Progetti, crescita e visioni dei fratelli Palucci nell’offerta a domicilio in Fase 2
Testo di Lorenzo Sandano
Foto di Alberto Blasetti
Illustrazione di Federico Taddeucci
Forchetta e coltello tra i denti, io. Macchinetta e flash, Blasetti. Come affamati bucanieri metropolitani, sigillati in volto dalla mascherina, ci prepariamo a depredare nuovamente le tavole che riaprono a scaglioni sul suolo capitolino. E più in là, si spera, anche quelle oltre confine. Nel mentre – avanzando col vento in poppa verso l’esodo di questa serie che ci ha coinvolto fino al midollo – troviamo simpatico anche punteggiare una sorta di raccordo filosofico tra le insegne che abbiamo supportato e narrato su #DeliveryReport. Perché dall’ultimo cartone di pizza sino al boccone del format stellato (passando per polli fritti, onigiri, lasagne, box vegetali, cocktail e ogni altro genere gastronomico contemplabile a domicilio) il comun denominatore è stato il trionfo dell’identità al fronte di una crisi incontrollabile. Identità che ha preso il largo attraverso un’ardita capacità di adattamento. Il non darsi per vinti e aguzzare l’ingegno, soprattutto cercando di fare rete, per inseguire una speranza lungo traiettorie comuni.
In quest’ambito, i fratelli Palucci di Barred – già protagonisti su Cook_inc. 25 Polpette e nell’articolo affiliato online – si sono rivelati tra i più audaci e costanti su Roma. Prima, organizzando una scaletta di video-call in diretta IG, per confrontarsi amichevolmente e senza filtri con i colleghi romani nel pieno della quarantena. Poi, incastrando produttive joint venture a più mani per conferire un respiro unificato e condiviso, anche nella proposta del loro delivery. Molte delle realtà che abbiamo raccontato in precedenza (Retrobottega, SantoPalato, Trecca), hanno infatti collaborato o collaboreranno presto con l’entità di Barred. Locale che di suo – causa spazi, staff ridotto all’osso e posizione – non aveva motivo di mobilitarsi così, se non per un sincera volontà di fare sistema. E pensiamo dunque sia molto importante parlare del loro lavoro, tirando le somme dei nostri episodi: attribuendo un significato di vicinanza, rispetto e collettività, nel pulviscolo di distanziamenti e (ahimè) odio irrazionale, che a tratti si sono sviluppati in un momento così delicato per la ristorazione. Lascio a loro – Tiziano e Mirko – parole più calzanti, nell’immancabile QuarantineQuest.
Impressioni sulla pro-fase due. Come la state vivendo? Pensate di riaprire il locale?
Giorno per giorno. In quello che per noi è l’unico modo possibile. Stiamo provando cose nuove, studiando, confrontandoci, mentre nel frattempo andiamo avanti col delivery, con un umore piuttosto sereno. Ci sono preoccupazioni per la testa, che non prendono mai il sopravvento. Forse dovremmo dire che più di tutto siamo concentrati, come lo siamo stati sinora, sul nostro lavoro, con la testa sull’idea di migliorarci. Proprio per questo non abbiamo aperto Barred il 18 Maggio. Non volevamo che fosse una decisione affrettata, come non lo è stata neppure quella del delivery. Abbiamo scelto di concederci il lusso di avere un quadro più stabile delle cose, di darci il tempo di ragionarci, di prendere decisioni con scrupolo. Senza subire per forza i cambiamenti ma ripensandoli. Per cui apriremo non immediatamente, ma in un futuro prossimo molto vicino. E poi stiamo finendo una piccola sorpresa che si troverà proprio dentro il locale.
Nel corso della quarantena vi abbiamo seguito sul format “Vabbè Bevemo”: una serie di dirette Instagram, per raccogliere riflessioni, emozioni e stimoli condivisi con alcuni cuochi/amici romani. Poi l’uscita del vostro servizio delivery “Take Me Home”. C’è stato un collegamento tra questi due progetti? Quale è stato il passaggio per la proposta a domicilio?
Certo che c’è stato un collegamento. Come dicevamo prima, il delivery è nato da una riflessione condivisa fatta tra di noi e insieme ad altre persone che fanno il nostro mestiere. Uno scambio che è stato messo alla portata di tutti tramite alcune dirette su Instagram fatte col nostro account proprio per questo: per sentire idee nuove, per trovare ispirazione, cercare nuovi stimoli, raccogliere pareri. Da quelle dirette ci portiamo a casa l’occasione di mettere a fuoco, oltre che le giuste energie per capire cosa fare e come farlo al meglio. Magari se fossimo partiti subito con il delivery, avremmo messo giù una proposta totalmente diversa. Non necessariamente migliore.
Materie prime povere, riconoscibilità e comfort. Ma anche grande ricerca, manifattura artigiana e complessità di sapori a prezzi contenuti. Come avete studiato il menu e il packaging dell’offerta?
La nostra proposta a domicilio nasce da un’idea di coerenza e continuità. Questi piatti fanno parte della nostra identità, avremmo potuto servirli anche al ristorante e infatti, alla riapertura, alcuni li porteremo con noi. Abbiamo creato una proposta con voci totalmente nuove, con l’idea che in ogni piatto ci fosse una nota vegetale e che fossero cose che potevano entrare con facilità nelle case delle persone. Ci sono salse, emulsioni e lunghe cotture che sono nostre, non sono facili da riprodurre e necessitano di tempo. Per le confezioni abbiamo optato per il minimo indispensabile. Nessun eccesso di plastica, scatole, buste. C’è tutto quello che serve nelle nostre consegne, nulla di superfluo, se non i nostri disegni timbrati. Tutto questo ci è servito a non denaturalizzare l’identità di Barred.
La colonna sonora allegata all’ordine del box (ascoltabile free su Spotify) è una figata. Com’è nata questa idea?
Un’idea che avevamo già proposto nel nostro box con Retrobottega per il 25 Aprile. Era una cosa che ci era piaciuta e che era piaciuta molto, e quindi l’abbiamo mantenuta. Abbiamo suggerito a chi ordinava una playlist che di solito mettiamo al locale. In modo da ricreare un po’ l’atmosfera. Oppure no, da ascoltare solo se uno ne ha voglia, quando ne ha voglia.
Notiamo una cura inedita rivolta alla pasticceria (di stampo francese), alla pasta fatta in casa e alla panificazione. Questa proposta vi ha concesso anche nuovi spunti di crescita? Ci saranno ulteriori sviluppi in futuro?
Il lockdown ci ha regalato un sacco di tempo per pensare ma anche per fare. Offrendoci un’occasione per approfondire dei percorsi su cui lavoravamo già in passato. Il pane, la pasta e i dolci. In cucina da Barred tendenzialmente c’è solo Tiziano, quindi i tempi per panificazioni e lunghe preparazioni si accorciano. In questo momento il servizio in sala non c’è e quindi Mirko ha potuto approfondire proprio questi temi: abbiamo fatto varie prove sul pane, 5 tipi di dolci diversi, paste ripiene e paste lunghe fatte praticamente tutti i giorni. C’è l’idea di portare tutto questo più in là, ma conciliandolo con la dimensione del ristorante, che ha ritmi diversi e tempi più stretti.
La scelta/selezione di vino continua ad avere un ruolo importante?
Sui vini veramente non è cambiato nulla. Se non che abbiamo deciso di proporli come se fossimo un’enoteca e non come un ristorante, con ricarichi più piccoli. Perché volevamo che le persone a casa aprissero una bottiglia di qualche buona etichetta naturale che Mirko avrebbe consigliato se Barred fosse stato aperto.
Come risponde la clientela al Delivery? Fino a quando continuerete a proporlo?
Siamo partiti più spediti del previsto, con un lavoro che nei giorni si è stabilizzato e al quale ci siamo abituati molto velocemente. Abbiamo incontrato sia facce nuove che clienti che già conoscevamo: andando noi direttamente a casa questa è stata una grande opportunità, grazie alla quale abbiamo raccolto opinioni molto entusiaste. Nel nostro caso è difficile pensare che il delivery, come lo stiamo facendo adesso, si possa fare anche in futuro. Per una questione di tempi e di logistica. Aveva senso quando le persone non potevano venire da Barred e serviva che fosse Barred ad andare da loro. Continueremo sicuramente l’asporto. Ma l’esperienza col delivery o del tutto o in parte, è destinata ad interrompersi alla riapertura.
Siete stati, fin dall’inizio del lockdown, tra le realtà romane più attive nel cercare di fare gruppo con i ristoratori. Anche tramite collaborazioni e iniziative spot (pensiamo alle jam con SantoPalato e Retrobottega). Avete in canna altre iniziative o eventi su questo filone?
Di collaborazioni ce n’erano diverse anche prima del lockdown. Per dirne una, quella con Trecca l’anno scorso, che avremmo voluto ripetere anche quest’anno. A noi piace, funziona, e nascono cose divertenti e non scontate. Andremo avanti su questa strada.
Andrà davvero tutto bene? Punti di vista e aspettative a briglia sciolta su Barred, ma anche sulla ripartenza della ristorazione.
Noi siamo fiduciosi, non tanto che le cose andranno bene, quanto che le cose vadano meglio. Noi ci sforzeremo di dare il nostro meglio, ancora di più. Magari nel brevissimo tempo le cose non riprenderanno con i ritmi di prima, ma più avanti certo che sì. Sicuramente ripartiremo con delle idee molto chiare, idee che non stravolgeremo e che porteremo sempre avanti. Anzi cercheremo di essere sempre più focalizzati, mantenendo un approccio informale, se possibile ancora più di prima. Della ristorazione che dire. Ci auguriamo per la città un bel passo in avanti. Ci vuole un po’ di modernità in quello che facciamo, ci vuole una cucina meno barocca, meno pretenziosa e più attuale. Magari è un’occasione per tutti per fare un salto.
DELIVERY REPORT
WApp Inked Chronicles
Io: “Ola Bro, lo so che in questo campo è più la Morelli che ha il polso della situazione. Ma visto che siamo quasi agli sgoccioli, ce provo anche io. Alle brutte mi cazziate in tandem. Quando i ragazzi di Barred mi hanno consegnato il box oggi hanno fatto apprezzamenti sullo shooting spaziale di 180 grammi, quindi boh mi è venuta un’idea da proporti che magari ci sta. E se usassi come sfondo per gli piatti delle tavole di tatuaggi? Sai loro sono dei teneroni, ma sembrano cascati in una pentola di inchiostro da bimbi per quanto sono zeppi di tattoo dalla testa ai piedi. Allora mi sono detto che poteva essere un setting adeguato alla loro personalità, mantenendo la tecnica di sovrapposizione che ti sei inventato in questo periodo”
Alberto: “Guarda Lore, lo sai che Anna non si discute. Ma stavolta potrei quasi dartela per buona in autonomia perché l’idea mi intriga. Poi nel caso viene male, posso prenderti a tortorate dal vivo ora che anche gli amici posso vedersi. E quindi prima o poi te tocca uscir fuori da quella tana di periferia. Tornando al lavoro, io avevo già in mente elementi industriali, ombreggiature un po’ dark e reti metalliche che per me richiamavano bene il loro approccio. Ma se riesco a infilarci in mezzo delle stampe di tatuaggi in bianco e nero penso che potrebbe venir fuori una bella cosa. Ribadisco, a tuo rischio e pericolo, ogni errore ricascherà su di te”.
Io: “Ettepareva! Non bastava l’ansia filo agorafobia che mi accompagna in questi giorni, mi devo sorbire pure quella del disastro fotografico. Vabbè oh, potrò sempre approfittarne per riscuotere le bevute che mi devi. Così almeno se ci prendo le botte, sono anestetizzato dall’alcol. E poi voglio aver fede nel mio istinto creativo. O forse è solo il languore che si è smosso aprendo i contenitori di questo delivery. Incredibile che non cessi mai, anche arrivati quasi alla fine. Più che di Covid, sono stato contagiato dal consumo a domicilio me sa. Giochiamoci st’ultima cartuccia e vediamo come va. Del resto, lo scopriremo solo assaggiando e scattando”.
Rustico, animelle e spinaci: uno snack fuori menu, che pone subito in evidenza la nuova fissa dei Barred’s Borthers per impasti, lievitati e affini. E il risultato si assesta già come una piacevole conferma sulle loro capacità in tema. Scrigno burroso al punto giusto, friabile ma grintoso al taglio. Il ripieno suggella l’amore antico che scorre tra la grassezza lattiginosa di queste frattaglie e il vigore ferroso del vegetale. Sapori massicci, armonizzati con polso prestante e gentilezza.
Tartare di barbabietola: la rapa rosa lavorata come carne cruda, vanta da sempre innumerevoli versioni nella storia della cucina internazionale. Questa non sfigura tra molte dei grandi, soprattutto per il contesto e il mezzo in cui viene proposta. Lo sprint senapato e acetico del condimento solletica la masticazione in un circuito dal ritmo cangiante. In allegra combriccola di contrasti con olive, foglie di capperi e una profumatissima polvere di finocchiella. Un’efficacissima riproduzione veg-carnivora, anche grazie alla texture conferita alla battuta di ortaggio. Gran piatto, che si colloca oltre il rimpianto della ciccia, oltre il fine dining e oltre qualsivoglia regime alimentare.
Cracker, coratella e agrumi: il penitente cracker da bustina, elevato con semi e farine integrali recita un bel ruolo di rivalsa farinacea. Ma la vera campionessa dell’assaggio è la coratella: modellata in bilico tra un paté spalmabile e una terrina francofila, trionfa spavalda con le sue trame scioglievoli e vellutate. Accogliendo alla base una marmellata di agrumi dall’acidità acuminata che rinfresca, tonifica e predispone subito a una nuova cucchiaiata. Sublime.
Patate Tonnate: qui gli inconsapevoli Paluccis hanno stuzzicato corde emotive davvero rilevanti. Smuovendo i ricordi delle patate lesse con abbondante olio e prezzemolo che mia nonna sfoderava come contorno per il rituale pesce del venerdì. Beh, anche in questo caso il lato ittico non manca dal piatto: tramutato in una drogosa salsa tonnata che sprona gli istinti più carnali. Il tubero mantiene un callo fondente e sonoro che si distacca – per evoluzione tecnica – dalle mie memorie infantili. La marinatura alle erbe che irrora il tutto, dona ulteriori zampilli aromatici e innesti di lipidica freschezza. Nonna sarebbe fiera di voi ragazzi. Deliziose.
Fettuccine, pancia di maiale, olive: sembra tonno ma non è, serve a darti l’allegria. Di maiali tonnati, mi era capitato di assaggiarne, grazie a noti macellai e cucinieri dello Stivale. Ma uno stracotto di pancia al pomodoro che riproducesse in modo così assoluto il gusto della pasta col tonno alla romana, beh è davvero il primo caso della mia vita. Un effetto speciale, talmente calzante e realistico (uscito per caso dai ragazzi in cucina) che il buon Blasetti ha replicato la sua ricetta brevettata con gli avanzi di pasta ripassati in padella. Come avvenuto nel Delivery di Pascucci, convintissimo fosse un intingolo a base tonno. Aneddoti e folklore a parte, il manto nerboruto della pasta all’uovo – tirata a mestiere – glorifica ogni sfilaccio di questo maestoso condimento. Il verde raggiante dell’oliva proietta qui e là, punte di piacevole salinità acetica. A voi (e a noi) solo il lieto compito di mantecarle in padella e di godere senza fine.
Lingua, salsa verde, asparagi: tre elementi poveri e un match consolidato di sapore, traghettati al massimo del loro potenziale. Anche in una versione da assemblare e completare in casa. Il consiglio è rosticciare violentemente le scaloppe di lingua (già cotte e insaporite a perfezione) sino all’ululato caramellante di Maillard in persona. Questo gesto conferirà alla carne un testura davvero molto simile al foie gras, tutelando la fibrosità succulenta che caratterizza questo taglio del quinto quarto. L’acidità elettrizzante della salsa verde è poesia nell’assist di contrappunti, nonché vettore di clorofilla con la frustata amaricante degli asparagi marinati. Apocalittica.
Tarte citron, Tartelleta mou e cioccolato – Cannelés de Bordeaux: tra le rivelazioni di questo pre-post quarantena, c’è di sicuro il talento dei Paluccis nel comparto pasticceria classica. Che mine ragazzi! Certo, parliamo sempre di una disciplina culinaria che quasi non ammette imperfezioni, ma i due se la sono cavata davvero egregiamente. Cimentandosi, tra l’altro, con delle pietre miliari dell’arte bianca francese come Cannelés e Tarte au Citron. Entrambe tratteggiate da lodevole equilibrio zuccherino, strutture precise e sapori nettissimi. Il dessert con ganache al cioccolato e caramello salato invece, vira con fare scapestrato verso la godibilità più densa e illegale. Provatelo – cedendo alla sua peccaminosa bontà – e mi saprete dire con saliva grondante. Très bien mes potes.
Note, in chat, a margine
Alberto: “Allora mettiamo subito in chiaro una cosa. Se il lavoro piace ad Anna è merito mio. Se invece non le va bene, è colpa tua. Come ti suona fratello? Tanto siamo allo scadere ormai, che vuoi che sia se perdi la stima della tua editrice. Ti puoi sempre riciclare nel contrabbando di Amuchina e mascherine. Ti ho sempre visto bene nel ruolo del saltimbanco da mercato nero. Pensaci, conviene”.
Io: “Guarda, a me l’unica cosa che suona bene qui è la compilation fenomenale che ci hanno regalato in omaggio i ragazzi di Barred, abbinandola a questo delivery. Che belle tracce caspita. Tra l’altro decisamente intonate con la musicalità degli assaggi. Tu sguazza nei meriti che sicuro ti cuccherai, che tanto la regola del rivederci face to face non vale solo per te. E ormai, qualcosa mi dice che il momento di abbattere sta distanza forzata è sempre più vicino. L’ultimo episodio è alle porte caro Alb. E non è detto che aspettarti al citofono stavolta ci sia solo il fattorino del Delivery. Fotografo avvisato…”
TO BE CONTINUED…
Episodio 3: A Rota di Eufrosino con Negroni dell’Italian Cocktail Club
Episodio 4: Pascucci al Porticciolo
Episodio 7: Spazio di Niko Romito
Episodio 8: 180g Pizzeria Romana