Testo e foto di Greta Contardo
Era la fine di gennaio – e mancavano solo una manciata di giorni all’attesissima Tempi di Recupero Week – quando l’Associazione Tempi di Recupero ha fatto tappa a Copenaghen per un evento stimolante, un’occasione per attivare una rete internazionale responsabile anche nella città della Sirenetta. Quale miglior luogo se non la capitale danese, conosciuta per la sua attenzione alla sostenibilità, per celebrare un approccio consapevole alla gastronomia? Non poteva esserci terreno più fertile per intrecciare una manciata di attori protagonisti del “chilometro consapevole“, dell’uso integrale delle materie prime, del recupero e della cucina circolare. Perché è creando sinergie autentiche e di valore che si cambia il mondo, un passo alla volta.
Nella due giorni di confronto e scambio si sono incrociati diversi personaggi focali del settore ristorativo, molti italiani e strettamente legati alla rete e ai valori di Tempi di Recupero. Fulcro degli incontri è stato il ristorante Térra, perla danese dall’identità italiana nata dalle mani di Valerio Serino e Lucia De Luca, rispettivamente chef e maître/sommelier, anima e cuore del locale. Il loro è un sogno fatto di cucina circolare, sostenibile per davvero, che vanta una stella verde della nota guida rossa e che fa dell’utilizzo integrale delle materie prime il mantra di vita e di lavoro. Gli ingredienti sono danesi e raccontano le diversità di territorio e di stagioni della terra di adozione di Lucia e Valerio con una personalità singolare e vivida, sensibile alle contaminazioni che mantiene una carica emotiva italiana. Quella di Valerio non è una cucina italiana di stampo classico, è piuttosto un’identità italiana applicata a nuovi mondi, con un obiettivo sempre ben a mente: il rispetto totale per l’ingrediente e per la sua miglior espressione. Per Valerio Serino e Lucia De Luca, la cucina non è solo un mezzo per nutrirsi, ma un modo per riflettere su questioni più ampie come quelle legate ai principi che guidano Tempi di Recupero.
Un network virtuoso all’Ambasciata italiana a Copenaghen
È anche grazie all’impegno di Valerio e Lucia che la comunità italiana del settore ristorazione si sta sempre più sensibilizzando alla necessità di fare cucina consapevole e soprattutto all’importanza di farlo tutti insieme. Sempre grazie al loro instancabile supporto, l’Ambasciata Italiana a Copenaghen il 20 gennaio ha ospitato una tavola rotonda dal titolo: Tempi di Recupero. Circular Cooking and Awareness: How to be part of a virtuous network, occasione d’oro per riunire i “giganti del recupero” danese, per condividere esperienze e immaginare scenari futuri in cui la cucina circolare possa lasciare il segno con un impatto positivo che possa diventare un movimento globale. A guidare il dibattito e ad accendere sogni e speranze per trasformarle in obiettivi, è stato Carlo Catani, il dinamico e carismatico presidente e fondatore dell’Associazione Tempi di Recupero. La presenza di Carlo ha chiamato al rapporto un pubblico variopinto di chef e figure di spicco del mondo gastronomico danese molto legate al mondo dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo in cui Catani è stato presente fin dalla nascita dell’ateneo e di cui è stato direttore i primi cinque anni. Gran parte della rete attivata dall’associazione trae beneficio dalle connessioni con gli Alumni UNISG molti dei quali oggi rappresentano il futuro in tutti i comparti enogastronomici, con progetti personali o con ruoli di rilievo all’interno di società. Una reta fortissima e biodiversa che ben interagisce con Tempi di Recupero sposandone a pieno i valori.
Tra i partecipanti alla tavola rotonda, oltre a Valerio Serino e Lucia De Luca, c’erano alcuni “stakeholders” della rete di recuperatori, personaggi che imbastiscono gli impegni quotidiani intorno al concetto di “cercare di non sprecare” con intelligenza e un pizzico di sana follia. Persone che approcciano il cibo nella sua olisticità che comprende anche aspettio economici, storici, psicologici e sociali oltre che ambientali ovviamente. Sono intervenuti: Gabriele Rizzo chef del ristorante Levi che concatena gesti italiani a sapori orientali, Francesco Impallomeni founder della torrefazione danese Nordic Rosting Co. dove la cascara, la polpa del chicco di caffè spesso scartata, trova nuova vita in deliziosi infusi; e ancora Felix Chamorro Rovira e Leonardo Camboni, gli spiriti guida di alcune realtà danesi con forte stampo italiano tra cui la Rufino, la trattoria che racconta la penisola con una cucina contemporanea sincera, Marco Margaria responsabile di produzione della ben nota bakery danese Andersen & Maillard e ancora due rappresentanti di Slow Food Denmark, alcuni giornalisti e Matteo Cameli arrivato per l’occasione dall’Italia, dal suo ristorante Al Vecchio Convento a Portico di Romagna. Il legame di Matteo Cameli con la Danimarca è singolare: sua moglie è danese e anche suo fratello (cuoco anche lui) ha seguito questa strada ma si è trasferito in Danimarca portando l’influenza della cucina romagnola in terra scandinava.
Dopo il confronto l’incontro, con una serie di snack 100% recupero a cura dei partecipanti, accompagnati da sorsi di vini romagnoli provenienti da cantine colpite dalla catastrofica alluvione del maggio ‘23. Tra questi il Rubicone Rosso Villa Venti e il Sabbia Gialla della Cantina San Biagio Vecchio, parte del progetto di Tempi di Recupero – intitolato IO BEVO ROMAGNOLO – nato per sostenere i produttori dell’areale impegnati nel recupero delle tradizioni vinicole. Stefania Rosini, l’ambasciatrice che ha reso possibile l’appuntamento, ha introdotto così l’incontro: “In un Paese come la Danimarca parlare di sostenibilità significa anche saper approcciare la vita familiare con intelligenza e innovazione. La cucina e la tradizione accompagnano la nostra presenza culturale qui e metterle in evidenza per noi è fondamentale, perché mostra come la sostenibilità sia qualcosa fa parte del nostro modo di vivere”. Ma c’è una cosa ancora più importante su cui già si sta lavorando e che emerge come valore fondamentale dell’appuntamento targato Tempi di Recupero: l’unione, che come ben si sa fa la forza. “È importante che i ristoratori italiani facciano gruppo, così da rappresentare un pezzo di cultura italiana in questo Paese”. Ma non solo, l’idea è ovviamente quella di mettere assieme la parte italiana e quella danese perché così la forza si fa per davvero.
Una cena a quattro mani per riflettere sul recupero
Il centro dell’attenzione della seconda giornata (il 21 gennaio), invece, è stata la collaborazione speciale tra Valerio Serino e i fratelli Matteo Cameli e suo Jonas, che hanno organizzato una cena del recupero decisamente memorabile con un quattro mani presso il ristorante Térra. Il menu pensato è stato un omaggio totale alla filosofia del recupero e allo spirito della rete. Alla base c’era la voglia di consolidare un legame, quello tra Italia e Danimarca, intrinseco dei due chef, e che ha più punti in comune di quelli che si possono immaginare. Entrambe le realtà, Térra e Al Vecchio Convento, fungono da ponte tra culture diverse e la cena “insieme” è stata una celebrazione di questo legame con sapori d’impronta italiana e un approccio nordico alla sostenibilità.
L’idea centrale era riflettere sul concetto di sostenibilità sul riuso, o forse meglio dire solo sull’uso per sensibilizzare alla consapevolezza e alla cucina circolare; per mostrare come gli ingredienti spesso scartati possano essere valorizzati attraverso tecniche innovative e con una grande attenzione e cura, senza mai compromettere il sapore. L’idea si è tradotta in esperienza con sei piatti dalla forte personalità che con carisma hanno trasformato leftovers e byproducts in protagonisti indiscussi, una cena a quattro mani senza esercizi di stile ma con tanta riflessione.
Pane e tartufo con Parmigiano Reggiano e formaggio di fossa (Matteo Cameli, con i tartufoi della sua tartufaia) seguito da “un pulisci-palato” a cura di Valerio Serino per ricordare l’estate con Pomodori danesi confit, green strawberry umeboshi, habanada pepper (un chili dolce), leftover di aragosta e gazpacho di mirabelle. A seguire, La Patata ossidata con un sapore intenso di liquirizia, accompagnata da una spuma di patata con latte di fieno, rafano e olio di rafano (prodotto con foglie foraggiate durante l’estate) di Valerio Serino ha raccontato come le naturali imperfezioni possano essere lo spunto per nuove intense sinergie di sapori. Il Raviolo di foglie di carciofo di Matteo Cameli ha invece dato dignità a un ingrediente che nessuno vuole al mercato, anche grazie alla farcitura con ricotta fermentata sei mesi che richiamava la profondità tipica dei formaggi blu, e alla salsa bernese è stata rivisitata, arricchita con whisky e ali di pollo fermentato. La grinta della Tartare di cervo di Matteo Cameli (appesa per 10 giorni con la pelle, e poi maturata ancora 4 giorni in dry aging) è stata accentuata dal polline fermentato super proteico – utilizzato al posto delle uova – profumata da tè fermentato e accentuata da una grattata dell’ultimo tartufo bianco della stagione. E ancora i Passatelli kombu e castagne, brodo di anguilla affumicato, umami e pasta di chilli fermentato con koshu di bergamotto di Valerio Serino hanno portato in un’altra dimensione, tra note dolci e salate e a chiudere un tocco savory con Custard con i semi di mirabelle essiccati che sanno di fava tonka e sciroppo di mirabelle che ha trasformato un frutto stagionale in un tocco dolce indimenticabile. La comunione di intenti è andata ben oltre il mero esercizio di stile culinario, incentrando la riflessione su un approccio olistico al cibo in cui ogni ingrediente ha una storia e anche gli scarti diventano un’opportunità per sperimentare nuovi sapori.
La forza di Tempi di Recupero
Tempi di Recupero è un movimento che si sta espandendo a livello internazionale e l’entusiasmo di Copenaghen per la cucina del recupero è stata solo una parte del lungo cammino. Dopo il successo delle precedenti edizioni, la Tempi di Recupero Week 2024 ha coinvolto più di cento Artigiani del Recupero in tutto il mondo, con l’obiettivo di ispirare – attori e consumatori – a ripensare il modo in cui utilizziamo e approcciamo il cibo. È più di un semplice evento gastronomico; è un invito a riflettere su come ognuno di noi può contribuire a un futuro più sostenibile. E non è un evento isolato; è un trampolino di lancio per qualcosa di più grande: un invito a unire le forze, sempre.
“Cucina circolare” e “recupero” non sono solo parole e concetti attualmente di moda, ma rappresentano un modo concreto per valorizzare le risorse che abbiamo a disposizione. Reinventare, riusare, recuperare sono le parole chiave per dare una seconda possibilità. Iniziative come tutte quelle promosse da Tempi di Recupero ci ricordano che il cambiamento parte da piccole azioni quotidiane e che, attraverso la creatività e l’impegno, possiamo fare la differenza. E la cucina può essere uno strumento potente per il cambiamento, un piatto alla volta.