Testo di Gualtiero Spotti
Foto cortesia di Gastromasa
Nei giorni scorsi si è svolta a Istanbul l’ottava edizione di Gastromasa, che è ormai è diventato un appuntamento tra i più significativi nella lunga stagione degli eventi e congressi gastronomici internazionali. La due giorni come sempre fitta di ospiti (che hanno affollato i tre palchi del congresso all’Halic Center) ha visto come tema principale la Geografia, declinata un po’ a piacere dai tanti cuochi (ma non solo quelli) che si sono affacciati sulle rive del Bosforo.
C’è chi ha presentato i prodotti del Mare del Nord, come Eric Vildgaard di Jordnaer a Copenhagen, e chi ha raccontato della biodiversità peruviana, vedi Mitsuharo Tsumura di Maido, o cilena, vedi Rodolfo Guzman di Boragò. Chi invece ha puntato l’attenzione su progetti più personali come João Rodrigues, che in attesa di avviare il nuovo ristorante lusitano Monda, ha raccontato dei suoi progetti Materia e Residencia focalizzati sulla riscoperta delle produzioni e della cultura gastronomica regionale portoghese.
Ma poi ci sono stati anche la Cina raccontata da Andrew Wong, che ha il suo ristorante nel cuore di Londra, le suggestioni iper-futuriste di Rasmus Munk di Alchemist, il territorio come inesauribile fonte di scoperte per Ricard Camarena e, giustamente, le riflessioni sul ruolo della cucina anatolica, con in primo piano lo scrittore, cuoco e ricercatore Ömür Akkor, star della gastronomia turca, e lo stellato Maksut Askar, cuoco di Neolokal e uno dei primi a traghettare la tradizione locale verso il fine dining.
E come sempre, a orchestrare il tutto nelle retrovie, l’inesauribile organizzatore Gökmen Sözen, che in poco meno di un decennio ha messo la Turchia sui taccuini della stampa internazionale portando a Istanbul le migliori menti della cucina. Prima ancora che arrivasse la Michelin con le stelle (a proposito, la seconda edizione appena presentata ha esteso il suo raggio d’azione, dopo Istanbul, a Izmir e Bodrum) e in attesa della Gault-Millau che invece arriva per la prima volta a giudicare i ristoranti in Turchia il prossimo 4 dicembre.
È dunque indiscutibile la crescita di un sottobosco piuttosto fertile, ben lontano dall’immaginario collettivo di una nazione percepita a tavola per il kebab e poco altro, o per il raki, la bevanda a base di anice preferita dal padre della patria, Mustafa Kemal Atatürk. La scena è vivace in città, come dimostrano le cucine creative di Fatih Tutak, dell’unica cuoca stellata Pinar Tasdemir e dei numerosi bistrot come Pandeli, Alaf o Sade Beş Denizler, mentre sulle coste del Mar Egeo si avverte una mano che va a pescare tra le primizie del territorio, dai carciofi di Urla all’ottimo olio extravergine in indirizzi di pregio come Od Urla, Teruar Urla e Vino Lokale, che ogni tanto strizzano l’occhio verso la vicina Grecia.
Arrivando poi fino al vino, con etichette convincenti come Chamlija o Heraki che riscoprono antiche varietà di uva. E gli italiani a Gastromasa? Quest’anno la bandiera tricolore è stata tenuta alta da un gruppo di partecipanti più ridotto rispetto all’edizione 2022, ma certo non meno agguerrito. Da Cristina Bowerman di Glass Hostaria a Roma al barman Giorgio Bargiani del The Connaught a Londra, fino a Dom Carella, consulente food & beverage che ha ipnotizzato la platea del suo speech raccontando il lungo viaggio del pomodoro, dalla sua scoperta i più recenti utilizzi nella miscelazione moderna.