Da una piccola bottega a all’avventura globale della Mosaico Food Experience
Testo di Andrea D’Aloia
Foto cortesia
Certe traiettorie sono illogiche soltanto a immaginarle, eppure a volte accade di vederle, in attimi che non ti aspettavi. Pensieri – solo intuizioni, ogni tanto – che però possono portare alla convinzione che di certe cose ti voglia prender cura al più presto, senza perdere altro tempo e con una forza di volontà inscalfibile. Allora non devi fare nient’altro che farti trovar pronto, andare a prenderti quei riverberi correndogli incontro senza esitare – e perderti lì dentro – assecondando gli istinti più feroci e le vibrazioni più intense che hai ancora a disposizione. Perché in quella corrente puoi riuscire a distinguere l’intero movimento, che ti si spalanca davanti con tutte le sue velocità, e la sua forza, e le sue intensità. Qualcosa che ti cambia la vita, lasciando un segno nella tua storia.
Vieni rapito in un frammento, ipnotizzato da un’immagine minuscola, capace da sola di tenere su tutta l’architettura di un’idea, in cui riconosci un destino intero: minuzie di cui non tutti sono capaci, che altri non vedono neanche, ma che ti restituiscono un pensiero che è un pensiero appena, che avevi in serbo da sempre, che finalmente trova posti dove poggiarsi e, semplicemente, iniziare a scorrere meglio. È inventarsi un’avventura – ideale, molto alta – su cui riversare un sacco di intenzioni, coniando un viaggio fantastico che ha un nome e un tempo, in cui cadono le resistenze mentali e le paure, in cui si entra nello stato d’animo dell’impresa, della navigazione in mare aperto, della scalata epica. Sentimenti e iperboli dell’ingegno, che ti spingono al di là delle superfici del mondo e di te stesso, in un luogo dove respirare il senso profondo delle cose, con la naturalezza di un disegno micidiale…e perfetto.
Non è roba per tutti, c’è bisogno di essere speciali.
Giordano Palazzo è partito da una piccola bottega di generi alimentari, a Osimo, negli anni Ottanta. Una roba carina, fatta per bene. Poi – a un certo punto – ha trovato la sua, di traiettoria. L’ha vista e messa a fuoco, ne ha definito i contorni, ne ha tarato accelerazioni e rallentamenti. Ne ha seguito il movimento, l’ha compresa. Come fanno i surfisti quando c’è da prendere l’onda giusta, ha iniziato a nuotargli incontro, a bracciate ampie, con tutta la forza che aveva: significa saper cogliere l’attimo. A un certo punto è capitato che un conoscente partisse per Bergen, in Norvegia, a fare incetta di stoccafisso, e che una volta arrivato nella baia questo fosse stato già tutto venduto. Ora: il problema da risolvere era non far rientrare il camion vuoto, con tutta quella logica di tempo e soldi buttati. “C’è tanto salmone e le aringhe nei barili” gli raccontano per telefono. Eccola, la traiettoria che si manifesta. “Quando il camion torna nelle Marche e vedo la qualità di quei pesci sgrano gli occhi – racconta Giordano – e poi il prezzo era un affare: ho capito prima di altri cosa sarebbe successo a questo mercato in Italia e che si sarebbe potuto strutturare un modello d’impresa vincente”.
Vende la bottega e va incontro all’onda, ma – oltre a lui – ci scommetterebbero in pochi: i consumi di salmone all’epoca non erano come quelli odierni, le incognite e i rischi erano davvero tanti. Lo supporta Lorella, sua moglie, che in quei momenti è riuscita a vedere quello che vedeva anche lui, ci ha creduto e gli è stata accanto in quella che sarebbe diventata l’avventura della vita. Costruiscono una piccola cella frigorifera nel garage del suocero e la storia ha inizio, con la cadenza dei piccoli passi, uno per volta, uno a dettare l’altro.
Oggi la NEF distribuisce più di 2500 tonnellate di salmone affumicato e diversi – mirati – prodotti ittici d’eccellenza, con il punto fermo di standard qualitativi altissimi e un fatturato che sfiora attualmente i 70 milioni di euro. Nessun limite geografico per l’approvvigionamento: confini che si lasciano oltrepassare, esplorare, il mondo diventato per incanto il parco giochi dove andare a scoprire le materie prime migliori, ovunque esse siano, per lavorarle con le tecniche più avanzate che ne preservino le magnifiche caratteristiche organolettiche. In più di trent’anni hanno stretto partnership internazionali strategiche e di fiducia con pescatori e allevatori, sviluppato i prodotti e ogni microscopico aspetto dei processi di allevamento, cattura, conservazione, lavorazione, confezionamento, catena del freddo. Hanno ampliato l’offerta a catalogo diversificando i prodotti, studiando i dettagli di ognuno per ottimizzarne il posizionamento, l’ingresso o l’uscita dai mercati, il marketing, la comunicazione. Ma forse il merito più grande è quello di aver fatto innamorare del suo sogno anche gli altri, lil suo team, le persone che gli stanno vicino.
Punta di diamante della Mosaico Food Experience è il salmone, proposto in quattro declinazioni: Re Salmone, pensato per la grande distribuzione (la linea non è mai congelata, viene lavorata fresca senza ricorrere a coloranti e additivi e affumicata su legno di faggio); la linea Mizu, in cui il pesce – reperito nelle Isole Fær Øer danesi – è lavorato con tecniche dell’antica maestria giapponese, che ne preservano il pre rigor mortis e lo rendono ideale, dato il punto di grasso maggiore, per la preparazione di sushi e sashimi; poi il Selvaggio d’Alaska, selezionato nelle acque dell’isola di Kodiak dopo aver appreso ogni sapere dai pescatori locali (si tratta di salmone di qualità superiore Sockeye, dalle carni molto magre, sode e compatte, di colore rosso intenso: questo pesce viene affumicato nel rispetto del metodo tradizionale a La Ficelle ossia legando i salmoni dalla coda e appendendoli ad asciugare nei forni a legna, tecnica che conferisce un leggero e raffinato aroma di fumo).
La linea richiestissima dall’alta ristorazione di tutta Italia è Coda Nera. Si tratta dell’esclusivo salmone Atlantico allevato in mare aperto nell’area di Skyervøy, isola nell’estremo nord della Norvegia, dove le forti correnti oceaniche e le basse temperature dell’acqua consentono una crescita dei pesci molto lenta. Gli allevamenti ospitano un esiguo numero di esemplari, in spazi molto ampi, permettendo cicli di sviluppo del tutto naturali, sostenibili, rispettosi dell’ambiente e del benessere dei salmoni. Ce ne sono tre versioni: Classico, Riserva, Gran Riserva, caratterizzate da un colorito arancione acceso, dalla morbidezza delle consistenze e da una scioglievolezza al palato indimenticabile.
Riferimento nazionale per quanto riguarda il salmone, dunque, ma il portfolio di Mosaico Food Experience è arrivato a raccogliere le migliori conserve ittiche del mondo, in una proposta ragionatissima che Giordano e la sua squadra hanno messo a punto nel corso degli anni con esperienza, know how e la smisurata passione per il cibo di eccellenza: la linea Reserva comprende succulente acciughe del Cantabrico (sono andati loro stessi più volte sulle imbarcazioni, a pescarle in primavera: ci sono dei videoracconti epici di queste avventure, andateli a guardare), salate e messe a maturare 12 e 24 mesi rispettivamente per la Reserva e la Gran Reserva (queste ultime davvero notevoli, e sofisticate), successivamente ogni filetto è pulito in maniera millimetrica dalle sobadoras e messo in olio extra vergine d’oliva; poi i caviali – Siberiano e Oscietra – provenienti da un allevamento dove gli storioni nuotano in acque purissime (si trovano in un parco nazionale). L’estrazione delle uova avviene soltanto quando la maturità del pesce ha raggiunto il suo momento ideale, la sapidità è data con il metodo Malossol, a basso contenuto di sale. Nota decisamente la menzione il baccalà Le Grand Blanc: pescato in Islanda, nella baia di Keflavik, i migliori esemplari vengono sviscerati, messi sotto sale e spediti a Coimbra, in Portogallo, dove matureranno, affineranno, verranno messi in ammollo e conservati (lo abbiamo assaggiato nella Calamarata mantecata al burro acido e timo limonato, baccalà Le Grand Blanc e capperi, un piccolo capolavoro di Michele Antonelli, chef del GastroBi di Loreto: risultato da urlo).
L’accesso al senso profondo delle cose prevede fatica, tempo, studio, pazienza, applicazione, volontà. Si tratta di andare in profondità, di scavare a mani nude e andarsi a cercare qualcosa che abbiamo tenuto nascosto, dove si depositano le mappe del senso attraverso cui leggiamo la vita. Allora ti chiedi se possa bastare un’impresa simile, a uno che è capace di immaginare sogni così enormi. Più quello che fanno è pazzesco, più – quando ti raccontano la genesi dell’idea e come la stanno dotando di contorni e realtà – sembra tutto così naturale, logico, e inevitabile. Sistemi che si portano indietro da chissà quale parte del mondo, chiusi nella mente, sigillati nella fantasia, che spostano l’asse delle decisioni, la razionalità che diventa più un fare che pensare, e comprendere che il mondo passa da quello che facciamo.
Come se si mettesse ad appoggiare su una scacchiera le pedine del suo racconto Giordano a questo punto ci accompagna a Recanati, per farci vedere con i nostri occhi l’ennesima idea impensabile che è diventata traiettoria: la ristrutturazione di Palazzo Antíci, imponente edificio del XVI secolo in cui nacque Adelaide Antici, madre di Giacomo Leopardi. Un lavoro mastodontico per dimensioni e investimento, ma anche per i numerosi vincoli artistici legati alle opere e agli affreschi che questa casa conserva, e da riportare a nuovo splendore. Un luogo che sembrava perso, e che ora grazie a una visione coraggiosa diventerà un polo di ospitalità ricercata: albergo, ristorante, centro benessere, ma anche un centro culturale per custodire e tramandare l’enorme archivio storico, eredità della famiglia dei Principi Mattei.
Un piacere paziente che in modo silenzioso collaborerà a ridisegnare intelligenza e fantasie collettive. Guardo Giordano negli occhi un’ultima volta, per il momento. Lui sa che c’è da rimboccarsi le maniche, ma guarda questa ennesima sfida con occhi che gli brillano, e scrolla le spalle sorridendo. Con la sua estenuante meticolosità, sa di avere in mente una partita formidabile da giocare. Deve averla trovata sul fondo di qualche notte insonne, o tornata in superficie dopo tutta una vita arsa dal desiderio. Perché la profondità cui attingere e la quantità di senso da aggiungere, l’accesso al cuore delle cose…sono una questione di piacere, dell’intensità di vita che hai deciso di vivere, delle emozioni che hai scelto di sentire.