Chi, come, cosa, quando: le domande a cui risponde chi scrive. Qui la più cruciale è dove. Per progressivi movimenti di zoom all’indietro: nella Galleria Principe di Napoli, nel Mediterraneo.
Dalla scorsa primavera Marco Ambrosino è lo chef di ScottoJonno e di Sustanza, rispettivamente bistrot e ristorante gastronomico situati nella Galleria Principe di Napoli, proprio di fronte al Museo Archeologico Nazionale. Nell’accettare l’offerta dell’imprenditore della ristorazione Luca Iannuzzi, Ambrosino ha lasciato la cucina del 28Posti, ristorante diminutivo sui Navigli di Milano, che al cuoco procidano deve il successo mantenuto per nove anni (gli anni dei locali in zona Navigli sono come quelli dei cani: uno lì ne vale sette altrove). Milano vuole l’opinione comune, offre tante opportunità professionali, ma al contempo chiede molto ai suoi abitanti, per questo uno dei modi di dire più quintessenzialmente milanese ha un sapore passivo-aggressivo: “chi volta el cu a Milan, volta el cu al pan”, insomma chi volta le spalle a Milano le volta al pane. Non è il caso di Ambrosino: questo nuovo incarico è anzi una decisiva promozione e un cimento. Un locale molto grande, molto bello, frutto di un investimento importante; cucito su misura sul talento maturo di un cuoco dal pensiero acuto e originale.


Cominciamo da vicino: di fronte al Museo Archeologico Nazionale di Napoli dal Cinquecento c’erano le Fosse del Grano, adibite alla conservazione dei cereali, che negli ultimi decenni del Regno Borbonico divennero galere. Nel 1883 qui fu inaugurata la Galleria Principe Umberto – una sontuosa struttura con una copertura in ferro e vetro – dove dieci anni più tardi il procidano Vincenzo Scotto Jonno, figlio di marinaio, aprì un café chantant, dove la clientela ascoltava musica popolare napoletana e mangiava gelati.
Nel periodo fascista, il café fu requisito e trasformato in cinema con proiezioni di propaganda; nel secondo dopoguerra fu adibito a Tesoreria comunale. Senza spazi commerciali, la Galleria non seppe mai attrarre visitatori, finendo in una condizione di degrado finora solo tamponata dalle frequenti ristrutturazioni. Alla metà del marzo scorso negli spazi dell’allora Tesoreria – il nome è ancora affisso in lettere dorate sull’insegna – ha aperto un locale di 600 metri quadrati, disposto su due piani: al piano terra c’è ScottoJonno, bar e bistrot dalle 9 alle 2, dal martedia alla domenica; a fine aprile è seguito il ristorante gourmet Sustanza.
Lo stile degli interni omaggia il café chantant di un tempo: non esistono foto d’epoca e perciò Eugenio Tibaldi, responsabile del design degli arredi, ha lavorato di filologia, riproducendo lo stile art déco. Una parte del mobilio apparteneva già a Iannuzzi, che ama collezionare arredi tra antiquari e robivecchi. Se alcuni pezzi hanno assunto la funzione per la quale erano stati pensati, altri hanno fatto una carriera da objet trouvé: l’artigiano di Pozzuoli Rosario Innocenzi ha individuato correnti magnetiche che portavano i mobili gli uni verso gli altri, così ricombinandoli: le glacette per il vino di ciascuna delle sale di Sustanza sono coppie di comodini unite tra loro, mentre di fronte alla cucina – parzialmente a vista perché su di essa si apre il vano, vuoto, di una porta – c’è un tavolo nato dalla fusione di due credenze.
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