La scelta coraggiosa e contemporanea di Mauro Colagreco di indagare la natura e le sue connessioni con l’universo, oltre a stimolare un nuovo modo di fare cucina e di costruire i propri percorsi degustazione, ha dato vita alla collaborazione con Alessandro Di Tizio. Un etnobotanico che, da bravo esploratore, con passo misurato e deciso sta introducendo interessanti novità nel processo creativo di questo tempio della ristorazione internazionale.
È il 15 marzo 2022. Finalmente piove. Niente di torrenziale, una leggera scrosciata primaverile. È poco, ma è già qualcosa dopo un inverno troppo asciutto e mite anche per una località come Mentone – in Francia, ma a pochi chilometri dal confine di Ventimiglia – che del suo clima sempre temperato ha fatto quasi un elemento di attrazione turistica. Alessandro Di Tizio di questa pioggia è felice. Fa bene alla terra e per lui la terra è tutto. Gli interessano le sponde dei sentieri. Di tutti i sentieri, ma oggi in modo particolare quelli che dal centro di Gorbio – una piccola località dell’entroterra a pochi chilometri da Mentone – conducono verso i boschi e i prati circostanti, ricchissimi di erbe, piante e fiori che ogni giorno raccoglie per la cucina del ristorante Mirazur. Il periodo dell’anno è florido: rimangono ancora le violette di fine stagione, profumate e dolci, e poi invece, il radicchio, pungente e amaro, e lo smirnio, un sedano selvatico qui molto diffuso e il cui fiore viene conservato e utilizzato sottaceto. Alessandro conosce a menadito questi luoghi anche se ci vive da poco. Il suo lavoro gli impone di non fermarsi mai e di cercarne sempre di nuovi. Uno degli ultimi scoperti – e di quelli che gli sta dando più soddisfazione, per ricchezza, varietà e rigogliosità – è il campo di un pescatore-artista locale, Cyril Lorenzi, che qui alleva le galline e passa le sue giornate a rimettere in piedi i muretti a secco che il tempo e l’abbandono hanno distrutto.
Alessandro è abruzzese, di Pescara. Fa parte della squadra di Mauro Colagreco – chef e patron del Mirazur – da poco più di un anno. Non ama che lo si chiami forager, preferisce la qualifica di etno-botanico. Il suo lavoro, infatti, si divide tra i campi e i bar di paese, tra i boschi e le bocciofile. Non si limita alla ricerca e alla raccolta delle erbe spontanee. Quella è solo la parte iniziale del suo impegno che ha poi bisogno che foglie, radici, fiori e frutti vengano mostrati agli anziani del posto, “i custodi della nostra cultura popolare” come ama dire, e che loro gli raccontino in quale modo erano soliti mangiarli, con quali condimenti, in quali occasioni. “Prendi il tarassaco, per esempio – racconta Alessandro mentre passeggiamo – qui non si trova più, bisogna andare fino a Sospello (a 45 minuti di auto nell’entroterra di Mentone) per incontrarlo. Con gli allevamenti di vacche da latte, Sospello era la capitale di questi monti e oggi è uno dei principali luoghi di raccolta del Mirazur. Lì di tarassaco ce n’è in abbondanza; le foglie crude con il loro gusto amaro caratterizzano la dieta mediterranea e, parlando con un po’ di donne del luogo, ho scoperto che si consumavano con un intenso pesto di aglio, acciughe, aceto e olio extravergine. Mi piacerebbe portare un giorno questo abbinamento dentro la cucina del ristorante e affidarlo alle mani dei cuochi del Mirazur”.
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