Testo di Camilla Bondioli
Foto cortesia di Ufficio Stampa Arnaldo Caprai
La prossima estate, sulle colline di Montefalco, si festeggiano i primi 50 anni di attività della Cantina Arnaldo Caprai. Marco Caprai, figlio del fondatore e alla guida dell’azienda dal 1988, ha portato avanti una gestione mirata all’innovazione, alla ricerca e alla sostenibilità. Negli anni, tra le tante iniziative, l’azienda si è fatta promotrice di studi sul Sagrantino – vitigno autoctono della zona – che hanno portato all’isolamento di una variante a chicco bianco.
Ricerca e innovazione hanno un ruolo centrale nella politica aziendale, volta al costante miglioramento dei processi e del prodotto e al perseguimento, a tutto tondo, della sostenibilità. E non sono parole vuote, perché la dichiarazione trova appoggio su dati e fatti, che vanno dall’attenzione all’ambiente con la riduzione delle emissioni, all’assunzione dei dipendenti, un terzo dei quali è rappresentato da persone richiedenti asilo segnalate da Caritas. Una collaborazione, quella con Caritas, nata per caso, dalle parole di un amico del titolare, che gli chiese se fosse interessato a farsi coinvolgere in questo progetto di cui abbiamo parlato proprio con Marco Caprai.
“Abbiamo iniziato con molta attenzione, perché il tema è delicato, per vedere se era possibile poter dare lavoro in maniera trasparente e sicura a questi ragazzi. Hanno già titolo per stare sul territorio italiano e i documenti in regola per poter lavorare, è questione che qualcuno sia lì a dar loro un’opportunità” racconta Caprai. Molto spesso, quelle degli immigrati che lavorano in ambito agricolo sono storie di sfruttamento, il progetto di Caritas e di Cantina Arnaldo Caprai è un esempio virtuoso che vuol dimostrare non solo la possibilità di offrire lavoro in maniera regolare e trasparente, ma anche che spesso, ragazzi provenienti da altri paesi, costituiscono un’importante risorsa per l’agricoltura, che vede di anno in anno aumentare la difficoltà di assumere manodopera. Dice Caprai: “Questo progetto ci ha permesso di avere continuità di manodopera e una formazione dei lavoratori piuttosto elevata”.
Non si tratta di beneficienza, ma di abbattere pregiudizi e di dare possibilità a tutti in modo egualitario. I ragazzi segnalati da Caritas, in genere, non hanno esperienze precedenti con la viticoltura, “generalmente nel loro paese studiavano altro, sanno due o tre lingue, sono andati via per migliorare le loro condizioni di vita – continua Caprai – essendo il lavoro agricolo un lavoro spesso temporaneo, di una fase della vita, non arriva personale specializzato a fare le stagioni, quindi in questo senso l’agricoltura è abituata ogni anno a ripristinare una quota di lavoratori”, così all’inizio di ogni ciclo produttivo si tengono corsi di formazione in azienda che preparano i dipendenti alle diverse mansioni che andranno a ricoprire durante l’anno. Alcuni ragazzi si fermano a lavorare in azienda per anni, per altri quest’opportunità rappresenta un trampolino di lancio, un modo per trovare un’iniziale stabilità economica e poter poi perseguire altri progetti, o ricongiungersi con le proprie famiglie.
Questa collaborazione con Caritas, nata ormai cinque anni fa, non ha fatto grosso rumore e parte del bello dell’iniziativa è proprio la “normalizzazione” del fatto che dei ragazzi immigrati lavorino nei campi regolarmente assunti e adeguatamente pagati, con la possibilità, tra l’altro, di verificare tramite un’applicazione, giorno per giorno, le ore di lavoro effettuate e il salario maturato. Trasparenza.
Ancora nessuno, nei dintorni, ha emulato la Cantina Arnaldo Caprai, ma sarebbe bello se sempre più aziende, in tutta Italia, offrissero questo tipo di opportunità, seguendo le regole e guardando al benessere dei lavoratori – indipendentemente dalla loro provenienza – che è poi gran parte del benessere di un’azienda.
ARNALDO CAPRAI società agricola
Loc. Torre
06036 Montefalco (PG)
Tel. +39 742 378802