Testo di Ilaria Mazzarella
Foto di Giovanna di Lisciandro
Orto il Ristorante
Il vegetale. Lontani sembrano i tempi in cui chi non mangiava carne era un Calimero che si ritrovava a dribblare tra le succulente proposte del menu per scendere inesorabilmente alla sezione dei contorni. Ammettiamo anche che la crescente domanda ha direzionato il mercato dell’offerta su una minuziosa ricerca e proposte decisamente attraenti. Spesso anche più di un percorso tradizionale.
Dunque il vegetale uber alles. Che guai a trattarlo come una proteina. La sapiente mano di chi sa come valorizzarlo e lo rende vero protagonista di un percorso a tavola che mai fa rimpiangere l’assenza di: carne? Pesce? Altro. L’assenza di altro. Ma soprattutto l’assenza, ovvero la sensazione che quel piatto sia monco, un’opera incompiuta. Siamo nella selva di Fasano, vicino Monopoli. La mano maestra è quella dell’abruzzese Executive Chef Cinzia Mancini, già chef patron di Bottega Culinaria a San Vito Chietino, e la mano discepola provetta è quella di Paola Alemanno, giovanissima Resident Chef di Orto il Ristorante.
Il nome, ça va sans dire, è preso in prestito dall’orto presente nella struttura, ricco di ortaggi e di differenti piante da frutto, con i quali viene quasi interamente soddisfatto il fabbisogno vegetale. La costruzione del menu è basata interamente in relazione alla propria produzione agricola: vengono seguite le stagioni per quanto riguarda la messa a dimora dei prodotti e i piatti vengono pensati e realizzati in base a un’attenta rotazione ciclica degli ortaggi. La base solida su cui poggia tutto il pensiero di cucina è la massima valorizzazione del ricco mondo vegetale.
Ne troviamo una declinazione interessante anche negli olii essenziali da aggiungere a piacere al Gin Tonic, perfetto da sorseggiare con lo scorcio dei muretti a secco all’ora del tramonto lasciandosi cullare dal vento (e qui Eolo non vi mancherà); il gin sa di Puglia col suo bouquet mediterraneo e con piccola quantità di acqua di mare purificata impiegata nella fase di diluizione: è il Muma, figlio della fortunata jointventure tra Frantoio Muraglia e Birrificio Matà di Cerignola.
E dopo l’aperitivo entriamo nel vivo. Un bel patio rilassante, lo stesso dove viene servita la colazione al mattino, oppure la sala interna per sedersi e conoscere la cucina di questa elegante masseria. Oltre à la carte, è possibile – e caldamente consigliato per entrare a tutto tondo nel progetto dietro al ristorante – lasciarsi guidare da uno dei due percorsi disponibili. I due menu sono stati studiati da Cinzia e ben eseguiti da Paola assieme alla brigata, costantemente supervisionata dalla chef abruzzese.
Omaggio importante al local nel menu “territorio”, studiato per ripercorrere i tratti autoctoni regionali e per valorizzare gli elementi che meglio esprimono la magia della Puglia: si parte sempre dal vegetale e seduti a tavola si compie un viaggio accarezzando il più possibile le ricchezze locali. Vietato alzarsi da tavola senza aver provato i Cappellacci di stracotto di coniglio, conserva di verdure e ricci di mare.
E poi c’è il menu totalmente in focus con il contesto, il “vegetale”, massima espressione dell’orto, un lavoro esclusivo solo sulla singola materia prima, per esaltarne le qualità, valorizzarne le peculiarità, cercando un punto di contatto con l’ambiente naturale circostante.
In ciascuna proposta si percepisce l’intenso commitment di Cinzia, che per timidezza non ammetterà mai quanto sia brava. Impossibile annoiarsi quando ci si affida alle sue mani: c’è tanta freschezza, una bella acidità e soprattutto ritmo in questo percorso che strizza sempre l’occhio alle fermentazioni homemade.
Perfettamente coerente con il progetto della struttura l’adesione di Orto il Ristorante a BiodiverSo, progetto per la salvaguardia e la valorizzazione di varietà autoctone e tipiche della Puglia promosso dalla Regione Puglia in collaborazione con l’università di Bari che raccoglie più di un centinaio di varietà locali, appartenenti a 31 specie orticole a rischio di estinzione o erosione genetica.
Una cucina che non può far a meno di adeguarsi ai ritmi biologici che la natura suggerisce, con rispetto e con cura, senza tralasciare un continuo studio di ricerca sulla materia prima per far sì che divenga essa stessa principale protagonista. “Un progetto iniziato appena l’anno scorso ma con la volontà di portare avanti nel tempo con Orto Itinerante, possibilità di scambi anche internazionali, quando questa emergenza sarà terminata”. Una puntata pilota è passata sugli schermi milanesi di via Romagnosi appena qualche settimana fa.
Nina Trulli
Poco si sa sulle reali origini della masseria che ospita Orto il Ristorante. Una cosa è certa: tutti gli abitanti delle contrade della zona la conoscono come San Francesco. Risale al lontano 1730 e probabilmente il nome è dovuto alla chiesetta posta di fronte all’intera struttura, osservatrice e protettrice della vita che le si svolgeva attorno. Nina invece era la mamma del proprietario, Sergio Pepe. “Non volevamo disturbare i santi, quindi abbiamo ripreso la firma di mia madre, Nina, e l’abbiamo inserita nel logo perché da un lato è antica, ma dall’altro è estremamente moderna”. Daniela Russo, moglie di Sergio, si occupa egregiamente della gestione del resort (con un team cordiale e attento) che accoglie gli ospiti nella cappella di San Francesco, sconsacrata, riadattata – senza mortificarne minimamente lo stile – a funzionale reception.
Nina Trulli è un resort che si presenta come una masseria in vigna, incastonato in una struttura magistralmente recuperata. Un tempo monastero di campagna, da cui appunto la denominazione Masseria San Francesco, poi proprietà di una ricca famiglia di agricoltori e allevatori, la masseria è stata trasformata in una dimora di charme.
Il progetto di ristrutturazione ne ha conservato l’essenza delle origini: un piccolo borgo di trulli. Nulla è stato modificato della vita di un tempo: è tutt’ora possibile vedere le pareti scure del trullo – forno, le originarie travi della stalla dove venivano appesi i formaggi per la stagionatura, l’aia, le mangiatoie, le chianche antiche della pavimentazione, la rimessa, un tempo luogo in cui venivano preparati i piatti della tradizione e in cui le donne della casa si riunivano per lavorare alle conserve di frutta, alla salsa di pomodoro, agli impasti di pane, frise e taralli.
Sono undici i trulli presenti nella masseria, trasformati in eleganti suite per gli ospiti, e che, appoggiati l’uno all’altro, conferiscono alla struttura la connotazione di un piccolo villaggio, di un teatro immerso nella campagna mediterranea.
Ogni singolo trullo presenta caratteristiche di unicità ma c’è un fil rouge di recupero di materiali antichi unito con la funzionalità moderna. È possibile soggiornare, ad esempio, in quello che era il fienile che ha una metratura di poco maggiore rispetto agli altri trulli ed è caratterizzato dalla punta del trullo “bucata” (ovviamente chiusa): era l’apertura che serviva a finire di riempire la struttura di fieno dall’alto. Cura dei dettagli, come la doccia con pavimento in pietra, stile essenziale e tutti i confort che rendono l’esperienza di soggiornare in un trullo davvero suggestiva.
Il vigneto che ne fa da contorno regala baresana e primitivo, tipiche del terroir di questa zona. Scenario da favola che comprende anche un frutteto con i mandarini, i limoni, le prugne, le pere, le ciliegie e un orto delle verdure e ortaggi tipici di queste terre. Sullo sfondo una quercia secolare che garantisce in piscina l’ombra che serve durante una torrida estate pugliese.
Nina Trulli Resort
Contrada Tortorella
70043 Monopoli (BA)
Tel: +39 080 222 6831
www.ninatrulliresort.it/it