Testo di Letizia Gobio Casali
Foto di Elodie Cavallaro cortesia di Studio Savarin
Giulia Brighenti e Marco Belforti, 28 e 37 anni, sono rispettivamente l’art director e il fondatore di Studio Savarin, società di consulenza basata a Modena che si occupa di strategie di posizionamento per i propri clienti. Lei vanta un passato nella moda e nell’organizzazione di eventi; lui una carriera nelle pubbliche relazioni a Bruxelles. Per presentare Studio Savarin, lo scorso maggio Giulia e Marco hanno organizzato un evento, riservato a 25 donne attive in ambiti diversi, dal cibo ai prodotti di consumo alla ceramica, con l’obiettivo di mostrare come si possano intersecare più linguaggi attorno a cibo e alla tradizione: dal design alla moda alla fotografia. La serata si è svolta, non a caso, da Oreste, il ristorante di Modena celebre per i suoi arredi firmati (da Cassina e da Giò Ponti, tra gli altri), ma l’allestimento ha previsto anche che ogni portata in tavola avesse un “doppio iconografico” (si trattasse di un richiamo cromatico o di una somiglianza formale) immortalato in una fotografia.
La creazione del book concept è stata curata dall’agenzia Discromie, il progetto editoriale e le fotografie sono state realizzate da Elodie Cavallaro, lo styling è stato di Elena Luttichau, mentre il video è stato opera di Sara Fabbiani e l’illustrazione di Luca Scacchetti. Ogni portata del menu è stata abbinata anche una compilation di jazz live eseguita dal Maestro Lucio Bruni, per accrescere la portata esperienziale di questa cena tra donne, quale un “assaggio” della mixité e della trasversalità volutamente perseguita dai due giovani imprenditori. “Un’esperienza immersiva, nella quale l’integrazione della moda alla ricca tradizione enogastronomica dell’Emilia-Romagna possano essere in grado di costruire fra loro un dialogo, una nuova via per potersi presentare, raccontare e posizionare, per merito di possibilità estetiche e interpretative capaci di suscitare nelle destinatarie sensazioni profonde” spiegano. “La fusione tra forme, texture e tessuti nei capi d’abbigliamento riflette infatti la ricchezza e la complessità delle creazioni culinarie: i dettagli dei tessuti si uniscono alle sfumature dei piatti emiliani, provando a stimolare le nostre invitate ad andare oltre e a osservare, godere e degustare, da un punto di vista inedito. Il gioco di trasparenze, morbidezze e strutture degli abiti celebra l’unicità e la bellezza del corpo della donna, autentica e senza tempo, proprio come le materie prime di alta qualità utilizzate in cucina”. A tutte le partecipanti è stato dato un cadeau: una busta in seta contenente le riproduzioni del progetto fotografico, il menu e la genesi del Savarin.
Abbiamo quindi chiesto: “Come nasce Studio Savarin?” E Marco ci ha risposto così: “Savarin nasce per mia antica passione per il cibo e dall’idea di costruire sul territorio modenese ed emiliano qualcosa di nuovo, che condensi in questa provincia qualcosa di nato altrove. In questo senso la mia esperienza a Bruxelles e l’abitudine di Giulia a organizzare eventi trasversali rappresentano un vantaggio competitivo rispetto a quello che già si trova in zona. Il nome nasce da un’attenta ricerca che ha condotto alla storica trattoria dei Cantarelli nella bassa parmemse in cui la signora Mirella inventò un piatto leggendario: il savarin di riso. Era un omaggio al gastronomo Jean Anthelme Brillat-Savarin, realizzato rielaborando un magnifico dolce francese con ingredienti emiliani. Di qui il nostro proposito di fare come lei e reinventare – con ingredienti locali, con le tradizioni e i concetti di qui – un mix inedito, con un linguaggio internazionale. Ma la specificità sta anche nell’approccio”.
Ovvero? “Tante agenzie di comunicazione adattano un format preimpostato alle aziende, noi invece creiamo con loro un’attività ad hoc e questo non vale solo nella promozione di un prodotto o di un’azienda. Organizziamo anche eventi di team building, di cui uno a novembre nelle Langhe per un grande studio legale, o creiamo itinerari per le aziende e il loro ospiti. Per questo motivo, dovunque si vada, abbiamo un elenco di indirizzi fidati da proporre ai clienti per esaudire le loro richieste. Ci occupiamo ovviamente anche di cibo, dato il territorio. Il cibo è un modo di condividere e quasi sempre i ricordi felici sono legati a un piatto, ma noi proviamo a farvi accostare le persone in maniera pensata, che fa la differenza”.
Non a caso su Instagram lei ha un profilo dal nome significativo: Stèr Bèin, star bene.
“Ora Giulia e io stiamo lavorando anche su quella che finora è stata una pagina “casalinga”. Il film su Ferrari ha aumentato il turismo gastronomico a Modena e Bottura attira visitatori da ogni parte del mondo, ma la cucina tradizionale ha bisogno di essere comunque preservata. L’arrivo di tante realtà omologate, catene di catene che propongono le stesse cose dovunque, non solo qui, ha fatto sparire una fascia media di locali: ci sono o gli epigoni di Bottura o le pizzerie. Noi siamo qui per raccontare che è possibile fare tesoro del passato senza chiudersi al contemporaneo. E farlo magari usando insieme più linguaggi, partendo da Modena per comunicare al resto del mondo”.
Scopri di più: www.studiosavarin.com