Testo di Gualtiero Spotti
Foto di Archivio Gualtiero Spotti e Cook_
Una sola domanda. Rivolta a una serie di cuochi sparsi in giro per il mondo tramite un semplice messaggio vocale trasmesso su Whatsapp, dal Perù alla Thailandia, da Copenaghen a Mosca, e lanciata anche a molti italiani, per capire quale è stato il momento più importante che ha cambiato la loro vita professionale. Con risposte che hanno messo d’accordo molti (l’incontro con Gualtiero Marchesi ricorre in più casi tra i cuochi di casa nostra, così come quello con Redzepi al Noma), ma dove non mancano sessioni di yoga, viaggi intercontinentali, ricordi familiari e curiosità sparse. Per noi è stato, oltretutto, un modo per riallacciare i nodi di vecchie conoscenze, di relazioni a volte troppo lontane geograficamente parlando, e, se vogliamo, anche un segnale di speranza per il futuro prossimo in attesa che il mondo della ristorazione possa tornare al normale corso quotidiano cui eravamo abituati fino a poco più di un anno fa. Ecco le risposte, distribuite in tre puntate. Con un doveroso ringraziamento a Greta Contardo che ha offerto un sostanziale contributo traducendo dall’inglese le risposte dei cuochi internazionali.
Nicola Fanetti – Brace – Copenhagen
“In realtà le fasi importanti di svolta per la mia carriera sono state due. La prima quando ho varcato le porte del Noma, perché fino ad allora ero stato solo in ristoranti classici, mentre da Redzepi ho vissuto una nuova cultura gastronomica, un nuovo modo di approcciarsi alle materie prime, al lavoro in cucina. E questo ha influito molto sul mio stile attuale. Poi l’altro momento è stato senza ombra di dubbio l’apertura del mio ristorante Brace, con una nuova consapevolezza e la definizione pratica delle molte idee sviluppate nel tempo”.
Lucia De Prai – Duo Restaurant – Chiavari
“È stato quando io e Marco (Primiceri) abbiamo smesso di lavorare per gli altri e abbiamo investito su noi stessi. Tutto è cominciato con la ricerca del locale e ci ha dato modo di intendere la professione non solo come lavoro in cucina ma anche come tutto ciò che è accoglienza. Ci ha permesso di esprimere al 100% la nostra identità, nel creare insieme piatti oppure nell’andare a visitare le aziende che ci riforniscono al ristorante, formando una rete con gli artigiani”.
Massimiliano Alajmo – Alajmo – Padova
“Una presa di coscienza forte, di un certo tipo di ristorazione, Raffaele ed io l’abbiamo vissuta in quel famoso viaggio gastronomico raccontato bene nel nostro libro Ingredienti, durante il quale abbiamo speso tutte le nostre paghette tra il ristorante di Paul Bocuse, l’Espadon a Parigi e il Buerehiesel a Strasburgo. In quel tour abbiamo capito che esisteva un tipo di ristorazione molto interessante. Però non posso non ricordare, visto che il nostro mondo è fatto di incontri speciali, quello con Gianni Frasi della Torrefazione Giamaica, che ci ha aperto al suo mondo, alla sua genialità e ci fatto cogliere quelle che sono letture molto profonde, condivise pienamente”.
Rodolfo Guzman – Boragò – Santiago del Cile
“Il momento più importante, più stimolante e significativo della mia carriera – per fortuna – è ancora in corso. È stato aprire il mio ristorante Borago e capire tutto quello che significa”.
Garima Arora – Gaa – Bangkok
“Penso che il momento che ha plasmato di più la mia carriera sia probabilmente in corso, dovrei dire non solo per me, probabilmente per molti altri miei colleghi là fuori, quest’ultimo anno passato ha cambiato e sta continuamente cambiando il modo in cui percepiamo questo settore, come gestiamo il nostro business, come misuriamo il successo, come trattiamo i nostri ospiti. Penso che alla fine di questa pandemia ci troveremo di fronte a un modo molto diverso di gestire le attività di ristorazione, credo che questo sia stato un risveglio per tutti, per capire le priorità, specialmente quando si sta cercando di mantenere in vita qualcosa senza avere indicazioni chiare di ciò che sarà il futuro. Penso che nulla formi una persona o un essere umano più di questo. Abbiamo avuto a che fare con la pandemia per un anno e Dio solo sa per quanto tempo ancora dovremo affrontarla. Questo è quello che mi sta plasmando di più, che mi sta cambiando di più, che ha già avuto e continuerà ad avere l’effetto più profondo di cambiamento su come faccio affari, come cucino e come penso al successo”.
Heinz Beck – La Pergola – Roma
“Il mio momento chiave è stato quando sono arrivato a Roma e mi sono dovuto confrontare con una nuova cultura gastronomica, ripensando a tutto il lavoro e a tutti gli studi fatti prima, da abbinare, poi, a un lavoro in stile mediterraneo. Ma c’è anche un secondo momento importante: quando ho iniziato a interessarmi, vent’anni fa, alla medicina e a tutta l’influenza che l’alimentazione ha sul nostro organismo”.
Francesca Parazzi – Marchal – Copenhagen
“È stato muovermi a Copenhagen, perché mi ha aperto un mondo, quello della cucina nordica. Mi ha permesso di riscoprire molti ingredienti e nuove tecniche culinarie che posso riutilizzare e reinterpretare nella cucina italiana. Infatti il mio sogno è ritornare in Italia fra uno o due anni e aprire un mio ristorante”
Angelo Sabatelli – Sabatelli – Putignano
“Io ne ho tre di momenti importanti. Il primo è stato quando facevo il militare a Castelmaggiore, perché sino ad allora avevo lavorato in ristoranti piuttosto comuni. Poi un giorno, uscito dalla caserma, una rivista attirò la mia attenzione nella vetrina di un’edicola. Era Grand Gourmet e c’era un articolo dedicato a Gualtiero Marchesi. Leggendolo capii subito che noi cuochi potevamo fare altro, non solo cucina di tradizione, ma molto di più. La seconda volta è stato quando presi la stella a Roma a soli ventitré anni. Quella mi ha portato a girare il mondo, mi ha aperto tante porte all’estero e mi ha condotto verso un percorso molto diverso. E infine l’aver preso la stella a casa mia in Puglia, perché da una cucina magari un po’ accondiscendente nei confronti dei gusti della clientela locale abbiamo iniziato a fare quello che volevamo con maggiore libertà”.
Filipe Carvalho – 50 seconds by Berasategui – Lisbona
“Il momento più importante che ha cambiato il modo in cui vedevo la cucina è stato quando ho visto e vissuto e ho lavorato in una cucina diversa da quella che ho sempre conosciuto. M ha aperto la mente a un nuovo mondo e a una nuova creatività”.
Oliver Piras – Carpaccio dell’Hotel Royal Monceau – Parigi
“Non ho dubbi. Per me è stato il periodo di stage trascorso al Noma, all’interno di una cucina completamente diversa da quelle che avevo frequentato in precedenza”.
Alessandra Del Favero – Carpaccio dell’Hotel Royal Monceau – Parigi
“Sicuramente è stata l’apertura di Aga. Un’esperienza unica sotto tutti i punti di vista, soprattutto per la responsabilità che comporta aprire una realtà in campo ristorativo a 25 anni”
Fatih Tutak – Ristorante Turk a Istanbul
“È successo a Bangkok. Ho cucinato una modern asian cuisine per molti anni perché vivere in Asia ha cambiato la mia visione culinaria. Dopo molti anni, ho capito che dovevo fare qualcosa per la cucina turca, per la mia eredità, perché come chef lavori molti anni “sotto diversi chef, impari tante cose, tecniche e visiti un sacco di Paesi. Impari tanto e alla fine devi trovare il tuo stile, sviluppare la tua identità culinaria. Questo è successo a me: ho realizzato che sono turco, che non ci sono molti chef turchi al mondo e ho iniziato a ricercare e sviluppare la cucina turca che è solo tradizionale e poco nota. Il mio momento è stato prendere la decisione di radicale di iniziare a lavorare per la cucina turca, di trasferirmi a Istanbul e di realizzarmi con il cuore”.
Pasquale Laera – Borgo Sant’Anna – Monforte d’Alba
“Sono nato in una famiglia di contadini, dove si è sempre mangiato bene e sano. Questa è stata la mia grande fortuna, anche a livello di palato. Poi, una cosa che sentivo, sin dai tempi del liceo classico, era che anche con la cucina si può fare cultura, ad esempio scoprendo quale fosse l’alimentazione di diverse civiltà. Infine, mi ha sempre stimolato il fatto che la nostra professione porta a una gratificazione immediata, quotidiana, in grado di dare molti stimoli”.
Remo Capitaneo
“L’evento chiave è avvenuto quando lavoravo al Quisisana a Capri. Ho ricevuto la chiamata da Andrea Berton per andare lavorare al Trussardi alla Scala a Milano”
Karime Lopez – Gucci Osteria – Firenze
“Il momento che ha cambiato tutto è stato quando mi hanno dato il primo lavoro, da Santi Santamaria. Dopo sei mesi di stage, Santi mi ha offerto di restare nel suo ristorante e ho capito che avevo grandi responsabilità, in un posto che mi piaceva e dove ho imparato moltissimo. Partendo da lì tante cose hanno iniziato ad avere un senso per me in questo viaggio nella cucina”.
Valentino Cassanelli – Lux Lucis – Forte dei Marmi
“Non c’è stato un vero momento di cambiamento, ma un percorso affrontato nel tempo. Però ci sono molti aneddoti significativi. Uno riguarda il mio passaggio a Londra in un ristorante italiano a Mayfair. Ero giovane e mi divertivo un sacco, in una brigata molto affollata lavorando tra materie prime ricercate dove mi divertivo e imparavo moltissimo. Però notavo la freddezza nel servizio, con piatti bellissimi, gustosi, ma allo stesso tempo tutta una grande preparazione senza personalizzazione e cura per il cliente. In pratica si vendeva un prodotto senza molto cuore. Così in quel momento ho capito l’importanza di trasmettere la parte emozionale, di ricerca, con l’obbiettivo di consegnarla, infine, al cliente”.
Michael Vrijmoed – Ristorante Vrijmoed – Gand
“Il momento in cui ho realizzato di amare il mio lavoro. Stavo lavorando in un ristorante tristellato, ero circondato da persone appassionate e motivate, e questo è stato il momento in cui mi sono detto: ok la passione ce l’ho, aprirò il mio ristorante. Un altro momento molto importante è stato quando eravamo busy con il ristorante, non eravamo troppe persone in cucina e abbiamo dovuto ripensare i piatti mettendo solo gli elementi essenziali. Realizzare di tornare indietro alle basi del gusto, pensare ai nostri sentimenti. Il progresso
Albeto Gipponi – Dina – Gussago
“Più di un momento a dire il vero. La prima volta che ho mangiato in un grande ristorante, il 18 febbraio 2001 al Miramonti l’Altro, con un grande effetto wow, e poi il 9 aprile 2016 all’Osteria Francescana dove ho pensato che quello che avevo in testa poteva davvero succedere. Poi l’apertura di Dina nel 2017 e infine con il lockdown, che si è risolto nella spinta per analizzare quella che è l’accoglienza, l’italianità, la tecnica, la percezione di bello e di buono. È stato un momento nel quale le domande e le risposte hanno preso una connotazione chiara rendendomi ciò che sono oggi e, mi auguro, facendomi crescere per il domani”.
José Avillez “Il momento che ha cambiato la mia vita? Il mio tirocinio a El Bulli. Ha cambiato il mio modo di guardare alla gastronomia e ha cambiato la mia vita professionale”.
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