Il side-project delivery del Ristorante Il Pagliaccio di Roma
Testo di Lorenzo Sandano
Foto di Alberto Blasetti
Illustrazione di Federico Taddeucci
Ci siamo or dunque: la fase quasi 3 è tratta. I cancelli sono aperti. I fornelli e le sale ricominciano a scaldarsi di un agognato e speranzoso tepore. Da lunedì 18 maggio è stato sancito un nuovo capitolo della ristorazione contemporanea: il via libera ufficiale alla ripartenza post-lockdown, con norme di sicurezza più morbide e fondate sul buon senso civico che intercorre tra ristoratori/clienti. Un re-start complesso, che un po’ ancora spaventa e che avverrà in maniera graduale. Non coinvolgendo tutte le realtà all’unisono. Di sicuro, funge come prospetto fertile per immaginare un presente (e un futuro) in cui convivio e ristoro non rimarranno distanziati in eterno sotto la coltre di mascherine e assembramenti infestanti. Noi però, come già anticipato, abbiamo in cantiere ancora qualche cartuccia di Delivery Report da proporvi. Perché ci piace idealmente ricominciare e chiudere questa serie con 3 insegne molto significative. Un aggancio al motto del mitico Troisi (Ricomincio da tre), che ci serve per narrare chi continuerà a fare dell’offerta a domicilio una risorsa importante in questo periodo di transizione. O chi, addirittura, ne ha ricavato un format indipendente, con ulteriori sbocchi da avanzare in corso d’opera. Esempio nobile di questa applicazione, è il del progetto Turnè by Anthony Genovese. Cuoco di vaglia del bistellato ristorante Il Pagliaccio di Roma, che non ha bisogno di presentazioni, ma che, se volete saperne di più, aveva già rilasciato un’intervista alla nostra Ilaria Mazzarella qui sul suo inizio di quarantena. Genovese è una persona eccezionale, ancora prima di esser un grande chef. Capace di riversare sensibilità, estro e pungente ironia in ogni pennellata espressiva che si protrae per dipingere la sua identità. In questo side-project, ha scelto coscientemente di non deformare la linea del suo locale per adattarla al Delivery. Ma di comporne una nuova, scandita dalla rodata passione/affinità con la cucina orientale. Insieme a lui, una squadra iper-affiatata – a partire dalla figura portante di Matteo Zappile in sala – che dialoga e interagisce attivamente nella mission di questa proposta. Anche in versione take away: intrecciando manodopera fine dining e qualità, con prezzi davvero competitivi. Per assorbirne ogni goccia (di soia homemade) vi lasciamo al consueto Quarantine Quest.
Impressioni e condizioni in fase due, prossima a ulteriori cambiamenti. Come il tuo ristorante sta vivendo questo passaggio di transizione?
Il ristorante è mutato con il mutare delle ore, abbiamo vissuto la fase 1 con estrema prudenza, cercando di capire cosa stesse succedendo, oggi attendiamo la fase 3 per tornare al nostro essere, per tornare a incuriosirci e a stupire i nostri clienti.
Quale è lo stato emotivo/professionale della vostra squadra?
Inizialmente abbiamo vissuto uno stato di profonda attenzione per la situazione, a cui è seguito uno stato di caparbietà e oggi tutta la squadra ha voglia di ricominciare e di dimostrare ancora una volta il valore e la passione per questo lavoro.
Turnè non è il Pagliaccio. Ma c’è l’animo del Pagliaccio in Turnè. Potete accennarci la mission in divenire e l’eventuale sviluppo di questo format Delivery?
Turnè prende vita da un progetto che nasce qualche anno fa, ci siamo sempre accorti che il Pagliaccio per la sua complessità e per la sua importanza era diventano negli anni qualcosa di non accessibile a tutti e noi stessi seguivamo rigorosamente una linea altissima di dettagli, di cura e di conseguenza anche dei costi che non ci permettevano alcune operazioni. Ecco che Turnè colma questa lacuna, Il Pagliaccio in versione smart, che ci permette di divertirci, di cambiare il menu più spesso e che soprattutto ci fa godere della leggerezza di poter osare. Al momento in questa fase 2 ha preso vita nei locali del Pagliaccio, ma a partire dalla fase 3 appena sarà possibile poterci muovere liberamente sul territorio, Turnè prenderà vita come progetto a sé stante, come Eva che nasce dalla costola di Adamo, allo stesso tempo avremo un locale dedicato.
Rispetto ad alcune perplessità sull’idea del fine dining a domicilio, soprattutto per i ristoranti stellati: quali sono i tuoi punti fermi per tutelare la qualità e l’identità del locale?
Il Pagliaccio non sarà mai in delivery, il Pagliaccio è sempre stato interpretato come una esperienza e tale da potersi confermare e rinnovare solo tra le mura di Via dei Banchi Vecchi. Abbandonando il concetto di cena=soddisfare un bisogno fisico, noi abbiamo sempre pensato che la forza del team risiedeva nell’atmosfera e nelle sensazioni che potevamo creare tavolo per tavolo, storia dopo storia, tutto questo è fattibile solo all’interno del locale dove servizio dopo servizio si creano, combinazioni di rumori, profumi e sensazioni che altrimenti in viaggio non sarebbe possibile.
Siamo stati lieti e sorpresi nell’ammirare un Matteo Zappile in versione fattorino. Motivato e agile nell’adattare il suo ruolo alle necessità del progetto e del momento condiviso. Come state gestendo ordini, consegne e packaging al momento?
Matteo è tra le colonne portanti del progetto Il Pagliaccio, la sua estrema competenza non risiede solo nell’essere un professionista con tante esperienze sul campo ma a mio parere risiede nella passione e forza d’animo che ha per questo lavoro e in particolar modo per l’azienda. In questo periodo storico la flessibilità e il sapersi adattare alle situazioni risiede nelle persone intelligenti ed estremamente umili, caratteristiche che contraddistinguono il nostro direttore Matteo. Gli ordini di Turnè arrivano da diversi canali, telefono, di persona e attraverso i sistemi di delivery, è un mondo nuovo, che abbiamo imparato in queste settimane e che impariamo ogni giorno, abbiamo ricominciato da zero per creare una nuova esperienza di vita, soprattutto legata anche al packaging che inizialmente soffriva dei problemi di spedizione e che oggi riesce ad avere un canale migliore e più pertinente al progetto.
Abbiamo apprezzato molto il cocktail in abbinamento servito nel box di assaggi. È un modo per continuare a coinvolgere la sala anche in queste condizioni? Che portata avranno sala&cantina nel futuro di questo formato?
Il cocktail come avrai immaginato è una idea di Matteo, ha saputo interpretare e catturare l’essenza degli ingredienti che uso in cucina per creare un seguito in una bevanda che potesse tessere una trama tra sala e cucina, tra l’estro dei piatti e la competenza nel miscelare. In questo progetto è allo studio una linea di bevande dedicate che prenderà vita quando Turnè avrà il suo locale e il servizio un suo spazio.
Abbiamo apprezzato molto il cocktail in abbinamento servito nel box di assaggi. È un modo per continuare a coinvolgere la sala anche in queste condizioni? Che portata avranno sala&cantina nel futuro di questo formato?
Il cocktail come avrai immaginato è una idea di Matteo, ha saputo interpretare e catturare l’essenza degli ingredienti che uso in cucina per creare un seguito in una bevanda che potesse tessere una trama tra sala e cucina, tra l’estro dei piatti e la competenza nel miscelare. In questo progetto è allo studio una linea di bevande dedicate che prenderà vita quando Turnè avrà il suo locale e il servizio un suo spazio.
Come risponde la clientela? Avete criticità/osservazioni da mettere in evidenza?
La clientela segue il filone del Pagliaccio, ha tanta curiosità per capire come uno chef stellato si possa approcciare a una cucina del genere, ma a oggi a solo un mese dalla nascita di questo progetto posso dirti che abbiamo già una clientela abituale, siamo molto contenti.
Questo periodo di crisi condivisa può essere letto anche come un’opportunità per tessere una rete sana tra ristoratori? Quale è il vostro punto di vista?
Questo periodo sicuramente ha fatto si che alcuni legami si potessero stringere di più e altri invece separarsi per ideologie politiche di programmazione, ma in generale il ristoratore è patriottico e di forte passione, alla fine siamo tutti uniti per ripartire e per scrivere ancora una volta la storia della ristorazione capitolina prima e italiana poi.
Prospettive e idee personali sulla ripartenza della ristorazione romana e italiana. Esponi dubbi, sensazioni e speranze in merito. Senza filtri.
Se qualcosa ci lascerà questo periodo è sicuramente la consapevolezza di quanto questo Mondo sia fragile, di quanto l’uomo è fragile e di quanto tutto possa svanire per qualcosa di “invisibile”. Dobbiamo fare memoria di tutto questo e lavorare per costruire in maniera “sana” il nostro futuro, dobbiamo imparare a goderci attimo dopo attimo tutto il tempo che ci viene donato, noi ripartiremo, scommetteremo ancora una volta su noi stessi, sul team, tutti uniti per creare “l’esperienza Il Pagliaccio e Turnè” non ci arrenderemo ai facili giudizi o alle critiche. Roma avrà una nuova stagione, ricca di voglia di fare e di accogliere nuovamente i turisti che non potranno fare a meno di visitare la città più bella del Mondo.
DELIVERY REPORT
WApp Oriental Chronicles
Io: “Albe, non sai che scena. Matteo Zappile in sella al suo scooterone è approdato sotto casa qui a Torre Spaccata con il pacco in mano. Ma ti rendi conto? Trovo pazzescamente bella questa rimodulazione di ruoli al fronte di un periodo così ostico. Ammirevole sul serio. E poi, incassato il box, ho una bella suggestione da rimandarti. Visto che ormai abbiamo un’intesa più alchemica dei drink che ci siamo tracannati nello scorso episodio. Appena ho allungato il naso, i profumi mi hanno catapultato lungo i banchetti di street food etnici di Camden Town. Cemento, vapori asiatici, fritture sibilanti e atmosfere umamiche. So che hai vissuto a Londra, quindi qualche scorpacciata te la sarai fatta sicuro da quei pizzi?”
Alberto: “Caspita Bro bellissimo, certo che ce l’ho presente. Mi hai rievocato fotogrammi indimenticabili di quel periodo. Tra l’altro, l’idea di creare un set urbano un po’ tropicale, con piani che ammiccano al cemento e a quei contesti vaporosi di giungla metropolitana mi piace un casino. E sono in linea anche per l’entusiasmo rivolto alla consegna di Zappile in versione fattorino. Grandissima umiltà professionale, senza contare il bel gesto di confezionarci due drink personalizzati e abbinati agli ingredienti che Anthony ha utilizzato nei suoi piatti. Lavoro pregevole. E l’alchimia così, anche stavolta, si colorerà di un brio alcolico non indifferente”.
Io: “Non correre sul miscelato Blasetti, che poi scivoli e ti fai male. Siamo giunti quasi al rush finale di questi episodi, cerca di mantenere un po’ di contegno prima di arrivare in fondo. Non del bicchiere, mi raccomando. Comunque appoggio totalmente la visione jungle suburbana che ti sei flashato. Me gusta. Possiamo inoltrarci, come predatori selvatici, nella fase di assaggio. Tanto la metrica ready to eat di questi piatti necessità davvero il minimo sforzo per arrivare a sfoderare le fauci. E questi gyoza calienti, sono senza dubbio la mia prossima preda”.
Ravioli alla piastra con merluzzo, basilico e pomodorini, Ravioli alla piastra con maiale e cipolla caramellata, Ravioli alla piastra, cavolo cinese e funghi: i gyoza rientrano nella categoria dei cibi che mi mandano fuori di testa. Sunto perfetto di manualità, immediatezza e concentrazione di sapori, che mi spinge facilmente a divorarne badilate no stop. La versione di Turnè esibisce un impasto sartoriale fatto interamente a mano (quasi folle per una produzione da mole delivery) con farce e forme distinte per ogni raviolo. I ripieni (vegetali, ittici, carnivori) unificano fedeltà per il gusto orientale con una fresca virata verso orizzonti nostrani. La cifra stilistica di Anthony non molla un colpo e si impone con un bilanciamento perfetto tra contenuto e contenitore, che esplode a ogni morso. Non parco, il team del pagliaccio propone anche una salsa di soia speciale in cui inzuppare questi gioiellini. Che trip!
Polpette di granchio e maiale in agrodolce: grassezze amalgamante a confronto – crostaceo e suino – che sintetizzano una polpetta tanto sofisticata, quanto ghiotta e casalinga. Tradizione brillante di un binomio pregno di storia, che trova sussulto in un formato dal tessuto ultrapopolare. La salsa che lucida le sfere tinge i bocconi di gioiose venature sweet&sour che non annoiano mai il palato. Se qualcuno ha ancora riserve sul valore delle polpette, provate queste. Uno sballo.
Risone al salto, manzo piccante e verdure: alla vista del box, il primo pensiero che balena in testa è quello dello stir fried stick rice. Setacciando la pietanza col cucchiaio (dopo due agili colpi di padella) vi accorgerete che il geniaccio di Genovese ha trasposto anche questo piatto in una modalità autentica, ma vicina all’indole italiana. Il formato è un risone di pasta dalla tenuta impeccabile, condito a festa con coriandoli di peperoni scottati e striscioline di carne dal timbro agro-piccante. Una portata affabile e ricreativa, che sorprende per il tenore di leggerezza sostenuto sino al termine della degustazione. Trattato multiculturale e intenso, dall’accessibilità estrema.
Tataki di Manzo, insalata di cetrioli, fagiolini e mirtilli: scelta ardita quella di inserire ben due tataki (di carne e di tonno) in un menu a domicilio. Sia per il rischio di resa/cottura nel trasporto, sia per l’assenza di un contesto ristorativo che risulta idoneo per apprezzare una ricetta così istantanea nel servizio a tavola. La squadra di Turnè però supera egregiamente anche questa parentesi pericolose. Recapitando sotto casa (fino ai margini della nostra periferia romana) un prodotto ancora integro, tonico e vibrante. Tra il rossiccio/rosato ottimale nel cuore – con succulente infiltrazioni di grasso sano – e una raggiante reazione di Maillard in superfice. Ad accentuare e satinare i contrasti degli umori carnivori, ci pensa un poliedrico assolo vegetale che vale quasi più del main course. Tinture umamiche, digressioni fruttate e acidità risolutive che trasmettono tanto del Pagliaccio-pensiero nelle mura di casa vostra.
Crostata di mandorle, fragole e basilico: l’unica variante interattiva del menu di Turnè, che mette in scena la rinomata classe del Pagliaccio nel comparto pasticceria. In questo ritemprante dessert, l’assaggiatore è chiamato in gioco nel gesto elementare di farcire la base/tartelletta con crema, frutta e toppings in dotazione. Il lato ludico rallegra ulteriormente la fase finale del pasto, ma l’architettura di contrappunti e strutture che sorregge questo dolce esprime perfezione già di suo. Touché.
Note, in chat, a margine
Alberto: “Lore abbiamo un problema. Con tutte ste suggestioni orientali e questi ricordi di Camden ora ho voglia di prendere il primo volo utile per Londra. Sarà che con sta nuova fase post-lockdown ora mi sembra tutto più fattibile, ma quand’è che mi riporti a viaggiare oltre confine?
Io: “Fratello tieni duro ancora un po’, la sicurezza sai viene prima di tutto. Non è che hai esagerato anche stavolta con i drink in abbinamento? In fondo, l’intento di Anthony era proprio quello di farci viaggiare su rotte esotiche di sapori pur rimanendo con le chiappe spalmate sui nostri divani di casa. Direi che ha centrato il bersaglio. Ma non temere che avremo sicuro l’occasione di acchitarlo qualche viaggio oltre confine. Proprio come ai vecchi tempi. E sono sicuro che avrà tutto un gusto più inteso, vivo e veritiero. Proprio come gli assaggi contaminati che ha creato il team di questa incredibile Turnè”.
TO BE CONTINUED…
Episodio 3: A Rota di Eufrosino con Negroni dell’Italian Cocktail Club
Episodio 4: Pascucci al Porticciolo
Episodio 7: Spazio di Niko Romito