Testo di Francesco Sabatini
Foto di Cuochi Spaventati Guerrieri e di Tanaro Libera Tutti
Sulle sponde del Tanaro – sulla carta il fiume più lungo d’Italia – si sviluppa la provincia “Granda”. Tra le provincie italiane, quella di Cuneo, è una delle più estese e benestanti, con un consolidato indotto di industrie ed eccellenze enogastronomiche. Eppure, anche qui, la provincia vive l’annoso tema dell’abbandono, i giovani se ne vanno verso orizzonti urbani e globalizzati.
Tanaro Libera Tutti è un’associazione che da quasi quindici anni organizza eventi nel territorio delle Langhe e del Roero – “uno Sziget in salsa tonnata” come amano definirsi. Composta da ragazze e ragazzi che, nonostante fossero scappati per raggiungere la vicina Torino, hanno tenuto vivo il legame con il loro territorio fino ad obbedire al richiamo di tornare e abbandonarsi alla provincia. Il dilemma “Abbandonare o abbandonarsi?” è il tema della seconda edizione di “Urtija”, festival che intreccia musica, parole, arte, cibo, in un clima di contaminazione pronto a infestare il provincialismo con nuove vibranti energie.
“Urtija” si è svolto l’ultimo weekend di maggio tra le colline del Roero, nella magnifica location del castello di Magliano Alfieri, che dal 2009 ospita la cucina dello chef Stefano Paganini – langhetto di origine, roerino di adozione. Cresciuto nella cucina di Davide Palluda di “All’Enoteca di Canale”, ha trovato sul cocuzzolo della collina di Magliano Alfieri l’ambiente perfetto per esprimere la sua quasi trentennale esperienza tra i fornelli. Tra i meravigliosi affreschi della Sala delle Rose lo chef propone, oltre al classico menu degustazione, un’esperienza fatta a misura del cliente. Un menu ad occhi chiusi in cui il commensale si abbandona all’estro dello chef che improvvisa su una linea guida data dall’ospite. Un esercizio di stile che è principalmente un “dare”, un contraccambiare la fiducia del cliente, ma anche un continuo sperimentare che sfama la vorace creatività di Stefano.
Sempre nell’ottica del dare, energie affini non possono che mescolarsi e la convivenza della cucina di Stefano con Urtija è culminata con una collaborazione. Lo chef ha proposto di declinare i concetti del festival (la provincia, l’abbandono, le radici e l’abbandonarsi) in una serie di piatti che hanno composto un menu proposto nei giorni della manifestazione.
Ad aprire le danze sono il “non plus ultra” della cucina piemontese: Vitello tonnato, Carne cruda condita con olio di nocciola, Insalata russa e una sorprendente Gelatina di peperone con polvere di capperi disidratata. Un aperitivo che riassume in pieno il concetto di provincia, in particolare della provincia cuneese, un passaggio obbligato per omaggiare i piatti che si possono trovare in ogni casa della zona. Per i molti che hanno lasciato la piccola cittadina per la grande città Londra è stata l’emblema di questa fuga, per questo motivo Stefano ha immaginato l’”abbandono” in una sfida fra il baccalà in umido e il fish & chips, una sfida di sapori tra la vita compassata della provincia e quella frenetica della “city”. Andarsene, spesso, significa spezzare il rapporto con le proprie radici, che è anche un gesto liberatorio nei confronti di schemi a volte soffocanti: come si può coniugare passato e presente? Con uno Spaghetto freddo al ragù lo chef vuole cercare un nuovo punto di fuga della tradizione, gli ingredienti rimangono gli stessi ma la prima forchettata spiazza e fa riflettere. Stefano ha proposto uno Spaghetto affumicato Verrigni su un fondo di girello, pomodoro, salsiccia di Bra, erba cipollina e timo – i classici ingredienti dello spaghetto al ragù cuneese. Per Stefano è un modo per migliorare, un modo di scardinare la stasi tipica di un atteggiamento cosiddetto “provinciale”. Il menu si conclude con la dolcezza di abbandonarsi al più atavico dei sapori, un dessert che gioca sulle consistenze e le temperature del latte: ricotta vaccina montata al miele di acacia, crema al latte profumata alla vaniglia, gelato fiordilatte e polvere di cioccolato bianco. Abbandonarsi, avere fiducia, come quella del bambino tra le braccia della madre.
Mentre tra le strade delle Langhe e del Roero i turisti si avventurano tra vigne e vigneti, sul belvedere di Magliano Alfieri – l’eden del Roero – germogliano nuovi pensieri e sensibilità. Tra musica, cibo e arte si discute anche della resistenza all’abbandono di vigneti meno in voga con il progetto “CBD – legalizzazione di Croatina, Baratuciat e Dolcetto” delle cantine Cascina Tallone, Cascina Isabella e Tommaso Cappa, e Cascina Barban che con il suo Muetto ha recuperato un vitigno ormai abbandonato della Val Borbera. Un turbinio di concetti che alimentano presente e futuro di chi ha scelto una “vida glocal”.
Se ve lo foste chiesti, ”Urtija” è il termine piemontese di “ortica”, erba spontanea urticante che nasconde innumerevoli proprietà benefiche dimenticate – quale migliore sintesi della ricchezza dell’abbandono?