Tam, Ton, Pim, Pam! Neanche ci trovassimo tra le pagine di un albo Sergio Bonelli Editore a contare il numero di sganassoni che il prode Tex Willer rifila al cattivo di turno, oppure in una delle tante scene improbabili ed esilaranti delle pellicole cinematografiche con protagonisti Bud Spencer e Terence Hill. Invece, più esoticamente, siamo dalle parti di Bangkok, in Thailandia, dove il soprannome è certamente una questione pratica, considerando l’impronunciabilità della maggior parte dei nomi locali visti, e letti, da una prospettiva occidentale. Oppure questo nickname viene utilizzato per identificare certe peculiarità della persona, che vanno dalla provenienza alla famiglia, fino ad alcune caratteristiche fisiche non sempre evidenziate con un’accezione così positiva, se si guarda al nome scelto. Per intenderci, se da un giorno all’altro venite chiamati Moo o Uan, sappiate che le traduzioni sono rispettivamente “porcellino” e “grasso”, ma sappiate anche, prima di accedere a uno spiacevole diverbio, che il thailandese non utilizza quasi mai questi termini con disprezzo o per semplice dileggio (sempre se non si è parenti o amici in una discussione sopra le righe), ma solo per identificare in maniera chiara la persona che ha di fronte. Certo è che se vi capita con frequenza e avete a cuore il vostro aspetto o la vostra salute, forse è il caso di iniziare una dieta ferrea… ma questa è un’altra storia.


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