Testo di Gualtiero Spotti
Foto cortesia di Le Meurice
Non deve essere cosa semplice, per un’istituzione parigina come Le Meurice, offrire spunti nuovi nella ristorazione e dare segnali di rinnovamento, ricordando soprattutto chi è passato da queste parti nel recente passato (basterebbe il nome altisonante di Yannick Alleno) e chi oggi cura i menu del ristorante (un certo Alain Ducasse…), le cui finestre si affacciano sulla sfavillante Rue de Rivoli.
Eppure, è esattamente quello che sta accadendo grazie a un team, di cucina e di sala, giovane, affiatato e perfettamente in linea con il tenore e l’eleganza che il luogo richiedono, uniti a uno spirito più contemporaneo e consono a una clientela certo meno ingessata di un tempo. Una impostazione che si vede anche in alcuni dettagli del menu, come il fatto che buona parte di piatti possono, all’occorrenza, essere facilmente declinati in chiave vegetale, oppure nell’accettare di buon grado che l’ospite possa accomodarsi al tavolo in una veste più casual, senza giacca o cravatta.
Ma andiamo per ordine e diciamo che l’executive chef è il poco più che trentenne Amaury Bouhours, ducassiano di ferro sin dai diciotto anni di età, che dopo gli studi alla Soissons Hospitality School ha iniziato una lunga trafila formativa destinata a portarlo prima al Louis XV a Montecarlo e in seguito al Plaza Athénée di Parigi, dove si ferma per ben 6 anni lavorando con Christophe Moret, Christophe Santaigne e Romain Meder. Poi, c’è la parentesi da Lasserre, altro nome mitico delle Ville Lumiere, e, a seguire, nel 2016, l’arrivo a Le Meurice sotto l’ala protettiva di Jocelyn Herland. Infine, per chiudere il cerchio, a partire dal giugno del 2020 Alain Ducasse lo premia con la meritata guida del ristorante gastronomico a sua firma, oggi bi-stellato.
Inutile dire che il menu ricalca un buon senso legato alla classicità d’oltralpe, segue obbligatoriamente i canoni della stagionalità in tavola e rivela i buoni prodotti di Francia, con in primo piano le capesante della Normandia, il San Pietro bretone o le delicate carni del pollo di Culoiseau, allevato nelle campagne tra Chartres e Le Mans, ma l’aspetto più intrigante delle preparazioni risiede quasi sempre nel calibrato twist che determina di volta in volta ogni piatto. Lo yogurt affumicato, le insalate che conferiscono note amaricanti, ma anche il lardo di Colonnata, il caffè o il citrico utilizzato per i pesci; mentre le carni richiedono maggior incisività, con l’aglio nero o il luppolo in evidenza. E non sono da meno gli incroci terra/mare di pregevole fattura, come il cervo con la seppia, o l’astice blu con midollo, giusto per fare due esempi.
Amaury mette in campo una notevole personalità grazie a una serie di esercizi di stile da gustare sulla distanza di tre o cinque piatti, cui aggiungere il dessert che qui è firmato dl celebratissimo Cedric Grolet, ormai da tempo uno dei protagonisti della pasticceria moderna, anche mediatica e con non pochi epigoni. Il resto lo fa una sala impeccabile come poche volte capita di incrociare, con, a voler essere proprio pignoli, qualche margine di miglioramento nel racconto dei vini e delle loro caratteristiche, a volte un po’ stringato.
Lodevole infine l’attenzione riposta anche qui, in cucina come in albergo, nel nuovo corso di Teritoria, la community di ospitalità e buon cibo guidata da Alain Ducasse (è l’ex Les Collectionneurs, che ha cambiato nome e a cui Le Meurice aderisce con rinnovato entusiasmo), impegnata a sostenere l’agricoltura locale con la consapevolezza di chi, oltre a volersi prender cura degli ospiti, ha a cuore la biodiversità, ed evita gli sprechi di energia e acqua.
Le Meurice Alain Ducasse
228, Rue de Rivoli
75001 Parigi – Francia
Tel. + 33 144581055
www.dorchestercollection.com