Testo di Ilaria Mazzarella
Foto di Alberto Blasetti
C’era una volta la trattoria. Quella con l’arredamento essenziale, le porzioni generose di pasta, il quinto quarto in menu e i prezzi modici. Tanta sostanza e zero fronzoli. Quella che andavi perché c’era aria di casa e quella che uscivi sempre sazio e pure più contento.
Sarah Cicolini doveva fare il medico dopo la maturità classica. Invece fa la cuciniera. Cuciniera? “Perché io non sono lo chef, lavoro in team con Mattia (Bazzurri, ndr): senza la sua collaborazione nella realizzazione delle mie proposte e la complicità professionale non sarebbe stato possibile arrivare fin qui”. Non lasciatevi incantare dai boccoli rossi sulla stazza minuta o dai suoi tatuaggi (“mi sento una mecenate degli artisti, porto la loro arte addosso”) o dalla risolutezza spiazzante. Sarah è giovane e ne sa. Ventinovenne dalle origini abruzzesi, deve gran parte del suo background alla vicinanza di una coppia di nonni dinamici. “Orari rigidi, disciplina e stagionalità a tavola: mai mangiato pomodori o zucchine a dicembre. Prendi uno dei nostri antipasti, la Frittata di regaje di pollo. È un ricordo di infanzia, quando due volte al mese nonna ammazzava un pollo. E poi si mangiava quello, il pollo. E si doveva mangiar tutto, finché non si finiva”. E mentre attendo di assaggiare la frittata che ha imparato dalla nonna, ecco arrivare il benvenuto della casa: Pizza e mortazza con accompagnamento di vino e gazzosa.
“Sarah, come nasce Santo Palato?”.
“Ho sempre fatto dei lavori stagionali nel mondo della ristorazione, anche quando mi sono iscritta all’università. Ero una studentessa diligente e, prima di decidere di lasciare la facoltà di Medicina, avevo dato quasi tutti gli esami dei primi anni. Non è stata una decisione ponderata o razionale all’inizio, ma la passione per ciò che facevo in cucina ha iniziato a prendere il sopravvento”. Nella testa e soprattutto nella gestione del tempo. A tavola prende posto anche sua maestà, lo Spaghettone con pomodoro Zerbino, zucchine e robiola di capra, scelto tra i piatti in lavagna. Divino.
“Ho iniziato come chef a domicilio, poi ho avuto l’opportunità di fare uno stage nella cucina di Metamorfosi. Sono stata fortunata perché in estate gli stagisti scarseggiano e gli chef Roy Caceres e l’allora sous chef John Regefalk hanno potuto dedicarci molto più tempo: ho sperimentato assieme a loro piatti nuovi e approfondito alcune tecniche”. Poi la consacrazione accanto a un nome importante come Stefano Callegari, questa volta da solista, per l’apertura della nuova pizzeria Sbanco (tra i soci, anche Marco Pucciotti). Ma la “carta bianca” che le dà Stefano non basta (“sentiti pure libera di inventare dei supplì”), o forse la nostalgia per una cucina che non fosse solo una sorella minore di una grande pizzeria ha la meglio. “Mi mancava preparare i primi piatti! – confessa Sarah – Ventinove anni sono pochi, ma sono abbastanza nel mondo dei cucinieri per dover avere le idee chiare”. Così, con l’invito di uno stage nelle cucine di Quique Dacosta pronto sul tavolo, vince la voglia di rischiare. E così tira su la saracinesca di Santo Palato, assieme al socio Marco Pucciotti e alla supervisione di Cultivar Agency.
Di nuovo un’interruzione piacevole, sono usciti i secondi. Il Pannicolo bovino con verdure scottate e maionese al rafano e il cuore bovino, funghi cardoncelli, ciliegie, cuore di lattuga e uovo di quaglia. Sorprendenti.
“La vita da cuoco è dura. Disciplina e sacrificio. Ma poi si fa l’abitudine a lavorare durante le feste e vivere al contrario rispetto ai tuoi amici. Anzi, dopo è impossibile tornare a una vita ordinaria. Io non ho la formazione accademica da cuoco, ma ho sempre seguito alcune persone che mi hanno ispirato con le loro storie e le loro ricette, guardavo la vetrina di Roberto Liberati mangiandomela con gli occhi, seguivo le evoluzioni della Gatta Mangiona”.
Tanta passione, tanta ricerca e tanta determinazione negli occhi di questa piccola grande donna. E naturalmente materia prima: ecco perché Santo. Il Palato.