Testo e foto di Gabriele Stabile
Ma nell’inverno del 2020 vi ricordate come stavamo? Io mi sono fatto crescere i baffi, si usciva contingentati e alle sei di pomeriggio si stava sui balconi o alla finestra a respirare. Antonio Ziantoni l’ho conosciuto così, in questo contesto. Lo vedevo spesso – perché abito a un isolato di distanza dal suo ristorante – che scaricava i fiori per decorare la sala da pranzo ogni mattina – e mi chiedevo: saranno aperti? Come sopravvivono? All’epoca, sembra già un altro mondo, un’altra era, ogni settimana aspettavamo di sapere se fosse zona rossa o gialla o blu, e non ricordo neanche più bene i colori. Su Cook_inc. 27 ho raccontato Antonio e il suo ristorante Zia in quel periodo.
Manda avanti veloce il nastro, marzo 2023: sono seduto da Zia a Trastevere con due amici e colleghi di lavoro. Festeggiamo un nuovo progetto editoriale in uscita e siamo “sovrastati” da un’opera di mia moglie Pax appesa al muro a vivo, con quattro chiodi e passa la paura. Sono a casa.
Solo che qui non si mangia come da me, toast al prosciutto e sottiletta, riso ginger scallion o pasta e fagioli quando voglio strafare, qui arrivano amuse bouche, dal profumo di arance e pompelmi, di kiwi e di bitter, poi un’Ostrica, con un’insalatina di nervetti, di scalogno e lattuga di mare, coperta pudicamente da una foglia alla brace (richiamo ovviamente pubico e quindi allo stesso tempo low-brow e hi-brow) degna di un fumetto di Milo Manara.
Poi i Tortelli di lepre e rape rosse (un rosso acceso, bellissimo), la Bavetta di manzo di Altamura e i dolci di Christian Marasca (grande Flan) e i vini scelti da Valentina Bivona. I miei colleghi apprezzano. Sembra tutto perfetto, il motore, il meccanismo del pranzo, funziona alla perfezione, l’idea di entrare affaticati e uscire ristorati si materializza davanti ai nostri occhi in quello che secondo me, a Roma, è il pranzo che proprio non puoi evitare di fare (e anche lo stellato con menu degustazione meno caro in città).
Zia è cresciuta senza invecchiare: i 7 dell’Ave Maria sono diventati 15, perché c’era bisogno di più personale per “continuare a studiare e migliorarsi” dice Ziantoni. Gli ingredienti, che nei menu precedenti erano centrifughi (nel senso che c’erano delle concessioni a prodotti provenienti dall’estero) ora sono completamente autoctoni.
Questa attenzione ai prodotti italiani permette a Zia di tessere e mantenere legami e rapporti preziosi con una manciata di produttori e, quel che più mi piace, di preservare e raccontare la storia del nostro paesaggio italiano a tappe: Altamura, la via Emilia, la secca degli Scardovari nel delta del Po, da cui proviene l’ostrica di cui sopra. Questa è l’ostrica che tutti cerchiamo, che inseguiamo e che nelle stagioni cambia, come cambia un pochino il modo in cui viene affinata. Cresce in secca, cresce in mare, a seconda del momento più o meno propizio.
Adesso, per le prossime due settimane, il fil rouge è il sentore di nocciola, ma a fine marzo cambia tutto. Ci sarà un menu diverso con: alcuni cavalli di battaglia rivisitati per accogliere la primavera, un nuovo dolce (attenzione che Marasca non scherza) e dei piatti completamente inediti.
Queste sono strade antiche. Qui a Trastevere, letteralmente su via Mameli, a cento metri dai ragazzi di Zia, sono state rinvenute le capanne in tufo dei soldati che proteggevano l’accampamento di Giulio Cesare, che aveva scelto questa collina (il Gianicolo, not too shabby) per costruire la sua casa fortificata. Una di queste capanne si può visitare, ma bisogna scendere sottoterra (la città era molto più in basso all’epoca): sono ancora visibili le zone predisposte alla cottura e al consumo del pasto. Ecco vedi, tutto è cambiato ma alcune cose rimangono le stesse. Il bisogno dell’uomo di mangiare con i suoi simili per rifocillarsi, riconciliarsi con le asperità della vita e, dopo il caffè, alzarsi e ripromettersi di fare il massimo con il tempo che ci è concesso. Questo filo rosso, qui, ci porta ogni giorno indietro di duemila anni. Una sensazione di appartenenza a qualcosa di così grande e antico non la si può comprare, né vendere, si respira in queste strade, e se sei così fortunato da passarci accanto, ricorda, vale la deviazione e la sosta.
Zia Restaurant
Via Goffredo Mameli, 45
00153 Roma (RM)
Tel: + 39 06 2348 8093
www.ziarestaurant.com