Testo di Luca Martinelli
In un libro per Slow Food Editore, Carlo Catani e Carlo Petrini offrono ai consumatori nuovi strumenti per superare e allargare il concetto di “chilometro zero”, aggiornando e approfondendo la definizione di cibo buono, pulito e giusto
Sono passati quindici anni da quando Coldiretti Veneto ha inventato l’idea di “chilometro zero”, rivolto in particolare ai menu proposti da coloro che trasformano materie prime locali e stagionali. Due anni prima, nel 2005, Carlo Petrini aveva pubblicato per Slow Food Editore il libro-manifesto Buono, pulito e giusto, che – forte dell’esperienza di Terra Madre – ci ha regalato una visione del mondo che ha rovesciato gli stereotipi sul cibo, l’ambiente, la natura, l’agricoltura.
Alla fine di quest’estate 2022, mentre gli effetti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura e la speculazione finanziaria sui combustibili fossili legata alla guerra in corso tra Russia e Ucraina mettono in discussione tante certezze, lo stesso Petrini – gastronomo militante da oltre trent’anni, fondatore di Slow Food – ha pubblicato insieme a Carlo Catani (già direttore e oggi docente dell’Università di Scienza Gastronomiche di Pollenzo): Il chilometro consapevole(240 pagine, 14,50 euro, Slow Food Editore). È il testo che finalmente ci permette di andare oltre il chilometro zero, concetto molto accattivante e di innegabile successo che in alcuni casi non offre al consumatore la certezza che ciò che acquistiamo all’interno di un’azienda agricola o al mercato contadino sia davvero cibo “buono, pulito e giusto”.
Catani e Petrini nel libro provano a “misurare” la reale sostenibilità di un prodotto a 360 gradi, ossia tenendo conto degli aspetti ambientali, ma anche di quelli sociali, oltre che dei (sempre più) fondamentali temi legati all’energia e al marketing. Ho letto Il chilometro consapevole come una sorta di manuale, costruito ospitando anche gli interventi di una ventina di esperti, con l’obiettivo di dare la possibilità di esaminare i costi effettivi dei nostri acquisti, ma anche delle nostre azioni, come primo passo per creare un legame tra produttori, trasformatori, venditori e, non ultimo, i consumatori, definiti da Petrini “co-produttori”.
Catani spiega che chilometro e consapevole sono probabilmente parole sovrautilizzate nel parlare di tematiche legate alla sostenibilità, ma il loro etimo offre agli autori la possibilità di accostarle per esprimere l’evoluzione del pensiero e delle pratiche sostenibili. Il chilometro è naturalmente un’unità di misura di lunghezza e, in questo contesto, porta alla immediata correlazione con la distanza tra luoghi di produzione e di consumo e la sostenibilità ambientale. Il tema della consapevolezza include invece, per definizione, quello della coscienza, ovvero la cognizione che ciascuno di noi ha di sé stesso e con sé stesso in rapporto al mondo che lo circonda.
In questo senso, il concetto di chilometro consapevole intende rappresentare un’idea complementare ed evolutiva in rapporto al km zero, al km vero e al km libero e si pone così l’obiettivo di analizzare anche la qualità del prodotto e della produzione, la valutazione delle materie prime per quanto riguarda i trasformati e l’analisi dei costi da un punto di vista economico e ambientale; elementi in grado di completare e rendere più efficace ogni valutazione delle distanze percorse dai prodotti, dei mezzi di trasporto utilizzati e delle emissioni legate agli spostamenti.
Il libro funziona davvero come un manuale: fruibile e immediato, grazie all’individuazione di indicatori rivelatori, utili ad aumentare il nostro livello di consapevolezza (dal packaging e le etichette al prezzo, senza dimenticare la nostra salute e i valori energetici della produzione) ed è arricchito da 29 interventi e contributi, firmati da ricercatori, scienziati, attivisti e (anche) chef. Tra i più efficaci o interessanti, forse perché misurano la distanza tra la realtà che viviamo e una spesa consapevole, quelli dedicati alla dimensione della sostenibilità negli allevamenti (e quindi più in generale alle nostre diete piene di carne) e al legame tra marketing e packaging, perché spiega come un uso quanto meno fuorviante della comunicazione non è quasi mai al servizio del chilometro consapevole.
Tra gli chef che portano la propria testimonianza ci sono Marco Ambrosino di 28 posti a Milano, uno dei protagonisti di Cook_inc. 29, l’argentino Mauro Colagreco del Mirazur, in Costa Azzurra, raccontato su Cook_inc. 32, e Juri Chiotti, che abbiamo seguito passo per passo nel cantiere che ha portato alla nascita del nuovo Reis-cibo libero di montagna, il suo ristorante agricolo in Val Varaita.
Del resto, come spiega Slow Food, “il fine [di questo libro] è creare un’alleanza virtuosa tra coloro che producono e coloro che selezionano i prodotti, per la vendita o la trasformazione, fino alle nostre tavole. Per una consapevolezza che coinvolga tutta la filiera, consentendo di effettuare scelte in linea con le proprie idee e, di conseguenza, di saldare un’alleanza di reciproca fiducia”. Un atteggiamento necessario, fondamentale, ma tutt’altro che serioso o frustrante, come insegnano le cucine di Ambrosino, Colagreco e Chiotti e come spiega Carlo Petrini in un’introduzione che chiarisce a tutti perché questo libro ci interessa così tanto. “Per gli scettici che potrebbero etichettarci come persone noiose, o che si fanno pensieri inutili rispetto a un semplice gesto quale è il mangiare, concludo dicendo che la forza del nostro pensiero sta nel fatto che una maggior consapevolezza rispetto al buono, pulito e giusto non coincide con un approccio serioso e insipido al mangiare, tutt’altro. Anzi il piacere, sconfinano della sfera sensoriale e contaminando la nostra coscienza ambientale e sociale, aumenta e si amplifica”.