Testo e foto di Lorenzo Sandano
24 ore di bacari, enoteche e ristori, in giro per “La Serenissima” con Francesco Brutto – “colazione e pranzo”
Bella Venezia e ci vivrei pure, se avessi ogni giorno una guida alla pari di Francesco Brutto. Questo articolo, come lo scapigliato tour che ne deriva, nasce infatti da una gag condivisa con le due anime (nonché cuochi) del Ristorante Venissa, locato presso l’isola di Mazzorbo. Non mi dilungo sui profili portentosi di Chiara Pavan e del suo compagno Francesco perché su di Cook_inc. 35 trovate un bellissimo articolo che racconta nel dettaglio lo straordinario progetto/ecosistema che stanno portando avanti con successo.
L’idea di un tour alla scoperta della Venezia più “buona” (al riparo da insegne turistiche), è saltata fuori proprio dopo una cena presso il loro locale: Chiara ha rievocato una lista di indirizzi che aveva redatto per Gabriele Zanatta di Identità Golose e ha catturato la mia curiosità. D’altronde, avevo visitato la città lagunare solo in età adolescenziale durante un Carnevale coi familiari. Francesco – che ha rivelato un amore viscerale per l’ex-Repubblica Marinara su più livelli – non ha perso l’occasione per candidarsi a mo’ di assetato Cicerone per un giorno di bevute e mangiate irrinunciabili nei luoghi del cuore secondo la coppia di Chef.
Saltiamo in barca dall’approdo del Venissa e Francesco ci tiene a fare un’introduzione per un neofita come me: non solo sottolinea che per mole di assaggi, tempo e aperture/chiusure non riusciremo a visitare tutte le insegne predilette dal duo di cuochi (anche se, col ritmo di ombre e cicchetti ce la siamo cavata egregiamente), ma rimarca anche la spontanea complicità nata tra le insegne cittadine che sposano un comune approccio qualitativo. Un network che ribalta l’ottica della ristorazione spenna-turisti con una linfa di fratellanza ammirevole. Spesso il filrouge è quello alcolico, non solo per il luogo comune affibbiato ai veneti, ma anche perché (citando lo chef): “Il movimento del vino naturale qui è cresciuto parecchio prima che andasse di moda. Forse perché i quantitativi importanti in commercio ne hanno facilitato il flusso, rendendo la piazza di Venezia una culla del bere eroico. Sia a supporto dei vignaioli eroici, sia per il tenore di bevuta che qui ti rende un eroe se reggi botta alla pari di un local”. Dopo queste ebbre premesse, sbarchiamo lanciatissimi in mattinata verso la prima tappa. Pronti a invertire il caffè del risveglio con una sonora ombra de vin.
Bar All’Arco
Non fatevi intimorire dallo spazio costipato e dalla folla di clienti che assale i due piccoli tavolini esterni o il bancone centrale: questo proto-bacaro è un vero culto per cicchetti (con prevalenza di ingredienti ittici) che potrete pescare in tutta la città galleggiante. Situato vicino al mercato di Rialto, propone fettine croccanti di pane condite con estro giornaliero, ingredienti freschissimi e uno staff di rara prontezza e cordialità. Non c’è vino sfuso, ma solo in bottiglia: matematico invito a nozze per Francesco Brutto che sceglie la prima bolla, delegando a me l’ardua selezione del cibo. C’è da perdersi per la varietà di preparazioni e per il pogo umano che si agita davanti alla cassa. Partiamo con Crostini al baccalà mantecato; Gorgonzola e acciughe; Carpaccio di cernia; Ventresca di tonno; Crema di otregan (cefalo) e Scampi in saor. La prima staffetta è talmente gagliarda che ci spinge a ordinare anche un Panino farcito espresso con branzino, uova strapazzate e asparagina. Gli abbinamenti sono variopinti, accesi e centrati in ogni boccone. L’ambiente infonde la giusta frenesia dal farti familiarizzare con chiunque si trovi in loco, riflettendo un ritrovo di polposa autenticità.
Stappo – Enoteca con cucina
Next stop: Stappo, perché Francesco necessita un rinforzo enologico meditativo e qui trova sempre le “bottiglie per i suoi denti”. Parliamo di oltre 400 etichette dal suolo italico e internazionale. Nel 2020 la coppia di titolari, Diego e Mathilde, ha aperto questa graziosa Bottega/Eno-tavola con focus su vini naturali e materie prime di vaglia, riversate in vivande tanto lineari quanto efficaci. L’orario tardo-mattutino non ci consente di attingere subito dal “cucinato”, ma veniamo coccolati ugualmente con un trionfale Tagliere di salumi Bettella (norcino di “maiali felici e tranquilli“), insieme a sontuosi formaggi esteri e autoctoni ricercati con cura. Chef Brutto si sofferma sull’aneddoto del pozzo in pietra che domina il cortile interno dell’enoteca. “Era un ricorrente punto di ritrovo a Venezia perché sinonimo di acqua dolce e potabile anche in tempi difficili” sottolinea in “mood Piero Angela”. Noi siamo ben più fortunati, rimpiazzando l’acqua con qualche calice brioso e una bottiglia francese dalla verve ammaliante. L’appetito si riattiva lesto, segnalando che è ora di migrare verso il prossimo indirizzo.
Atterrati in Piazza San Marco, mi incanto ad ascoltare Francesco mentre descrive, con dialettica accorata, le meraviglie della Torre dell’Orologio, della Biblioteca Nazionale Marciana, delle vecchie Procuratie e dell’imponente campanile che domina il quadrilatero urbano. Avverto anche che questa sua verve preannunci la prossima meta (e sbicchierata).
Ai Do Leoni
Per farmi riacchiappare dal mio sguardo ipnotizzato, sceglie un altro corner capace di stregarvi il cuore: Ai Do Leoni è un prototipo evolutivo di bacaro che miscela gli animi del cocktail bar, della birreria artigianale e dell’enoteca con bocce smaglianti tenute sempre in fresco. Merito di questo armonioso mix è dell’istrionico titolare Gigi: ragazzo di origini egiziane, integralmente coeso con usi e consumi di Venezia, nonché lodevole cultore gastronomo con belle skills anche sul lato musicale (sovente troverete Dj-Guest di livello nel suo locale). Il sound riversato nei cicchetti non è da meno: tutti espressi e confezionati con un pane dalla forma meno tipica di quelli cittadini, ma contrassegnato da un morso decisamente più artigiano. I dressing ricalcano il tenore della base panificata su cui poggiano: Burrata fresca e trota fumé; Salsiccia toscana e broccoletti; Saor di gallina con ‘nduja e marmellata di fichi; Ragù di piccione con formaggio di capra; Gallinella mantecata; Spuma di gota di maiale e lime; Cicchetto vegano con tufo in saor, maionese al cren, miso di lenticchie, cipolle stufate in salsa shoyu e coriandolo; insieme a una clamorosa combo di burro di capra, miele di laguna, tahina, sale rosso hawaiano e lavanda. Perdiamo facilmente il conto delle ombre polverizzate insieme agli assaggi e cediamo a un fotonico drink che fonde il Milano-Torino con l‘Amaro-Sour (battezzato l’Egiziano) che ci preclude l’ulteriore tappa imprescindibile in San Marco. L’idea di Francesco era di portarmi anche al Gran Caffè Quadri dall’amico Giovanni Alajmo, ma tempo e metabolismo alcolico sono tiranni visto che ci toccano ancora altre insegne da solcare prima di cena.
Vino Vero
Per riappacificarsi con sé stesso Francesco mi strattona lungo canale, a Cannareggio, in un altro suo spot prediletto per bere: Vino Vero è un‘istituzione inaugurata da Mara, Massimiliano e Matteo nel 2014. Il nettare di bacco in lessico nature qui valica il concetto inflazionato del genere, perché la lista di vini “vivi” è incredibilmente vasta, dinamica e articolata con gusto trasversale. A riprova dei successi raggiunti, il gruppo ha aperto una seconda sede nientepopòdimenoche a Lisbona senza tradire il format originale. Come per i vini, anche la proposta di cicchetti (espressi o esposti al banco) risulta ben studiata e invitante, ma Francesco mi vieta di mangiare ammonendomi sul tenermi spazio per la cena e per gli altri luoghi da provare. Cedo al suo giudizio e a una tris di brindisi memorabili su consiglio dei titolari, anche se la mia fame reclama benedetta.
Per sapere se ne saremo usciti sazio o meno dopo cena, continuate a leggere qui.