Testo di Cristina Ropa
Foto cortesia di Wilden Herbals
Nei secoli le piante officinali sono sempre state fonte primaria di benessere per il corpo e la mente divenendo così uno dei doni più preziosi che la natura ci abbia potuto fare. Tutt’oggi sono una risorsa sempre più importante per svariati scopi, tra cui quello erboristico. Nicola Robecchi, gastronomo e amante di questo settore, ne ha riconosciuto il grande potenziale e deciso di valorizzarle attraverso la produzione di tisane biologiche di alta qualità diffuse attraverso il brand Wilden Herbals. La bollitura dell’acqua, l’attesa della bustina in infusione… sono momenti in cui poter andare a un ritmo più lento, di ascolto interiore, di contatto più profondo, nel qui e ora. A favorire questo processo quasi meditativo ci pensano le numerose declinazioni delle due linee ideate: la Remedia per aiutare il corpo a ritrovare il giusto equilibrio e la Health per dare un supporto concreto all’organismo in momenti precisi della vita. Abbiamo incontrato Nicola per approfondire questo mondo così affascinante in occasione della nuova release tisana Reborn, ottava creazione della prima linea, dal bouquet aromatico e fresco creata per purificare l’organismo.
Qual è la genesi di Wilden Herbals?
Tutto parte dalla mia curiosità verso le erbe officinali nata durante la mia infanzia grazie al papà di un mio amico che lavorava in quel mondo. Poi nella vita ho fatto altro ma questa passione è sempre rimasta. Dopo gli studi all’Università di Pollenzo sono diventato gastronomo e in seguito ho aperto un’azienda di consulenza e progettazione per l’apertura di alberghi. Nel 2016 incontrai di nuovo dopo tanti anni quel mio amico di infanzia e iniziai ad appassionarmi ancora di più alle erbe officinali studiandole in relazione alla storia dell’uomo. Ho preso in seguito un anno sabbatico per viaggiare in Asia, visitare le campagne e conoscere i sistemi di produzione del tè. Una volta tornato, quando per lavoro mi commissionarono una ricerca sul caffè, mi resi conto di quanto il mondo degli herbal tea fosse in grande crescita e insieme al mio amico decidemmo di dedicarci alla costruzione di un brand che andasse in quella direzione. Nel 2019 mi sono licenziato da me stesso e tre mesi prima del Covid mi sono immerso nella creazione e nello sviluppo di Wilden Herbals.
Un bel salto verso le tue passioni. Cosa ti ha spinto a lanciarti?
Gli studi e le esperienze fatte mi hanno portato a vedere subito il potenziale di questo settore. Volevamo creare un prodotto di alta qualità che portasse una proposta valida in linea con la vera cultura delle piante officinali. Il mondo di oggi è frenetico e caotico, c’è tanto inquinamento e anche i prodotti salutari in commercio sono preparati con polveri e zuccheri. Il consumatore in tutto questo non viene sempre ben informato su cosa stia bevendo, quindi sapevamo che avremmo portato un prodotto innovativo.
Quant’è diffuso e apprezzato il comparto tisane in Italia?
Ora che ci stiamo affacciando al mercato internazionale ci rendiamo conto di quanto il mercato italiano sia molto piccolo. Nella nostra cultura occidentale le nuove generazioni stanno perdendo l’abitudine di rivolgersi all’erboristeria. Da una parte perché è esploso il mondo degli integratori dove trovi tutto in pillole, tutto concentrato e dagli effetti miracolosi e immediati e dall’altra perché anche l’erboristeria stessa non è più come una volta e spesso trovi “polveri con aromi” e non prodotti veramente naturali. Di fatto, quindi, c’è disaffezione. In Germania, in questo comparto, c’è un consumo dodici volte maggiore rispetto al nostro. In Inghilterra sette volte e in Francia cinque… In Italia c’è una cultura molto radicata nel fai da te. Da Roma in giù, e sempre di più anche altrove, si ha la cultura dell’orto, delle erbe aromatiche e quindi se uno vuole farsi una tisana, va in giardino e risolve così. Siamo un paese molto resiliente anche nella vita quotidiana.
Tornando al vostro prodotto, che tipo di materie prime utilizzate?
Dopo 4 anni, siamo arrivati a utilizzare quaranta piante di filiera controllata, prese direttamente da aziende agricole che fanno crescere le piante senza sistema di irrigazione. Per noi è importante che le materie prime mantengano i loro nutrienti. Per la camomilla, ad esempio, ci affidiamo a un’azienda agricola in Estonia che coltiva patate e a rotazione piante officinali senza irrigazione. Lì c’è lo stesso clima delle Alpi, ma con un terreno pianeggiante. Per quanto riguarda le piante che crescono nei climi tropicali abbiamo un fornitore in Germania, un’azienda storica arrivata alla sesta generazione e dunque nata durante l’Impero Austro-Ungarico. Il mondo delle spezie, delle piante, dei tè è ancora un’evoluzione del retaggio del colonialismo. Pensa che il più importante porto dove arrivano le piante officinali è ancora quello di Amburgo.
Avete introdotto delle piante officinali che non erano più in uso?
Noi lavoriamo con settantadue piante in totale, alcune poco conosciute. Con il nostro coltivatore in Estonia importiamo anche la melissa moldavica. Ha un gusto e utilizzabili – per la parte floreale – anche per l’aromaterapia. A oggi inoltre stiamo per cominciare un progetto di ricerca, abbiamo vinto un bando europeo per il settore dell’agroindustria secondaria in parte finanziato dal PNRR. Andremo a creare un campo sperimentale con quaranta specie di piante officinali in un’azienda agricola dove monteremo dei sensori per verificare la fertilità del suolo. L’obiettivo è raccogliere ed essiccare queste piante e validare che nel modello agricolo della Pianura Padana, in cui è tutto cerealicolo, le piante officinali si possono adattare bene e possono creare un reddito per gli agricoltori e possono anche garantire la fertilità del suolo. Oltre all’Estonia lavoriamo anche con un’azienda agricola siciliana che sta già sperimentando questo tipo di rotazione. La Pianura Padana, a oggi, è piena di coltivazioni di mais, di riso, di soia ma nessuno fa rotazioni. Abbiamo individuato l’azienda Simbiosi.tech sui cui terreni faremo il progetto pilota e dove costruiremo il nostro Wilden T Lab. Questa azienda coltiva già riso, è molto all’avanguardia per la gestione delle aree fluviali di produzione faunistica degli uccelli migratori e si è resa disponibile a questa sperimentazione. Vorremmo partire con un impianto agri-forestale cioè lavorare con alcuni elementi come alberi, cespugli e piante annuali che si integrino e creino un bosco produttivo di 2.000 metri quadri. Poi c’è una terza parte di questo progetto legata alla trasformazione ed estrazione delle erbe officinali.
È davvero un progetto ambizioso. D’altronde state cavalcando un’onda in grande crescita legata al vivere sostenibile.
Non è una partita di un giorno, ma siamo convinti che i consumatori di domani siano già attratti da quello che facciamo. Il nostro blog è tradotto in francese, in spagnolo, in tedesco. Ho delle visite sul sito da paesi africani come il Gambia e il Senegal perché in questo momento sono davanti a un boom economico, ma in realtà usano ancora la medicina popolare. Ti fa capire che siamo attrattivi anche per un popolo che inizia ad avere un certo benessere, ma che non vuole omologarsi all’utilizzo delle medicine occidentali.
Il tuo viaggio in Asia credo sia stato determinante per comprendere tanti aspetti della nostra e della loro cultura. In che modo la cultura orientale ha influenzato lo sviluppo del brand?
Per quanto viviamo una vita frenetica credo che occorra trovare il tempo per noi stessi. A differenza della nostra cultura basata sul principio di fare un sacrificio oggi per poi avere un beneficio domani, credo che ogni giorno dovremmo creare momenti di ascolto, preziosi per il nostro benessere. In Asia nella semplicità delle campagne, nella gente che non ha niente e soprattutto nella cultura, basata sul rispetto della natura, trovi la pace. Sicuramente questo loro approccio alla vita ci ha influenzati.
Le piante, oltre a una fonte di reddito, cosa rappresentano per te?
Quello che trovo affascinante è che noi siamo animali. Per quanto il nostro intelletto nei secoli si sia sviluppato, il contatto con il selvaggio è sempre qualcosa di nostro e che io personalmente ricerco e che mi fa stare bene. Quello che oggi più mi affascina delle piante è che in loro è custodita la storia dell’uomo. Ad esempio, la rivoluzione industriale degli inglesi è avvenuta perché a un certo punto gli operai, accaniti bevitori di alcool poiché credevano che disinfettasse l’acqua e quindi prevenisse le malattie, hanno iniziato a bollirla e a bere tè e caffè. Questo è stato determinante per l’aumento della produttività.
Tu parli di approccio olistico alla contemporaneità. In che modo le vostre tisane contribuiscono a questo tipo di visione e auspicabile evoluzione?
Uno dei temi di cui le nuove generazioni soffrono è che guardano la vita degli altri con i telefoni e a volte si dimenticano di vivere la loro vita. Quello che ci viene riconosciuto da alcuni clienti è che offriamo un prodotto che ti riporta sul presente. Nel momento in cui fai un infuso vero hai davanti a te degli aromi di piante vere che ti riconnettono con la parte selvaggia dentro di te. Il fatto che tu debba aspettare che la bustina sia pronta, che si generi l’infusione e piano piano tu possa berla, di fatto ti permette di creare una finestra per pensare a te stesso. Così come puoi crearti una finestra per stare con un amico e prendere una tisana insieme senza necessariamente sbronzarsi; anche se poi ci sta anche quello e abbiamo pensato anche alla tisana post sbronza nell’eventualità. A ogni modo stiamo vivendo un’epoca in cui i bisogni sono cambiati. La caffeina è entrata nella nostra storia perché c’era bisogno di essere più produttivi e più efficienti, meno addormentati e più focalizzati. Adesso la gente per quanto caffè possa bere è per la maggior parte chiaramente esaurita. Quello che manca è un po’ di tranquillità. Siamo in un momento storico in cui servono altri principi attivi per stare bene e noi con i nostri prodotti cerchiamo di proporli.
Per info sui prodotti Wilden – www.wildenherbals.com