Testo di Francesca Ciancio
Foto cortesia
Sull’app meteo del mio cellulare mi diverte guardare le temperature dei posti dove sono stata di recente. Se vado sulla pagina di Livigno (stiamo parlando di inizio agosto, non di questa settimana di Caronte intenso) la massima non supera i 12°C, la minima tocca addirittura lo zero. In realtà la cittadina della provincia di Sondrio, in inverno, è tra i posti più freddi d’Italia, con minime che scendono di 20°C e oltre (infatti è conosciuta come Piccolo Tibet per il freddo e per le vette).
Le estati sono corte, all’incirca durano un mese e mezzo e non è un caso che il comune sia un vero paradiso per la preparazione atletica di professionisti di tantissime discipline grazie a un’altimetria importante – 1816 metri – e ad attrezzature all’avanguardia. Contano poi, e non solo per gli atleti, anche il buon cibo e il buon vino e devo dire che un weekend a Livigno appaga diverse esigenze, da quelle sportive, a quelle enogastronomiche, passando per le sessioni di shopping. Tre giorni nella città valtellinese consentono di fare un sacco di cose e se decidete di andarci a luglio c’è anche un divertente format enogastronomico a cui partecipare.
Prenotatevi per il prossimo Sentiero Gourmet
Camminare con soste goderecce o mangiare facendo attività fisica. Comunque la si voglia vedere il concetto di Sentiero Gourmet è: assaggio tante cose e per farlo devo passare da una postazione all’altra lungo un percorso di cinque chilometri nell’area della Valle del Vago. Ora, non è che questo aiuti a dimagrire, ma quantomeno attenua un po’ il senso di colpa. Si parte dagli antipasti per arrivare ai dolci, il tutto accompagnato da un’attenta selezione di etichette di vini. La scorsa edizione – la settima – ha visto la collaborazione tra i cuochi dell’ACPL (Associazione Cuochi e Pasticceri di Livigno) e cinque chef dell’Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto che hanno “messo nei piatti” le Alpi, da est a ovest, rivisitando ricette lombarde, piemontesi, trentine, friulane e valdostane.
Nel giro di quattro ore – partenza alle 12 e rientro alle 16 – abbiamo assaggiato tutto quello che può contenere un paniere alpino: dai formaggi di malga, al salmerino e alla trota, dal capriolo alla bruna alpina ai plin e alla polenta, dai fiori eduli alle erbe raccolte con il foraging, passando per gli sciroppi di pino mugo e i dolci mignon del pasticciere (e chef stellato Michelin) Paolo Griffa de Al Caffè Nazionale di Aosta. Una nota di merito va fatta ai sommelier che hanno proposto vini – alla cieca in un primo momento per giocare un po’ con il pubblico – buoni e non banali. Tra questi, l’Oltrepò Pavese Doc Costagrossa Brut 36 mesi della cantina Marchesi di Montalto, l’Ograde di Skerk, il Vom Lehm Pinot Noir Riserva 2020 della Tenuta Rohregger e il raro vin de glace Chaudelune della cantina Cave Mont Blanc. Mettendoli tutti in fila ho pensato che in molti ristoranti di grido una batteria di vini così è cosa rara. Quindi bravi bravi. Se ho solleticato fame e curiosità, l’invito è quello di iscriversi all’ottava edizione, ma fatelo con largo anticipo perché i biglietti finiscono subito.
Dopo il piacere, il “dovere”: a Livigno si va anche per lo sport
La sottoscritta non è campionessa nazionale di sci (cit.) quindi se l’ho fatto io davvero buona camicia a tutti. Pensate però già al privilegio di fare attività fisica sudando poco o il giusto, perché se tanto mi da tanto, il cambiamento climatico ci riserverà ancora estati parecchio infuocate e correre, saltare, marciare, pedalare con 20°C è faticoso ma non mortale. Così Livigno tra giugno e inizio settembre somiglia a un grande villaggio olimpico outdoor dove incontri squadre di marciatori cinesi, team italiani di calcio in ritiro – la Sampdoria ad esempio – atleti brasiliani di canottaggio (*sospira*), snowboarder, freestyler e freerider che si allenano in vista delle Olimpiadi 2026 (Livigno, infatti, ospiterà le gare di freestyle e snowboard).
Io opto per la bici, in particolare per l’e-bike perché Livigno è una destinazione nota agli appassionati delle due ruote (muscolari e non) con i suoi 3200 chilometri mappati GPS. Prima di affittare una bici in un bike shop però meglio rivolgersi a un Bike Skill Center dove istruttori qualificati sono a disposizione per offrire consigli su misura per vivere la miglior esperienza possibile. A me viene proposto un percorso downhill con accompagnamento guida e accetto. Non so cosa preveda esattamente, ma, traducendo dall’inglese, mi faccio più o meno un’idea.
Diciassette chilometri di sterrato, di sassi, di salite, ma soprattutto di discese con un certo grado di pendenza, sono belli da raccontare comodamente seduti alla scrivania, soprattutto perché significa che hai portato a casa la pelle. Insomma, “una cosa divertente che non farò mai più” (e qui la citazione è un po’ più colta della precedente fantozziana). Leggo su Wikipedia – ma solo a tragitto concluso – il downhill è una disciplina del mountain biking praticata principalmente in montagna, su terreni ripidi e sconnessi spesso caratterizzati da salti, cadute, pietraie e altri ostacoli.
Se amate l’adrenalina, fa al caso vostro, se soffrite di vertigini, meno. Al netto del pensiero “perché morire qui io che amo tanto il mare”, devo dire che “sentire” l’orografia della montagna è una bella esperienza, il saliscendi lo avverti nei piedi e poi attraversi luoghi incantati come quello del sentiero delle tee (le antiche baite estive dei livignaschi) che profumano di pino mugo (anzi, ricordatevi di raccogliere le piccole pigne ancora morbide e ricche di resina, mettetele in un barattolo colmo di zucchero che rovescerete e lascerete in questa posizione per 4 mesi. Otterrete un favoloso sciroppo al pino mugo). Per gli amanti dei brividi in sella il posto adatto è comunque il Bikepark il Mottolino, il primo in Lombardia e l’unico in Valtellina, ma soprattutto uno fra i migliori in Italia, realizzato nel 2005 in occasione dei Mondiali di MTB.
Nuotare con Federica Pellegrini in una delle piscine più alte del mondo
Di piscine olimpioniche ce ne sono tante – anche se non tantissime – ma sopra i 1800 metri sono poche, forse quattro/cinque al mondo. Una di queste è a Livigno, nuovissima e dedicata alla “divina”, Federica Pellegrini (che da settembre terrà delle masterclass sul nuoto per i più piccoli, nascituro in arrivo permettendo). La struttura è una delle chicche di Aquagranda, il centro polisportivo della città, accreditato come punto Coni. Non manca nulla e a settembre arrivano il tennis e il padel. Grande e dall’effetto “Barbie” – nel senso di coloratissimo – è l’aquapark per i più piccoli, anche con la possibilità di fare snorkeling in realtà aumentata. Da senior, ovviamente, preferisco il centro benessere e qui scopro che esistono i “maestri di sauna” – gli Aufgussmeister dalla parola aufguss, getto di vapore – con tanto di associazione dedicata, l’Aisa. C’è un canale Youtube con tutorial che spiegano come prendere in considerazione un nuovo mestiere (e una nuova vita). Non sono propriamente il tipo di persona a cui toccano le corde dell’emotività così facilmente, ma la seduta di campane tibetane smuove qualcosa.
Giovani malgari crescono, una sosta all’Alpi Mine
A fare la somma dell’età di tutti e cinque i membri della famiglia non si arriva a cento anni, Zelia, Filippo e i loro tre bambini vivono in questa grande casa che è anche stalla e caseificio oltre i 2000 metri, l’agriturismo Alpi Mine. I maschietti aiutano il papà a mungere le mucche, la bambina, la più piccola, dà una mano alla madre a capovolgere le formaggelle. C’è tutto quello che ti aspetti da un posto così: il silenzio, il rumore del ruscello, lo scampanio delle mucche – brune alpine e qualche pezzata – e delle capre. Ci sono anche i maiali e le galline. C’è la temperatura che scende subito al tramonto e che ti porta in baita a bere il Taneda, l’amaro valtellinese preparato con l’achillea moschata. Ci si può fermare a pranzo, a cena e anche per la notte grazie a qualche camera. Formaggi – tra cui lo scimudin ma anche il bitto – e salumi (ottima la bresaola) di loro produzione. La polenta la si mangia sempre, anche a luglio e agosto. Si arriva con una facile e profumatissima camminata tra i boschi di conifere, partendo poco fuori dal centro di Livigno. E se siete in zona nel tardo pomeriggio potete mungere con Joele, otto anni, il baby casaro che ha dato un nome a ogni vacca.
Vecchie e nuove abitudini livignasche
La chiamano Piccolo Tibet ma, notando in giro persone a spasso con lama e alpaca, penso che Livigno somigli anche un po’ al Sud America. No, non sono gli effetti postumi del Taneda di cui sopra, ma è una delle offerte del Tresenda Mountain Farm, ovvero la possibilità di “affittare” questi animali e portarli in giro a passeggio, facendo trekking con lama e alpaca. Si può optare anche per i più comuni cavalli o semplicemente fermarsi a pranzo perché la loro carne è buonissima, dal cervo all’agnello passando per il tomahawk di angus da accompagnare alla 1816, la birra di Livigno, la più alta d’Europa. Un secondo piatto tipico, ma non presente in tutti i ristoranti, è lo Tzigoiner, carne, di solito carpaccio di manzo, avvolta intorno a un bastone e cotta sulla brace. Una sorta di arrosticino in formato magnum: i bastoni infatti misurano circa 50 centimetri.
Tra le vecchie abitudini, soprattutto i lombardi lo sanno, c’è quella di approfittare dello shopping in zona per risparmiare un po’ di soldi. La città valtellinese, infatti, è zona extradoganale e le prime esenzioni risalgono addirittura al 1538. Un posto ottimo per conoscere anche la storia di Livigno porto franco è il MUS, il museo di Livigno e Trepalle che, da ex abitazione, è diventato luogo di memorie ma anche di laboratori supportati dai volontari per la cultura che insegnano a riconoscere le erbe officinali per fare gli sciroppi o a filare la lana. Protagonista indiscussa della casa-museo è però la rapa bianca, un prodotto fondamentale nella dieta livignasca di un tempo. Oggi, con quelle coltivare nell’orto del museo, si preparano la lughénia da pàsola, una saporita salsiccia secca e il pan da càrcent, un pane dal sapore dolciastro (pàsola è la rapa bianca fatta seccare appesa in soffitta). Torniamo allo shopping – ma non a quello di sigarette e benzina. Se si ama il latte in tutte le sue declinazioni la sosta è la Latteria di Livigno: latti, formaggi, yogurt, gelati e anche bibite per sportivi a base di siero di latte. Per stagionature casearie più complesse e prodotti norcini l’indirizzo è il punto vendita in centro di Alpe Livigno.
Abitudine sana e montanara è quella della merenda, una sorta di seconda colazione che rinfranca soprattutto le fatiche sportive invernali. Alcuni alberghi la includono nel prezzo. Quella dell’hotel Li Anta Rossa è ricca di tisane locali e torte fatte in casa. Tutto in doppia “lingua”, italiano e livignasco.