Testo e foto di Gloria Feurra
Procedendo in direzione sud dal centro di Mosca, occorrono circa 3 ore d’auto per arrivare nella regione di Kaluga. Via elicottero sono circa 40 minuti. I Berezutskiy hanno scelto la soluzione aerea. Alle 13 di domenica 9 settembre siamo atterrati sopra i 50 ettari che i gemelli hanno acquistato poco più di anno fa. Betulle, specchi tondi d’acqua e tracce di enormi pneumatici sui campi pallidi e lisci. Nessun casale di campagna ma ancora chiazze di sprawl urbano, con qualche aggregato abitato che ricorda dall’alto i depositi per container.
Il Garden Festival è stato fissato nel calendario osservando la curva della produzione nei campi. “Quantità e qualità, al massimo”. Gli altissimi, biondissimi e identicissimi gemelli Ivan & Sergey sono diventati agricoltori in erba, ma più che del know-how della tradizionale si avvalgono dell’expertise del mondo accademico. In fattoria si coltiva, si seleziona, si recupera, si fa ricerca. Stessa dedizione in laboratorio prima, e in cucina poi. Nulla di nuovo sotto il sole diremo noi, avanguardisti occidentali con deficit d’attenzione eternamente sbuffanti. Già visto, assaggiato e digerito. Parleremo di modello nordico, di Puglisi e del nostrano Crippa, finché qualcun altro non parlerà chiaro e tondo: “In Russia le cose sono diverse. Sono più difficili, soprattutto per quanto riguarda l’approvvigionamento delle materie prime di qualità”.
Esistono diverse ragioni a monte della realizzazione di questo titanico progetto; queste quelle fondamentali:
a) La dipendenza delle importazioni. Rischiosa e inefficiente
b) L’incostanza – intrinsecamente strutturale – produttiva dei prodotti freschi, biologici, prossimi.
La necessità che supera il trend, per poi fare di necessità virtù, purché sia in tempi record: l’intero progetto è stato realizzato in meno di 10 mesi. Un Progetto con la P maiuscola, grande, immane. Dentro la Twins Farm infatti, oltre ai campi e alle serre 3.0, in aeroponica, dove crescono innumerevoli e a rischio d’estinzione varietà di ortaggi, di tuberi, di erbe e di bacche, nelle stalle monitorate 24/24 si allevano pure le vacche e le capre per un’eccellente produzione lattiero-casearia, e nel lago si fa l’acquacoltura di gamberi d’acqua dolce, e le galline non hanno un pollaio ma abitano dentro un autobus (!), e nei box all’ingresso c’è lo shelter per i cani randagi moscoviti in cerca di famiglia, e tra pochissimo, tra l’altro, si inaugurerà pure la costruzione degli alloggi. Ça suffit? No, che non lo è. Perché per celebrare questa svolta d’avanguardia bucolica, Ivan e Sergey hanno radunato altri 6 chef (3 russi e 3 stranieri), invitandoli a cucinare insieme a loro i piatti dove la materia prima della fattoria diventasse la protagonista.
Sotto una grande tenda vicino al lago, sorseggiando vini della Crimea e contemplando l’eleganza dello scenario, abbiamo assaggiato i piatti di Igor Grishechkin del Kokoko di San Pietroburgo, di Andrey Shmakov di Savva, moscovita come Dmitry Zotov, del Buro TSUM, che hanno dischiuso tutta la voglia di riscatto dello scalpitante fine dining russo. C’erano anche Oswaldo Oliva del Lorea di Città del Messico e Kristian Baumann del 108 a Copenaghen, che hanno dato un esotico e personale respiro alle materie prime locali, e poi c’era persino Albert Adrià, a chiudere in magistrale dolcezza.
Poteva sfumare così, con la corsa di ritorno al tramonto di nuovo con un’elica sopra la testa, il tempo di un tardo aperitivo sul terrazzo del Ritz-Carlton vista Piazza Rossa e tutti a letto, che la giornata è stata lunga. Invece, tenendo altissima l’asticella, i fratelli Berezutskiy la sera seguente hanno organizzato una pettinatissima cena al Twins Garden (state nei paraggi per saperne di più) ritrovandosi di nuovo con Kristian, Oswaldo e Albert. Una fortunata lunghezza d’onda tra gli chef ha regalato una serata senza mai un momento di declino, fatta di un’elegante armonia dove la Russia è emersa in tutta la sua immensità, proponendo la sua maestosa ma ancora a basso profilo eredità gastronomica ibridata di Oriente ed Occidente.
C’era la Russia nel tocco sensibile di Baumann, autore di una lunghissima pellicola di Daikon con fragole marinate in rose selvatiche e finocchio, irrorati di brodo di pomodoro verde; c’era nel Sorbetto di melanzana di Adrià con dashi, panna acida e uova di nasello, mattacchione nella forma (ehm), e divertente in bocca, nelle temperature; il Gambero d’acqua dolce del laghetto della fattoria con il cavolo arrostito (la firma dei gemelli) e una spintissima riduzione kvass è stato senz’altro l’omaggio più riconoscibile alla madrepatria, emozionante e altrettanto riuscito. E persino nei dessert, persino in quello più generoso e apparentemente non in linea proposto da Oliva, con l’EVOO (ha-ha), lo yogurt delle caprette anglo-nubiane e uno spicchio di favo pregno di miele, balzava fuori la nostra localizzazione grazie all’utilizzo dei prodotti della fattoria. Ma con Baumann, di nuovo, la celebrazione si è chiusa meravigliosamente: Gelato di alghe arrostite, caviale e olio di nocciole pressate.
Manco a dirlo, tutti i vini erano russi e gli stessi ci hanno accompagno pure dopo cena, durante la festa meno pettinata di chiusura nel Twins Wine (perché si, c’hanno pure i wine bars). Caso poi vuole che tutto ciò sia capitato durante un anniversario non trascurabile, con la città in tilt pedonale, i palchi, i luna park in pieno centro e le majorette vestite di paillette: il compleanno di Mosca, che compiva proprio quei giorni lì la veneranda età di 871 anni. Nostrovia quindi a Mosca e ai gemelli, e alla prossima, che sia altrettanto grandiosa.