Testo di Alessandra Piubello
Foto di Fabrice Gallina per Cook_inc. 22
Silvana Forte, titolare insieme al marito Flavio Basilicata e alla figlia Cora dell’azienda Le Due Terre di Prepotto, nel corso della nostra chiacchierata fa un’analisi obiettiva della situazione cha sta vivendo. Silvana si occupa del marketing, dell’export, delle fiere, delle visite: è l’ambasciatrice dell’azienda in Italia e nel mondo. Una realtà familiare, che si sviluppa su cinque ettari, con una produzione di 20.000 bottiglie.
“Durante il lockdown Flavio e Cora erano sempre in vigna, la campagna non si è fermata e abbiamo dovuto finire da soli i lavori di potatura, anche per ragioni di sicurezza. Abbiamo sperimentato la solidarietà del buon vicinato (per esempio quando si è rotto il trattore: tutto era chiuso e non si poteva aggiustarlo) con un senso di gioia; nei momenti difficili è importante contare l’uno sull’altro. Dal canto mio, avevo l’azienda tutta per me e vivevo con un senso di solitudine il fatto di non poter accogliere i clienti e prendermi cura di loro. Mi sono dedicata alla cucina, alla raccolta delle erbe spontanee, ci siamo depurati. Ho cominciato a sentirmi con i miei clienti in giro per il mondo, dal Giappone, Gran Bretagna, Stati Uniti, preoccupati per noi e per quello che stava accadendo in Italia. Sono stata molto in contatto con amici ristoratori, parlando della situazione che stavamo vivendo e anche con i colleghi di Vi.Te. Vignaioli e Territori. Le notizie sull’avanzata del Covid-19 scuotevano l’animo. La parola chiave è stata diventata navigare a vista, per tutti. Per noi, che vendiamo proprio nel periodo tra febbraio e giugno è stata una mazzata. Chiuso l’unico nostro canale di vendita, l’HoReCa, chiuso l’export, senza usufruire dell’e-commerce non avendo neppure un sito, con la difficoltà di essere pagati dai clienti, mentre noi abbiamo pagato i nostri fornitori, senza avere grandi risparmi essendo un’azienda piccola che non punta ai grandi guadagni, ma solo a quello che ci serve per vivere… insomma le preoccupazioni non sono poche.
La vendemmia 2018 (avevamo imbottigliato la ‘17 a novembre) non sarà imbottigliata, ma dovremo fare spazio alla nuova in arrivo. A sentire le proposte che arrivavano, vendemmia verde, distillazione, ci montava dentro una frustrazione immensa. Con l’apprensione che ci siano produttori che svendano il vino italiano, dopo tutti i sacrifici che, soprattutto noi piccoli, abbiamo fatto per portarlo ad un posizionamento internazionale. Se non possiamo continuare a dare un vino di massima qualità noi preferiamo chiudere. Piuttosto facciamo come nel film Il pranzo di Babette: regaleremo le emozioni più incredibili e la felicità più grande, ben sapendo che dopo quel mitico pranzo, che resterà indelebile nella memoria di tutti i partecipanti, i soldi saranno finiti. Eppure mi sento fiduciosa: in famiglia abbiamo evidenziato le cose positive, per esempio l’ottimizzazione delle risorse aziendali, svolgendo i lavori da soli e facendo economia familiare, perché di fatto la nostra azienda è una famiglia; evitando i viaggi all’estero abbiamo pensato che contribuiamo ad un mondo più pulito ed ecologico. E così, organizzeremo delle degustazioni all’aria aperta, tra le vigne, per far sentire ancora di più ai nostri clienti la natura”.
Cosa pensi per il futuro Silvana? “Credo che vino, arte, cibo, turismo in Italia debbano lavorare insieme. Possiamo ripartire e la rinascita sarà l’innamorarsi del nostro Paese, superando quell’esterofilia che ci caratterizza. Abbiamo il Paese più bello del mondo, la gente arriva da ogni dove per stare qui e noi invece pensiamo principalmente alle vacanze all’estero. Crediamo al nostro sogno italiano, al nostro Made in Italy, torniamo ai negozi del vicinato, pensiamo ai nostri artigiani, sono loro che ci hanno resi famosi, non certo le multinazionali. Penso che i nostri ristoratori di qualità possano essere la via per aiutare i piccoli produttori e noi potremmo supportarli a nostra volta: potremmo dare l’opportunità al ristoratore di offrire un vino di qualità alta ai clienti, in modo che bottiglie importanti vengano condivise fra i tavoli, con una carta vini notevole al bicchiere e a rotazione, senza necessariamente dover far pagare loro per tutte e sei le bottiglie. Ovviamente siamo contrari al conto vendita, ma questo potrebbe essere un sistema all’inizio per far ripartire loro e noi. Un gesto che all’inizio sarà offerto, ma che poi dovrà essere pagato dal cliente. Credo che Corea, Canada, Giappone ripartiranno prima di noi e ci daranno un po’ di ossigeno per sopravvivere. Ho fiducia, qualcosa di nuovo nascerà”.