Reportage
Cucina ambientale
Chiara, Francesco e lo stato libero di Venissa
Un grande laboratorio a cielo aperto sull’isola di Mazzorbo
Da Cook_inc N. 35
Chiara, Francesco e lo stato libero di Venissa
10 minuti

“L’alta cucina, oggi, per come la concepiamo noi e per come si sta evolvendo, è la rappresentazione e l’espressione – se vuoi anche artistica – di un luogo che si deve raccontare chiaramente. Se penso a un cuoco che lavora in questo senso mi viene in mente Virgilio Martinez. Siamo andati a trovarlo in Perù e per poco non mi mettevo a piangere, quando mi ha detto che noi a Venezia stavamo facendo un lavoro simile al suo”

Chiara Pavan

Di Venezia ci eravamo già occupati poco più di un anno fa, parlando dell’ottimo Donato Ascani1 e del suo ristorante Glam ospitato all’interno di Palazzo Venart. Oggi però ci spostiamo, ma non di molto, per addentrarci nel cuore della laguna con destinazione l’isola di Mazzorbo e raggiungere così Venissa, il wine resort che ospita da alcune stagioni una delle coppie più vibranti della cucina italiana, quella formata dalla veronese Chiara Pavan e dal trevisano Francesco Brutto, rispettivamente trentotto e trentaquattro anni di età.

Cavalcando le onde su uno dei numerosi vaporetti affollati di turisti che si dirigono immancabilmente nella stessa direzione – verso la coloratissima Burano, la quale è prossima con Mazzorbo, o da lontano con la più bucolica Torcello – il pensiero corre su due binari paralleli, quello della fragilità di un ecosistema ambientale da preservare nel tempo e quello della necessaria fruibilità di una bellezza che attira visitatori estasiati da tutto il mondo. Si tratta, forse, di una vera e propria Mission Impossible da realizzare, che perfino un pur sempre volenteroso Tom Cruise, magari di passaggio al Festival del Cinema, non riuscirebbe a portare a termine. Ma poi lo scenario cambia non appena si scorge la sagoma del campanile storto di Burano e appare la cinta muraria nella quale è racchiusa Venissa, un fulgido esempio di accoglienza, cucina, equilibrio e sostenibilità ambientale che, a differenza di quanto accade nei kolossal a stelle e strisce, come direbbe un noto slogan, non vende sogni ma solide realtà. Ed è già tempo di scendere dal vaporetto e stingere la mano di Chiara e Francesco.

La storia del progetto Venissa parte da lontano, più di venti anni fa, grazie all’intuizione e alla volontà del produttore di vino Gianluca Bisol che scopre a Torcello l’esistenza di alcune vigne di una varietà autoctona, la dorona, ai tempi quasi scomparsa dalla laguna. Senza perdere troppo tempo individua presto nel delizioso orto-giardino di un ettaro scarso, racchiuso tra la mura medievali dell’isola di Mazzorbo, l’habitat ideale per riportare in vita una coltivazione certo non semplice, con i ben noti limiti di un territorio scomodo e dove l’acqua alta, come accaduto spesso anche nel passato recente, vanifica il più delle volte gli sforzi umani. Venissa però non è soltanto vino e vigne, che pur raccontano di storie e coltivazioni della laguna, ma anche e soprattutto ospitalità e ristorazione, con quest’ultima che, pur tra varie traversie (in cucina qui sono passati, tra gli altri, nomi importanti come Paola Budel2 e Antonia Klugmann), ha trovato una stabilità solo nell’ultimo quadriennio con l’arrivo della coppia Brutto/Pavan.

Con loro si è iniziato a parlare di cucina ambientale e di concetti no waste (premiati anche con l’arrivo del macaron verde) e Venissa si è trasformata in un grande laboratorio a cielo aperto nel quale tutto ciò che avviene deve essere armonico e deve avere il minor impatto possibile sul territorio circostante. Anzi, se possibile deve migliorarlo con delicatezza e interventi mirati. L’approccio gastronomico è poi cambiato totalmente con i nuovi protagonisti ai fornelli, grazie a una serie di piatti che riflettono sin dall’inizio le due sensibilità complementari dei cuochi. 

Chiara ben rappresenta l’anima della contadina contemporanea, che passa il suo tempo a curare le verdure dell’orto e a immaginare le soluzioni migliori per un mondo più sostenibile. Un ruolo che, a ben guardare, va aldilà di quello del semplice cuoco. Racconta:

“La responsabilità è di comunicare come il lavoro ai fornelli sia certamente un atto di creatività personale, ma anche un valore sociale e collettivo. Le nostre scelte, sui prodotti che utilizziamo e cuciniamo, diventa oggi un gesto di lotta al cambiamento climatico in corso”. 

Francesco, invece, novello alchimista (l’aspetto vagamente luciferino, complice i capelli spesso colorati, aiuta in questa immagine), sceglie il laboratorio come suo spazio di comfort per sviluppare nuove applicazioni gastronomiche sulla scia di fermentazioni come il lactokoji, il garum e il tempeh. È uno spazio forse poco affascinante da un punto di vista estetico, ma che racchiude molta dell’essenza di Venissa, con profumi e sapori che si celano all’interno di vasi o serbatoi nei quali fermentano salse di pane, cereali, verdure e pesci. Dove vengono aromatizzati burro e olio e dove il tempo scorre quasi sempre lentamente, con un’attesa che spesso supera i due o tre anni per arrivare al giusto punto di maturazione voluto da Francesco. Qui si trovano, tra gli altri, il garum di sgombro, il vermuth alle erbe della laguna con artemisia o l’aceto di fiori al prugnolo, ma è una lista che si allunga in continuazione, figlia delle novità che questa ricca area geografica offre nelle diverse stagioni e della sensibilità dei cuochi. “Senza dimenticare che fermentare, oltre a ridurre lo scarto vegetale, contribuisce all’equilibrio della flora batterica intestinale”.

L’attenzione per l’ambiente e per il patrimonio alimentare della laguna diventa così il fulcro della proposta, insieme alla riconversione delle proteine animali della carne (Venissa in pratica è un luogo meat-free), grazie alla scelta recente di utilizzare come pesce le specie aliene invasive che hanno sostituito le specie native della laguna. Poi c’è stata la messa al bando della plastica, per una battaglia che la coppia porta avanti ormai da diversi anni, con scelte tecniche come la vasocottura o la pastorizzazione che hanno permesso di eliminare i sacchetti di plastica sottovuoto, la riduzione al minimo degli stock in dispensa con la predilezione verso la materia prima dell’orto della tenuta. E perfino il coinvolgimento dei fornitori esterni cui è stato chiesto di ridurre l’utilizzo della plastica negli imballaggi. 

Venissa comprende il ristorante stellato, deputato a rappresentare il lato più audace della cucina e l’Osteria Contemporanea, luogo di piaceri della gola più veneziani, con i classici cicchetti o le preparazioni più dirette, come il Risotto asparagi e polline o il Fritto in tempura che attraggono con facilità il viaggiatore, che si concede una passeggiata oltre il ponte che divide Burano da Mazzorbo, nel parco comunale e quindi accessibile a tutti. “In realtà – dice Francesco scherzando, ma non troppo – come specie invasive da tenere d’occhio ci sarebbero anche i turisti, ma per quelli c’è ben poco da fare”. È Chiara, con lo spirito pratico che la contraddistingue, a fare invece il punto sulla decisione di utilizzare nel menu anche altri pesci e molluschi meno ordinari. “È un’idea nata tre o quattro anni fa, quando un pescatore con cui lavoriamo sin dall’inizio ci ha detto che trovava nelle sue reti molti granchi blu, a discapito di specie locali come le seppie di laguna, che oltretutto avevano raggiunto prezzi altissimi. Fin qui nulla di strano, se ci pensiamo, visto che già esistono intorno a Venissa animali di terra o insetti provenienti dall’estero – pensiamo a cimici, nutrie o ibis – ma da quel momento noi ci siamo impegnati seriamente nel capire come utilizzare il granchio blu in cucina. Solo a seguire, e più recentemente nell’ultimo anno, sono arrivate molte altre specie come il pesce serra, l’Anadara inaequivalvis o la Rapana venosa, che magari qui in laguna non venivano utilizzate e finivano solo sulle tavole di famiglie cinesi o filippine. Quest’idea si è sviluppata grazie anche alla collaborazione con una biologa marina, Carlotta Santolini, che stava facendo il dottorato proprio su queste specie, creando anche la start up Blueat3, sul loro utilizzo a livello industriale in collaborazione con un’azienda di Mestre, e così il progetto ha preso sempre più forma. Oltretutto sono tutte specie che si possono cucinare facilmente a casa e in molte varianti. Durante una vacanza in Croazia io e Francesco abbiamo trovato così tanti esemplari di Rapana venosa che abbiamo iniziato a prepararla in una pasta, ma volendo si possono grigliare, cucinare in umido o semplicemente come elemento di un’insalata. Basta farle bollire a lungo con la loro conchiglia”. 

Inutile dire che stiamo parlando di un mondo, quello delle specie invasive, in parte ancora inesplorato, che può dire molto nel piatto e al tempo stesso consente di sviluppare nuova creatività con il piacere della scoperta anche da parte del consumatore finale, che capisce il valore ambientale dell’operazione. Già nell’ottobre dello scorso anno, in occasione della tappa veneziana di Care’s On Tour, Chiara e Francesco avevano stupito gli ospiti di una serata proponendo meduse e noci di mare, oltre alle altre specie, raccontandone l’effetto rovinoso sulle specie native. Così insieme alla spinta vegetale che già caratterizzava il ristorante, l’attenzione verso i vini naturali (gli unici presenti a Venissa) e l’approccio etico alla cucina, Venissa si sta rapidamente trasformando in una destinazione sostenibile a 360 gradi. Con i progetti in atto gli chef cercano di venire incontro alla clientela (con un bar nello spazio aperto dell’osteria, pronto a breve, e con nuove suite previste nella palazzina ora adibita alle stanze del personale) e di lasciare il campo a nuove interpretazioni gastronomiche, come ben dice Francesco: “Quest’anno abbiamo ripreso a utilizzare molto i fiori, che nelle passate stagioni ci eravamo persi per diversi motivi. Una volta per il Covid, l’altra perché a inizio dell’anno aveva preso fuoco una parte di Venissa e non avevamo aperto. Ci interessa capire come utilizzare le alghe e, come sempre, sviluppare fonti proteiche alternative a quelle animali”. 

Nel frattempo, la stagione in corso, inaugurata il 16 marzo, ha già portato una novità strutturale non da poco. Gli spazi che una volta ospitavano l’Osteria oggi presentano la sala fine dining (con una chef’s table per quattro ospiti) e viceversa. È sempre Francesco a raccontare una storia che parte da lontano: “Quando ha aperto Venissa ed è arrivata Paola Budel, probabilmente non immaginavano di poter raggiungere la stella Michelin così velocemente e la cucina era funzionale alla realtà di una semplice osteria, certo bellissima, ma che con il tempo ha mostrato dei limiti logistici e nell’organizzazione del lavoro. Ecco perché abbiamo fatto diventare quello spazio un’osteria, con i tavolini all’aperto sull’erba e, a breve, un bar. D’altro canto, il parco ha un accesso libero a tutti e l’osteria con vista sulla vigna diventa un’attrattiva molto appetibile soprattutto nelle belle giornate. Poi, quando siamo arrivati, il vecchio ristorante poteva al massimo contenere sedici coperti che diventavano circa venticinque in estate, ma non ci permetteva di lavorare in serenità. Oggi invece è tutto diverso e la nuova sala funziona a pieno regime, di pari passo con una cucina organizzata per sostenere la mole di lavoro di uno stellato che presenta solo due menu degustazione, da sette e dieci portate”. E una volta concluso il pasto, aggiungiamo noi, ci si rilassa con un dolce far niente dove semplicemente si contempla la bellezza del luogo, altrimenti si supera il ponte e ci si immerge nella rutilante, frenetica e quotidiana folla turistica di Burano, tra selfie di turisti da tutto il mondo e gadget lagunari. Ma questa è tutta un’altra storia.

Posto
Europa/Italia/Veneto/Venezia
Venissa
  1. Il racconto di Donato Ascani e del ristorante Glam a Venezia lo trovate su Cook_inc. 31 ↩︎
  2. La storia del ristorante Venissa ai tempi di Paola Budel è raccontata su Cook_inc. 3 ↩︎
  3. Blueat è un progetto tutto al femminile nato nel dicembre 2021 come start up che tra comunicazione e marketing promuove la pesca sostenibile e l’utilizzo delle specie aliene in cucina: www.blueat.eu ↩︎

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