La ricerca della bellezza e quelle idee leggere che puoi tener su con la fantasia
Testo di Andrea D’Aloia
Foto cortesia di Enio Ottaviani Winery
La verità è che quando inizi a cercare la bellezza inizi a fare pensieri e compiere gesti con uno stato d’animo raro. È un movimento compatto che diventa urgente – e sintetico – in cui nuoti tra le idee e le azioni con la necessità di ritrovare i diversi tasselli e tenerli insieme, ridisponendoli con cura al proprio posto, ognuno a dettare l’altro. Prendi te stesso, ti poggi in un luogo e in un tempo assieme alle tue intuizioni e ciò che ti fa saltare le sincronie del cuore e alla fine le geometrie tornano tutte, perché a volte la meraviglia la trovi in ciò che sei sempre stato, senza doverti inventare nient’altro che ne sostituisca la naturalezza, o che forzi un po’ le cose. E da lì che poi inizi a dotarti di prospettive, ad assecondarle e a evolverle, guardando con fiducia ciò che arriverà a disegnarti il destino.
Da Enio Ottaviani Winery a San Clemente (in provincia di Rimini) la convivialità è un dono e un’attitudine di famiglia: ce l’hanno in ogni piega della pelle, in ogni cellula invisibile, da generazioni. È la forza, e il sogno da cullare con pazienza, su cui si fonda tutto quello che c’è. Hanno questa idea in testa, di quelle grandi – ma leggere, roba che puoi tenere su con la fantasia – e la convinzione granitica per la quale con un vissuto autentico l’esperienza e la verità possano iniziare a spezzettarsi in tanti frammenti e che ogni parte possa sminuzzarsi ancora, quando tutti gli altri si fermano. È così che arrivano vicini al cuore delle cose: andando a pescare dettagli e particolari con un bisturi, o un microscopio mentale. È un gioco di aperture, il loro: verso il mondo, verso sé stessi, verso gli altri.
Quante declinazioni e traiettorie possano disegnarsi non è dato sapere, qui è sempre qualcosa di inedito, attiguo allo stupore. È iniziato tutto dal nonno Enio nei primi anni Sessanta, con la produzione e la commercializzazione di vino, scegliendo un luogo che è un incanto: l’Oasi Faunistica della Valle del Conca, una riserva naturale adagiata sulle prime, dolci, colline di San Clemente, davanti al mare di Cattolica. Dodici ettari vitati accarezzati da un sole alto, enorme, a disegnare luccichii intensi tra filari simmetrici e sui grappoli scintillanti che maturano con calma. Una pace di cui ti eri dimenticato avvolge tutto, ingoiando i riverberi della riviera e il brusio delle persone che qui si danno da fare ogni giorno, perché lì in mezzo ci sono una sorta di ginnastica della mentee il rispetto del tempo, esercitati con un’eleganza notevole. Un’acrobazia molto grossa, che si può seminare con un nulla, e invece loro la seminano così, con un senso di compiutezza disarmante.
Cantina, bottaia e sala degustazione sono completamente circondate dalle vigne, affiancate da uno stupendo, modernissimo edificio trasparente tutto in vetro, ferro e legno che fa da punto d’accoglienza. Wine bar e cucina creano una continuità impareggiabile con tutto ciò che c’è attorno, quasi come vogliano immergersi in quegli spazi senza difese o resistenze, senza disturbare. In quell’atmosfera si respira qualcosa di magico, una piacevolezza che ti riconnette inaspettatamente con un pezzo importante di te. Lì si ricompone il tuo quadro sensoriale.
Fare vino circondarti da tutta questa bellezza diventa allora una faccenda di generosità, un gesto primario da assecondare senza pudori e un riflesso sproporzionato. È così che i nipoti di Enio, Milena e Marco Tonelli (la prima all’amministrazione, il secondo alla logistica), e Massimo Lorenzi (che gestisce il commerciale e le p.r. in tutto il mondo) riescono a leggere il patrimonio culturale dei loro luoghi, a riportare i loro sapori e le loro storie, è così che capiscono le persone, tirandogli fuori il meglio di sé con i migliori dei sentimenti, portando la speranza in un senso più alto e nobile delle cose. Il wine maker è Dado, all’anagrafe Davide Lorenzi, animo vulcanico e cuore gonfio da romagnolo rock, uno di quei tipi che mentre è impegnato a non prendersi troppo sul serio crea dei piccoli capolavori. Non ho mai visto nessuno scherzare così seriamente. Lui con il vino ci parla, mentre cerca di tirar fuori da ogni acino identità e sfumature del terroir che ha sotto i piedi.
Dieci le etichette in catalogo – metà bianchi, metà rossi – e anche se il sangiovese rappresenta circa l’85% della produzione, in vigna convivono armoniosamente uvaggi internazionali – merlot, chardonnay, cabernet sauvignon e un riesling a “tiratura limitata”- accanto a vigneti autoctoni come il grechetto gentile (da cui si produce un Rebola di grande freschezza e godibilità) o il Bombino “Pagadebit”, chiamato così perché in passato era il vino decretato a “sistemare i conti” dopo la vendemmia. I bianchi fanno prevalentemente cemento, sia in fermentazione che in affinamento, per sprigionare sentori salmastri, mineralità, sapidità e persistenze; rossi invece passano qualche tempo in barrique o botti grandi per guadagnare intensità, complessità, eleganti note speziate e di tostatura, con una costante: in ogni sorso deve emergere “il frutto”, ossia l’uva da cui tutto ha inizio. Preziosi nettari della terra che non devono “andare di moda”, o raccontare soltanto di tecnicismi, di terreni sabbio-argillosi, di rimontaggi che qui si fanno ancora manualmente per avere un contatto “fisico” con il mosto: sono il tramite con cui assolvono l’enorme responsabilità di raccontare una famiglia e la sua visione.
La felicità è (anche) il sapore della memoria, qualcosa che conosci abbastanza da notare le sfumature. Qui lo sanno bene, e allora non è mai esistito incontro con i clienti o con gli amici che non si sia svolto attorno al tavolo di Loredana, mamma di Massimo e Dado, azdora autentica e regina indiscussa della griglia (e di tante altre cose buonissime). A mezzogiorno in punto si inizia a preparare: è da manuale di promozione turistica avanzata osservarla mentre si occupa dei pesci arrivati al mattino presto dal porto, li condisce con l’olio buono e il pangrattato per conservarne la tenerezza, e poi li cucina lentamente, secondo i diversi tempi di cottura per servirli infine – quando ancora “sbiontano”, perfettamente dorati all’esterno, leggermente umidi all’interno come tradizione vuole in Romagna. Sogliole, code di rospo, calamari ai ferri, una superba piada con alici e misticanza, le cozze in guazzetto, il ciambellone con i fichi caramellati, i biscotti al vino…ma qui ci trovi anche i tortellini bollenti a ferragosto, la focaccia guarnita con generosità di ogni ben di Dio, polli ruspanti, tagliatelle, zuppe di mare e di terra: tutto maledettamente autentico, ammantato di quel tipo di verità un po’ old school che molti bramano di recuperare per risollevare attività con pochi sentimenti.
Come se non bastasse, oltre alle esperienze enogastronomiche che si possono vivere qui, si sono aggiunti i percorsi in e-bike, pedalando verso il mare sullo sterrato che costeggia il torrente Conca, appena sotto i vigneti, e – dalla fine di quest’estate – la possibilità di completare l’idea di accoglienza a tutto tondo di Enio Ottaviani Winery soggiornando a Villa Yeppa, villa di campagna raffinatissima e piena di dettagli. Si trova proprio davanti alla winery, ed è nata dalla join venture con un gruppo d’investimento americano di base ad Atlanta, rappresentato da Stephen Peterson, con cui Massimo ha iniziato a collaborare nei suoi giri oltreoceano e fatto rapidamente innamorare del sogno romagnolo. Verosimilmente sarà un luogo di piaceri, di degustazioni, un luogo di charme e concretezza dove per far arrivare gruppi di americani e fare turismo tutto l’anno.
In sostanza quello che stanno costruendo qui – assecondando indole innate e istinti a cui hanno fatto il callo – sono strutture complesse, ma vivibili. C’è un’architettura sottesa, quasi invisibile, che però è al nostro servizio, ed è costruita davvero bene, perché lavora su coordinate che siamo in grado di abitare. È poggiata sul futuro, ma il gioco è consistito nel decorarla sul piatto del presente: coi sapori, i colori, i ritmi e le salse del moderno. E allora tutto inizia a tracimare fuori da quella cornice e ti viene a stanare, fuori dalla finzione, dentro la realtà. Si spalanca nel il cervello la tua macchinetta percettiva, il respiro di quei paesaggi senza misure diventa il tuo, e, quando sei lì, diventi anche tu quella roba lì. Da quel momento potresti anche pensare di rimanerci per ore, è come aver scollinato al di là del reale. E alla fine il mondo ti sembra anche meglio di quello che è: ci siamo noi, come all’inizio e dietro quella scia di ciò che rimane di vero.
Enio Ottaviani
Via Pian di Vaglia 17
S. Andrea in Casale
47832 San Clemente (RN)
Tel: +39 0541 952608
www.enioottaviani.it