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Reportage
cucina libera, fluida e creativa
Non binary culinary identity

A Lima nel quartiere di Barranco, Jean Luis Martínez, nei suoi locali Mérito, Clon e Demo celebra la sua doppia identità venezuelano peruviana in una cucina libera, fluida e creativa.

Testo di
Lydia Itoi
Direzione Creativa di
Astro Studio
Da Cook_inc N. 39
Non binary culinary identity
15 minuti

A pensarci bene, scegliere un ristorante in una nuova città è molto simile a un appuntamento al buio. Le descrizioni dei ristoranti assomigliano ai profili delle app per appuntamenti: innaturalmente brevi, pimpanti e che cercano di sedurre un po’ troppo gli sconosciuti. Entrambe suonano inevitabilmente banali e riduttive, indipendentemente da ciò che stanno descrivendo.

Prendiamo il profilo del ristorante Mérito. Secondo la menzione de The World’s 50 Best Restaurants (attualmente si trova al 55° posto nella lista mondiale e al 13° posto nella lista del 2023 dei 50 migliori ristoranti dell’America Latina): “Mérito è uno dei preferiti della già fiorente scena gastronomica di Lima, dove lo chef venezuelano Juan Luis Martínez combina le sue radici con le influenze peruviane”. Come vi sembra? Eccitante o no? Dipende da quanto l’idea del cibo fusion o della classifica dei ristoranti possa essere eccitante o scatenante. Poi c’è la telefonata della direttrice della rivista culinaria che state leggendo: “Oh, ma vai a Lima? Dovresti conoscere questo cuoco fantastico, Juan Luis Martínez. È un genio, lo adorerai. Vi organizzo un incontro…”.

Juan Luis si è presentato subito per un’intervista, anche con poco preavviso, e ci siamo dati appuntamento per un caffè a Demo, la sua artistica caffetteria.

Demo è nato come servizio di consegna a domicilio durante la pandemia di Covid-19, inviando al pubblico chiuso in casa assaggi di comfort food preparati con la stessa cura del prodotto, tipica del ristorante Mérito. Ora, a pochi isolati da Mérito, nel quartiere bohémien di Barranco a Lima, Demo si è trasformato in un bar/bistrot aperto tutto il giorno che serve viennoiserie e panini francesi artigianali insieme a tequeños (panini fritti ripieni di formaggio) e cachapas (frittelle di mais dolci/salate), dei classici venezuelani portati a un altro livello. A differenza del 99% degli appuntamenti al buio, sia Juan Luis che la colazione superano le aspettative. È difficile dire quale sia l’esecuzione più bella, se la sua pasta sfoglia perfettamente stratificata o il suo taglio di capelli da star del cinema.

Posto
Mondo/Perù/Lima
Demo

Ma Juan Luis, si scopre, è anche estremamente timido e all’inizio la conversazione procede a rilento, mentre cerchiamo goffamente qualcosa di cui parlare. È chiaro che preferisce lasciare che il suo lavoro parli per lui. Per fortuna ha portato con sé la moglie Michelle e i due adorabili figli piccoli. Personalmente sono entusiasta di vedere uno chef che dà priorità alla famiglia. Con il simpatico ragazzo – uno dei figli, che ha circa l’età di mia figlia – parlo facilmente di calcio perché indossa la stessa maglia rosa di Messi che mia figlia adora. La loro figlia di due anni, invece, è ossessionata dai granchi, così le mostro alcuni video dei granchi rossi Sally Lightfoot, che sfrecciano comicamente sulle rocce nere delle isole Galapagos. Lei guarda affascinata, con la solenne concentrazione dell’infanzia.

Il ghiaccio si rompe, finalmente, quando prendo in mano l’austera tazza da caffè in ceramica e lascio che i miei occhi si godano le curve splendidamente proporzionate e sentano il suo dolce calore e il peso nel mio palmo. È semplice e piccola, ma ha un’anima. Juan Luis segue il mio sguardo e capisco subito che è un amante della ceramica e del design, oltre che un probabile fanatico del caffè. In effetti, mi confida, una volta aveva preso in considerazione l’idea di passare al tornio prima di scegliere la cucina, alla relativamente tarda età di 27 anni.

Oggetti e spazi hanno il potere di connettere, di attrarre, di stimolare la creatività.

Spiega che la tazza originale è stata una delle ispirazioni per il design di Demo e che la sua partner, la designer Michelle Sikic di Astro Studio, ha curato gli interni sia di Demo che di Clon, il ristorante gemello di Mérito di recente apertura (2023). Nell’universo estetico di Juan Luis, tutto sta nei dettagli. Juan Luis ha conosciuto Michelle quando stava cercando qualcuno che disegnasse una tasca portaconto in pelle per Mérito e da lì è iniziata la loro storia. 

Nei giorni successivi, mentre esploravamo i suoi locali di Barranco in rapida espansione, spesso passava la mano su uno sgabello da bar in legno, recuperato e rivestito in pelle color burro, o toccava un paralume realizzato con un menu arrotolato e mormorava: “Questo l’ha disegnato Michelle”. Come un talismano, tiene in tasca un piccolo ma impeccabile portafoglio in pelle fatto da lei per lui.

Juan Luis forse non parla molto, ma tutto nei suoi tre ristoranti racconta una storia che rivela il modo in cui si relazionano tra loro e con i clienti, non solo attraverso il cibo, ma anche attraverso l’ambiente che hanno creato. Persino le pareti in adobe di 150 anni fa e i pavimenti in piastrelle crepate parlano a chi sa ascoltarle. È un lavoro d’amore congiunto attraverso gli strati del tempo.

Prima che potessi fermarmi, mi è scappata la terribile e banale domanda, proprio quando la conversazione sembrava finalmente andare bene. Per chiunque sia emigrato a una distanza significativa dal codice postale di nascita, soprattutto tra persone che non condividono la lingua, il colore della pelle o il cibo, questa domanda può suscitare sentimenti complicati.

Ma Juan Luis risponde “sono venezuelano” senza esitare. Essendo io stessa migrante da sempre – che ha vissuto in 6 Paesi dall’età di 3 anni – invidio la sua chiarezza. Una volta attraversato il confine, è facile perdere di vista il proprio posto. È anche facile classificare Mérito come “fusion venezuelano-peruviano”, poiché Juan Luis è, dopo tutto, venezuelano e vive in Perù dal 2014, quando è venuto a lavorare al ristorante Central. A causa della crisi economica e politica in atto nel loro Paese d’origine, il numero di immigrati venezuelani in Perù è cresciuto nell’ultimo decennio fino a raggiungere circa 1,5 milioni di persone, per cui la nascita di una cucina venezuelano-peruviana sembra un risultato abbastanza naturale. Sin dallo sbarco degli spagnoli nel XVI secolo, il Perù ha visto ondate di immigrati provenienti dall’Asia, dall’Europa e dall’Africa. Nel corso del tempo, il Perù ha incorporato con successo le loro abitudini alimentari nell’enorme dispensa di ingredienti endemici, creando una delle cucine più dinamiche del mondo. “Il Venezuela è la quinta ondata di fusion peruviana”, dichiara l’autorevole giornalista gastronomico Ignacio Medina, stabilito a Lima e di origini spagnole, conferendo all’argomento la sua considerevole gravitas.

Ma incasellare la cucina di Mérito e dei suoi satelliti, Clon e Demo, semplicemente come “fusion venezuelana-peruviana” significa cadere in un’interpretazione troppo essenzialista. Anche questa nomenclatura binomiale dà la falsa soddisfazione linneana (da Carlo Linneo, botanico e naturalista svedese, padre della moderna classificazione scientifica, ndr) di aver incollato un’etichetta su un ristorante che sfida attivamente l’etichettatura. Inoltre, dipinge un’immagine troppo solare e felice del processo spesso disordinato di integrazione culturale e di costruzione dell’identità.

È un momento problematico per identificarsi come venezuelani in Perù. I peruviani, dapprima comprensivi nei confronti della situazione dei loro vicini in quanto essi stessi hanno attraversato periodi di sconvolgimento, sono diventati meno accoglienti man mano che la crisi si trasformava nella più grande migrazione di rifugiati nella storia delle Americhe. Per ora, non se ne vede la fine. Gli onnipresenti autisti venezuelani di Uber in Perù, le cui auto sono ancora vivacemente dipinte con slogan anti-Maduro, sono sconfortati dai risultati delle elezioni del 28 luglio 2024. Presto ci sarà un altro grande afflusso di autisti Uber venezuelani nelle strade di Lima.

L’Encuesta Nacional de Hogares (indagine nazionale sulle famiglie) considera, a fini statistici, ufficialmente tutti i venezuelani residenti in Perù come sfollati forzati. Degli 1,5 milioni di nuovi arrivati venezuelani, la metà vive al di sotto della soglia di povertà e solo il 12% risulta occupato nell’economia formale. In un recente articolo della rivista Saveur sui ristoranti in Perù gestiti da immigrati venezuelani, per lo più bancarelle di strada e banchi di arepa, si esprime sorpresa per i piatti “inaspettatamente raffinati” di Mérito.

Ma anche se l’ufficio statistico peruviano e l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati considerano Juan Luis un venezuelano sfollato con la forza, la sua esperienza personale non è certo rappresentativa di quella della stragrande maggioranza dei suoi compatrioti e nemmeno la sua cucina. “Ho lasciato il Venezuela non per una brutta situazione, ma per espandere i miei orizzonti e vedere cosa c’era là fuori”, dice. Ha lasciato il Venezuela nel 2011, all’inizio della fuga dei colletti bianchi e dei professionisti dalla rivoluzione bolivariana, ma è stata più che altro una coincidenza. Come molti giovani chef, ha guardato alla Spagna e alla Francia per un ulteriore sviluppo culinario. È stato fortunato perché la sua famiglia voleva e poteva sostenerlo mentre cercava la sua strada nella vita.

L’etichetta di venezuelano nasconde anche il fatto che ha trascorso una parte significativa dei suoi anni formativi fuori dal Venezuela, anche prima della sua formazione culinaria europea. Ha un bel ricordo delle estati trascorse con il nonno in Catalogna, a pescare il polpo e a girare in bicicletta lungo l’elegante spiaggia di S’Agaró. Ha frequentato il liceo e l’università negli Stati Uniti, dove ha studiato comunicazione. Anche lui appartiene a quella prima generazione di ragazzi della classe media influenzati da chef televisivi americani di grande spessore come Paul Prudhomme ed Emeril (“BAM!”) Lagasse.

Francamente, non è chiaro se un’altra etichetta binomiale, “fine dining”, si adatti a un luogo dall’atmosfera così intima e informale. Si può parlare di cucina raffinata se sei tu a comporti i tuoi “panini” seduto su sgabelli da bar accanto al pass? Ha davvero importanza?

Al Mérito, ci si accalca al “tavolo dello chef”, ovvero al bancone del piano inferiore, per condividere piatti tecnicamente e visivamente brillanti, mentre fuori suonano sirene della polizia e si sentono gli schiamazzi di giovani festaioli a bordo delle limousine. La dissonanza tra i piatti altamente eseguiti e l’atteggiamento rilassato da bohémien si perde in una felice nebbia di deliziosa soddisfazione, innaffiata da ottimi drink, alcolici e non. (Juan Luis stesso non beve). Al Mérito non c’è ancora un menu degustazione, ma mi risulta che sia in fase di studio. Anche se Clon, che si trova accanto, vuole essere il più casual dei due, l’ambiente informale e artistico urbano, le tonalità naturali tenui e il format dei piatti da condividere sono davvero un clone di Mérito. Anche il teatrino dalla strada, sirene della polizia e giovani in limousine in festa, è lo stesso. E soprattutto, lo stesso flan di Mérito, incredibilmente untuoso, è disponibile in entrambi i locali.

Posto
Mondo/Perù/Lima
Clon

Ma incasellare la cucina di Mérito e dei suoi satelliti, Clon e Demo, semplicemente come “fusion venezuelana-peruviana” significa cadere in un’interpretazione troppo essenzialista.

Questa qualità androgina deriva probabilmente dal fatto che, quando ha lasciato il Central dopo anni passati a bruciarsi nelle cucine della haute cuisine, Juan Luis pensava di aprire un’arepera moderna e soprattutto cool. Tuttavia, si è reso conto che l’energia e il design del ristorante richiedevano qualcosa di più sofisticato.

L’Arepa che serve nel menu di Mérito è così sublime che praticamente galleggia, magicamente gonfiata come un palloncino. È anche una delle cose più deliziose che abbia mai mangiato in vita mia e ne ho una gran voglia in questo momento. Si tratta di fette di pancia di maiale cotta e laccata con sachatomate (pomodori dell’albero) e fette croccanti di zapallo (zucca) e yacón (tubero andino) sott’aceto. L’idea è quella di creare una sorta di sandwich fai-da-te, spalmando la salsa di avocado alle erbe e il burro infuso con chicha de jora (nota come la birra degli incas, è una bevanda fermentata in vasi di argilla a base di mais germinato). Si tratta di un piatto molto diverso dalla tipica arepa venezuelana, che è un tortino/focaccina, delle dimensioni di un disco da hockey, di farina di mais macinata precotta e tostata sulla piastra, il cui centro gommoso viene solitamente scavato per il ripieno.

L’Arepa di Mérito potrebbe essere il manifesto della nouvelle vague della cucina fusion venezuelana-peruviana, ma è anche il prodotto della ben più complessa impollinazione incrociata che si verifica nelle cucine di oggi nell’era dei social media. L’idea dell’arepa soffiata è venuta a sua sorella, che la cucina al forno invece che nella friggitrice. Lo zapallo e lo yacón essiccati al sole sono stati ispirati dalla visione di un video su YouTube di Alain Ducasse che imparava a conoscere il kiriboshi daikon (ravanello gigante essiccato al sole) a Tokyo. L’infusione di burro con un acido ridotto è un consiglio che ha appreso da uno chef italiano quando entrambi lavoravano da Martín Berasategui al Lasarte, in Spagna.

Pesce bianco, cereali andini e radice di yacon
Lucuma, tumbo, lattuga di mare e formaggio di capra

Un altro piatto popolare è costituito dalle Pannocchie di mais grigliate, un’idea di David Chang/Momofuku diventata virale su TikTok qualche anno fa, da intingere in una salsa che da assuefazione a base di natillas (panna acida venezuelana), queso llanero grattugiato (un formaggio fresco venezuelano), chulpi (chicchi di mais dolce tostato), ají e menta huacatay che quasi sicuramente ispirerà qualcun altro.

“Cocina de autor”, l’idea di una cucina creativa e individualista di uno chef come autore, è un’etichetta flessibile che sembrerebbe descrivere al meglio ciò che accade al Mérito, purché non si cada nella fallacia di presumere che ogni piatto possa essere la pura invenzione di un creatore individuale, spuntando come Atena in tutta la sua gloria completamente formata dalla testa di Zeus. Quasi ogni piatto allude a qualcosa – condito con ricordi e impressioni – nascosto come un messaggio segreto in codice. Il collegamento tra le idee può essere tenue. Il Tortino di granchio popeye è una magistrale vetrina di ingredienti latinoamericani – il mamey e le sue foglie, la cocona, lo zapallo, il macambo, un miele agrodolce unico ottenuto da api maya senza pungiglione – ed è stato ispirato dalla tom yum, tipica zuppa thailandese. Se ne prendete un boccone e chiudete gli occhi, potreste trovarvi improvvisamente a Bangkok. Un altro piatto eccezionale, un Ceviche di pesce bianco róvalo-kiwicha racchiuso tra un croccante di quinoa e una fetta marinata di yacón, spolverata di barbabietola e tamarillo dai colori rosso e giallo: puro sapore peruviano rivestito come quadro di Rothko. Lingue di ricci di mare del Pacifico, ricche e burrose, galleggiano in una salsa a base di erbe tradizionalmente utilizzate nella pachamanca, tipica cottura sottoterra dei popoli andini. Il panipuri, il pane fritto che accompagna il Curry di pesce, ricorda a Juan Luis la consistenza gommosa dei tequeños della mensa scolastica. Mio marito, venezuelano anche lui, ride del ricordo del pranzo a scuola, anche se alcuni riferimenti venezuelani sono oscuri per lui. Una cornucopia di prodotti sudamericani come yacón, cocona, dale dale, sanki, tumba, sachatomate, cushuru e una collezione multicolore di patate e spighe decora il bancone. Oltre a essere un vivace tocco di colore, servono come utili esemplari per spiegare ingredienti sconosciuti a chi è alle prime armi come me. Dopo diverse settimane di viaggio in tutto il Paese, sono stupita dalla ricchezza e dalla varietà dei doni della natura. Sembra che tutto combatta il diabete, la pressione alta e la caduta dei capelli. Dovrei sicuramente passare più tempo qui.

Pesce del Pacifico crudo con pomodori e grano mosto
Flan al latte
Mais di Cusco bruciato

Tuttavia, sono grata a Juan Luis per non essersi presentato come l’Hiram Bingham culinario delle Ande e dell’Amazzonia, “scoprendo” nuovi ingredienti esotici che le popolazioni native conoscevano da sempre. In realtà, molti di questi ingredienti sono facilmente reperibili nei mercati locali o vengono coltivati da centinaia di anni: sono nuovi solo per gli stranieri come me. Inoltre, quando utilizza un ingrediente, non è per guadagnare punti di diversità culturale. Il suo sapore e la logica culinaria della sua presenza sono evidenti. Non fa nemmeno quel cibo “I-dare-you-to-eat-this” che i gastro-turisti postano su Instagram alla loro prima visita e non mangiano mai più. Mérito è il luogo ideale per sentirsi a casa con i sapori del continente.

Il vernacolo culturalmente eclettico di Juan Luis, governato da una devozione al principio della bellezza e del piacere, mi fa venire in mente il DiverXo di Dabiz Muñoz a Madrid, dove ha lavorato prima di andare al Central. Mi ricorda anche la prima iterazione di Saison (che abbiamo raccontato su Cook_inc. 16, ndr) a San Francisco, intorno al 2010-11, una ex stalla sgangherata nel Mission District dove un giovane Joshua Skenes ha letteralmente acceso il fuoco sulla scena gastronomica locale con ingredienti incontaminati, e spesso sconosciuti, preparati con fantasia.

Il Mérito ora sta probabilmente attirando l’attenzione internazionale, ma il vero obiettivo di Juan Luis è quello di creare un locale cool. La sua prima preoccupazione è quella di rendere il cibo abbastanza delizioso da far tornare la gente ed è impressionante il numero di clienti abituali che si fermano a salutarlo prima di accomodarsi ai loro tavoli al piano superiore.

Mentre camminiamo per le strade di Barranco tra i musicisti di strada, i bar hipster e le gallerie d’arte, visitando la nuova pizzeria che sta aiutando a lanciare e discutendo delle idee per creare uno spazio di coworking per giovani creativi legato a Demo e ad Astro Studio, posso vedere che per ora si sente a casa, nel suo elemento dopo un lungo viaggio spirituale. Per caso, Michelle passa di lì mentre stiamo passeggiando nel parco municipale di Barranco, orlato di palme e coronato da una bellissima biblioteca pubblica centenaria. Juan Luis libera rapidamente la figlia dal seggiolino per appoggiarla sulle sue spalle. Conoscere le proprie radici è importante, naturalmente, ma lo è anche trovare il proprio posto al sole e il proprio scopo nella vita.

Il ristorante si chiama Mérito non perché cerchi riconoscimenti, ma come sfida personale a un’azione significativa.

Come nella musica e nell’arte, l’espressione creativa culinaria si declina in molte sfumature e generi, non necessariamente rimanendo nelle linee ma fluendo costantemente!

Posto
Mondo/Perù/Lima
Mérito

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