Testo di Fabio Pracchia
Foto cortesia di Consorzio della Vernaccia
Il profilo turrito del centro storico di San Gimignano è una, tra mille, delle cartoline più celebri che la Toscana ha saputo imprimere nella memoria degli infiniti turisti che, ogni anno, visitano questo territorio. Per molte icone però il successo commerciale, soprattutto nell’affermazione capitalistica della modernità tradotta in consumo culturale predatorio e rapido, ha svuotato di contenuti l’estetica del paesaggio come se a reggere i monumenti di pietra, eretti da secoli di fatiche, vi fossero delle impalcature, a celare dietro le quinte di scena, finzione e vacuità. Per la bella San Gimignano questo, per fortuna, non accade. Basta allargare lo sguardo e abbracciare con gli occhi il paesaggio tutto intorno. Le colline che incastonano l’antico borgo sono un susseguirsi di campi coltivati, boschi e ulivi. Spazi antropici rispettosi che, a loro volta, contornano quella che da secoli costituisce l’attività che tiene unita e cresce la comunità reale di San Gimignano: la viticoltura.
La relazione tra viticoltura e San Gimignano è simbiotica. Il nome dell’odierna denominazione rivela il legame inscindibile tra la varietà tradizionale toscana e il suo luogo di elezione. Lungo la linea del tempo, il connubio tra vino e città ha condiviso le alterne vicende che la storia destina agli uomini e alle cose. Nel Medioevo, quando San Gimignano era centro nevralgico di traffici e commerci legati alla via Francigena, avviene la crescita indipendente della città che conoscerà un magnifico sviluppo architettonico, la cui evidente ostentazione di ricchezza è ancora visibile oggi nelle tredici torri che rendono la fisionomia del centro unica al mondo. Nel XIV secolo erano 72 le torri attestate simbolo di una ricchezza senza precedenti. Il lento declino legato alle conseguenze della peste (1348) non fermò la crescita culturale della città che la portò, nel Rinascimento, a custodire un patrimonio artistico di incredibile valore storico-artistico. All’unisono delle sue mura, la Vernaccia tra Medioevo e Rinascimento è uno dei vini più importanti in Europa. Si ritrova sulle mense di ricchi mercanti e dei potenti dell’epoca quali Lorenzo de’ Medici, Ludovico il Moro, Papa Paolo III Farnese e Cosimo I. La sua fama verrà celebrata, nell’arco di due secoli, dai più grandi artisti e letterati, da Dante a Francesco Redi. Nei secoli successivi le vicende di San Gimignano e quelle del suo vino sono occultate da altri accadimenti e diversi scenari storici, per poi tornare protagonisti nel corso del Novecento.
Sono due le date simbolo, ormai in età contemporanea, a decretare l’eccellenza dell’intreccio tra vino e luogo di origine. La prima è il 1966 quando la Vernaccia di San Gimignano è riconosciuta come primo vino a Denominazione di origine controllata, primo vino, addirittura bianco, in Italia. La seconda è il 1990, anno in cui il centro storico è inserito nella lista Unesco dei patrimoni dell’umanità. I tempi dei mercanti e degli artisti risultano lontani negli anni ma San Gimignano, grazie proprio alla sua storia, diventa un rinnovato fulcro di qualità agricola e turistica capace di attirare appassionati di vino e cultura.
Il Consorzio di tutela della denominazione vino Vernaccia di San Gimignano, nato nel 1972, si costituisce al fine non solo di tutelare la qualità della produzione enologica, ma anche per fare diventare il vino, con tutta la comunità e le pratiche che ne sono all’origine, patrimonio condiviso, cultura esso stesso da affiancare ai monumenti e ai beni artistici custoditi dalla città turrita. Il ruolo fondamentale è stato quello quindi di veicolare le aspirazioni dei produttori e renderli partecipi di una crescita culturale oltre che agronomica ed enologica.
Il paesaggio che è possibile ammirare oggi conferma il successo del percorso svolto in poco più di 50 anni. Sono i numeri a dimostrarlo. Il territorio di produzione delle denominazioni di origine (Vernaccia di San Gimignano DOCG e San Gimignano DOC) ricade interamente all’interno del comune di San Gimignano che si estende per circa 13.800 ettari. Di questi quasi la metà è destinata a superficie agricola utilizzata (SAU), segno di una grande vitalità della pratica agronomica. La destinazione dei campi è declinata in oliveti, seminativi e vigneti. Questi ultimi si estendono per circa 2000 ettari interamente collinari su suoli derivanti, per la maggior parte, da una storia geologica che va dai 7 ai 2 milioni di anni fa. Si tratta di matrici plioceniche con sabbie gialle e argille sabbiose ricche di inserti calcarei e conchiglie fossili. Dell’intera estensione vitata, la parte dedicata alla DOCG Vernaccia è circa 750 ettari. Il vitigno ha la prismatica caratteristica di riflettere il suolo di origine. Regala ai vini una bella freschezza se la pianta affonda le radici in suoli a predominanza argillosa-calcarea, riverbera sapori sapidi se la base geologica è ricca di sabbia e conchiglie.
Un vino unico, grande bianco in terra di rossi. Al netto di qualche tentativo industriale oggi è il paesaggio viticolo e umano che innerva di vitalità la bellezza dell’antico centro storico. È in questa comunità di produttori che è possibile intuire il futuro del territorio. Le nuove generazioni hanno saputo custodire la grande tradizione viticola e la sua affermazione internazionale declinandola in una nuova artigianalità. Da una parte il diffuso approccio biologico ha esaltato la bellezza di un paesaggio senza pari, dall’altra la viticoltura sensibile ha condotto a vini originali e identitari. Oggi, quindi, il profilo delle torri che è possibile ammirare non è soltanto una sterile vestigia del passato ma è il vivo simbolo di una comunità di agricoltori e artigiani che ha saputo mantenere in vita le pietre edificate nei secoli e rendere ancora oggi San Gimignano crocevia imprescindibile di contaminazioni culturali.