La presentazione del Clos du Mesnil 2006 e la Grande Cuvée 162 in pairing ai piatti di Tommaso Tonioni
Testo di Lorenzo Sandano
Foto di Stefano Delia
L’ottobrata romana abbraccia i sampietrini tumidi di pioggia nei vicoli del centro. E tra i nuvoloni del maltempo, forse agitati dal nuovo DCPM, alle 12:00 in punto spunta un sole radioso, quasi a voler dare il benvenuto a un illustre ospite francese in visita nella capitale. L’occasione è tra le più frizzanti, perché Olivier Krug, titolare dell’omonima maison di Champagne, si trova a Roma per presentare l’annata 2006 dell’iconico Clos du Mesnil: apoteosi imbottigliata di sole uve Chardonnay che proprio da un vigneto circoscritto nel paese Mesnil-sur-Oger, individuato da Rémi e Henry Krug nel 1971, trova il proprio terroir elettivo.
Come d’altronde il luogo scelto per l’incontro introduttivo dell’etichetta – il ristorante Achilli al Parlamento – predispone un palcoscenico culinario molto stimolante. Da poco meno di un anno, il patron Daniele Tagliaferri ha infatti investito nelle doti del talentuoso cuoco Tommaso Tonioni, che avevamo già raccontato qui. Atmosfera prospera, nonostante le norme di sicurezza e distanziamento sociale, che concede anche una delle prime occasioni a Olivier per tornare a viaggiare e comunicare vis à vis con gli addetti al settore, il lavoro perpetuato dalla Maison nel pre-post lockdown.
Sempre allietato da innovazione e spumeggiante progettualità: l’ingresso ormai consolidato della nuova chef de cavea Julie Cavil; un ripasso di Krug 2006 e dell’edizione 168 della Grande Cuvée; insieme a una lettura sensoriale amplificata sul pairing musicale adottato in degustazione, ma anche nella metrica attitudinale dell’assemblaggio in cantina. Con il suo invidiabile charme e sagace ironia, Monsieur Olivier spiega come il lavoro in quarantena sia stato più complesso nella fase produttiva rispetto al lavoro in vigna, ma tutto ciò non ha ostacolato lo sviluppo di prodotti fedelmente in linea alla filosofia portante del fondatore Joseph Krug. Partendo dalla ricerca sul territorio di tutti i migliori strumenti musicali che compongono lo Champagne appezzamento per appezamento, scelti in modo da definire l’orchestra del vino mettendone da parte alcuni per gli anni successivi.
Una cifra autoriale, in linea al ritmo ormai celebre del plot by plot, che va poi ad attingere linfa strumentale dai musicisti presenti in riserva (vin de reserve), indispensabili per comporre un’orchestra performante di anno in anno. Per la Grande Cuvée 162ème Edition, ad esempio, l’orchestrale è composta da 198 musicisti di 11 annate diverse, dal 2012 al 1996 secondo l’inossidabile mantra di Krug. Per l’inedito Clos du Mesnil 2006 invece, il vitigno chardonnay viene tradotto come una famiglia di strumenti da contemplare, in un appezzamento che assume il ruolo del musicista pronto a donare vibrazioni differenti agli stessi. Sempre e solo accordandosi al clima, che struttura lo sparito con il suo andamento annuale di temperature e stagioni.
Il comitato interno della Maison, composto da sei persone, degusta ben due volte ogni anno circa 250 vini diversi per arrivare all’armonia polistrumentale desiderata. Ma, proprio come evidenzia Olivier, in questa costante audizione è facile scoprire musicisti particolarmente eleganti, precisi e carismatici: esempi coerentemente definiti solisti, con i quali si può correre il rischio di lasciarli suonare individualmente.
Questo è il caso del Clos du Mesnil 2006, espressione pura e condensata di un unico vitigno (chardonnay), da un unico appezzamento e da un’annata unica: precoce, capricciosa per condizioni climatiche (calda ma scandita da un’alternanza di precipitazioni e picchi di sole favorevoli alla maturazione delle uve), nonché arcinota in ambito sportivo per “il ritiro dal mondo calcistico di Zidane”, scherza bonariamente Krug riferendosi alla partita Francia-Italia. Fattori che, sommati alla qualità estrema dei grappoli raccolti e alla tenuta portentosa di questo Champagne, gli valgono l’appellativo di gourmandise capricieux.
Un nettare ambrato che punzecchia l’olfatto con arpeggi limonosi, note di cereali evoluti e spunti quasi umamici, per poi distendersi al palato con accordi generosi e ampi di pasticceria brunita (mai eccessiva), agrumi caldi, percussioni arboree/speziate e una vivace accelerazione d’acidità succulenta nel finale. Una composizione virtuosa e riassuntiva di finezza e tensione, che Olivier ama identificare nel timbro preciso di violini evocati dallo chardonnay e dal brano confezionato per quest’annata dall’artista belga Ozark Henry. Sorseggiare il nuovo Clos du Mesnil a occhi chiusi, con le sue trame musicali in sottofondo ne potenzia il quadro organolettico e le suggestioni sensoriali.
Assist in sequenza di music-wine-pairing che ci consente poi di confrontare il tenore del solista con quello più opulento, prosperoso ed esuberante del complesso di vini, raccolti nel Krug millesimato 2006. Abbinato a sua volta agli energici diteggi di piano di Kris Bowers. Infine – per chiudere questo cerchio di analisi sinfonica aderente allo Champagne Krug – l’intera orchestra divampa tra gli acuti, i bassi e le progressioni ritmiche della Grande Cuvée 162ème Edition: un vino movimentato dal tuonante crescendo gustativo, che Olivier riconduce al finale pirotecnico e multicolor dei fuochi d’artificio in festa, matchandolo alla traccia elettronica e variopinta eseguita in veste sartoriale dal gruppo Grand Soleil.
E in un rincorrersi ciclico/concettuale tra orchestre e solisti, proprio la cucina da solista di Tommaso Tonioni va a tessere ulteriori abbinamenti, questa volta gastronomici, con l’orchestra enologica racchiusa nell’ultima edizione della Grande Cuvée. Un menu musicato su misura dal cuciniere di Achilli, che esibisce in chiave limpida tutta la sua indole stilistica punk-rock armonizzata a scultoree fondamenta culturali legate alle antiche ricette/tradizioni della Città Eterna.
Quasi più un processo da storico che da cuoco-musicista, riprodotto in esercizi straight e robusti, ma sempre argutamente equilibrati nel duetto palatale con la bolla dello Champagne. Dall’atavica e drogosa pagnotta agreste di Panis rusticus (derivato da fermentazione di cereali e legumi), spalmato con olio d’oliva montato e semi di lino; allo snack simil pintxo di Lumache, acciughe, sottaceti e ruta impilati in uno stecco per un proto-aperitivo romanesco d’atletica bontà.
Poi la coraggiosa Ptisana d’orzo risottato con pisello nano e brodo di radici la cui dialettica terrosa, emolliente e attraversata da venature acide, riesce a inanellare un dialogo acceso con la tempra del calice. L’ormai signature-dish Raviolo Melitta ripieno di formaggio blu del lago, in brodo di cera d’api, plasma lo scambio più appassionato e melodico con la Cuvée: le tonalità terziarie e lattiche della farcia, livellate dall’aromaticità impalpabile dell’infuso, pennellano una caleidoscopica jam cibo-vino.
La polposa Coda d’astice maturata nel lievito madre, con cozze e profumo di pecora, sfida la bollicina altisonante di Krug con un assolo salmastro terra-mare di rara complessità papillare, senza lasciar decretare vinti o vincitori assoluti. Si gode alla grande e basta. Mentre il conclusivo Savillum (dessert rispolverato da ricettari arcaici) genera affinità sottili con l’emisfero dolce/acido dello Champagne, grazie alla sua guisa tonifica e zuccherina di cheesecake alla ricotta con semi di papavero e profumatissimo miele d’erica. Un brillante concerto enogastronomico che spinge a gridare un sonoro “Grazie Krug” dal bordo palco. E non solo per la presentazione di una perla d’eleganza enologica quale il Clos du Mesnil, ma proprio perché in un periodo storico privato della gioia sociale dei concerti live, la verve creativa di questa leggendaria Maison continua a regalarci momenti per sognare quelle dimensioni musicali: nel bicchiere e ora anche a tavola.