etna. La struttura eco-compatibile della cantina è stata incastonata all’interno di una colata lavica che si è innestata nel suolo vulcanico per decine di metri di profondità. La particolare posizione all’interno della sciara permette di usufruire naturalmente dei vantaggi energetici offerti dal contesto ambientale. I vigneti posti tra i 650 sino a oltre i 950 metri sul livello del mare sono di Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Catarratto e Carricante.
Per la prossima primavera saranno pronte le nuove strutture di Cottanera, famiglia da sempre dedita all’accoglienza, all’ospitalità e all’arte: ogni anno la cantina ospiterà una rassegna artistica in cantina con l’obiettivo di creare un museo a cielo aperto alle pendici del vulcano; e dell’Azienda Agricola Tornatore una delle più grandi produttrici di Etna DOC: i vigneti, tutti ricadenti all’interno del territorio del comune di Castiglione di Sicilia, presentano i vitigni autoctoni del territorio etneo.