Testo di Cristina Ropa
Foto di Sofie Delauw per Cook_inc. 14
Sono passati sei anni da quando sul numero 14 di Cook_inc. uscì l’articolo sulla tua meravigliosa Azienda Agricola. Quasi due anni invece dal nostro incontro virtuale durante la prima ondata di pandemia. Immagino siano successe tante cose da allora…
Sì. Nel 2016 eravamo in pieni lavori di ristrutturazione, di acquisti e di ampliamento dell’azienda Bombolieri, lavori che sono durati sei anni fino ad arrivare al luogo in cui sono oggi dove faccio vino, dove accogliamo le persone e dove c’è una buona parte delle nostre vigne. A oggi lavoro non solo in un accorpamento aziendale ma in tante parcelle diverse situate in nove contrade. Da queste parcelle nel 2016 è nato il progetto dei vini di contrada che si focalizza sulla differenza dei suoli. Ne ho poi scelte tre che identificano maggiormente il Frappato e che lo differenziamo e sono Pettineo, Fossa di Lupo e Bombolieri. Tre suoli diversi quindi tre Frappati diversi. È un bellissimo progetto che per me ha rappresentato un ulteriore punto di approdo
Cosa ti ha spinta a svilupparlo?
Erano anni che lavoravo sul concetto dell’uva autoctona, sul far conoscere maggiormente la città di Vittoria. Volevo capire che vini potevamo fare da ciascun terreno e studiarne le caratteristiche. In quegli anni sempre nel 2016 oltre ai vini di contrada ho iniziato a cercare un terreno con l’obiettivo di fare un bianco più austero, un bianco che raccontasse non soltanto l’aromaticità del moscato di Alessandria e dello zibibbo che già facevo ma un bianco che fosse un po’ più di altura. Ho cercato un luogo sui monti Iblei e ne ho trovato uno vicino a un bosco a 500 metri sul livello del mare, su un gesso, dove piantare quella che sarebbe poi diventata la quarta contrada SM che è il Bianco di Contrada.
Un mestiere il tuo che si nutre di tanta curiosità e creatività. E a questo proposito mi viene in mete la ricchezza della biodiversità della tua azienda…
Negli ultimi anni oltre a dedicarmi molto a questi progetti di vinificazione contemporaneamente ho migliorato infatti il progetto di biodiversità. Il piccolo pereto, l’agrumeto, gli alberi di ulivo ci sono sempre stati. Il progetto è diventato qualcosa di più importante ora con tante cose diverse per mantenere e rendere questa biodiversità sempre più bella. Quando si arriva qui oggi questa azienda è: fiori, pluricoltura, orto, grano, ulivo, pereto, aranceto, vegetazione mediterranea e naturalmente vigneto. Niente di tutto questo sarebbe possibile se non ci fosse la vigna ma nemmeno la vigna e i vini che faccio oggi sarebbero quelli che sono se non ci fosse tutta questa biodiversità intorno.
Ascoltare la natura, imparare dai suoi ritmi, capire cosa c’è bisogno in quel momento è fondamentale per voi agricoltori. Durante il nostro primo incontro mi hai raccontato che il valore del tempo, questo stare nell’attesa, nel non avere tutto subito, ti ha fatto crescere tanto. Cosa ti hanno insegnato questi ultimi due anni così sfidanti?
Hai detto quattro o cinque parole molto interessanti. Attesa, ascolto… Mi vengono in mente alcune cose su cui ho riflettuto. In parte io venivo da alcuni anni di tante corse per cui questi due anni di rallentamento a me hanno giovato molto proprio in termini psicologici, di riflessione su me stessa, di fermarsi per capire, stare sulle cose, dargli e darsi il tempo. È vero che in corsa ho raggiunto degli obiettivi molto belli ma crescendo ho compreso che mi devo ascoltare di più forse per fare le cose ancora meglio. Io sono una persona che difficilmente attende quindi imparare a stare nell’attesa, che non è un’attesa passiva in cui ti aspetti che qualcosa succeda, mi ha insegnato a sfruttare appieno il momento presente. Abbiamo quindi usato questo tempo, in un momento in cui il mercato si è rallentato, per conoscere meglio l’azienda, per formarci, per aiutarci, per cambiare alcune cose che era necessario cambiare sia nell’azienda che anche nella mia vita.
Tante persone hanno utilizzato questo momento per rivedere le loro scelte di acquisto prediligendo sempre di più filiere sostenibili. Allo stesso tempo non è ancora avvenuto un cambio di rotta significativo. Cosa pensi sia importante fare per sensibilizzare di più su questo tema?
Questi due anni non possono andare persi. Ci sono tante riflessioni da fare da tanti punti di vista. Spesso si scelgono aziende per questioni di mercato perché un marchio sembra più accattivante. Viviamo in un momento in cui il vino naturale va molto di moda e quindi tutti saltano su questo carro e si finisce che sembriamo fare tutti le stesse cose. Dovremmo dedicare un po’ più di tempo a capire chi lo fa come scelta di vita, chi lo fa con il cuore mettendo dentro anche scelte etiche, umane. Se deve rimanere qualcosa da questo periodo deve essere quello della riflessione. Di non doverci portare domani quello che ci portavamo ieri. Io nel mio piccolo ho deciso di non fare più alcune fiere e ho deciso di condividere il mio percorso con coloro che possono essere amici oltre che produttori perché il tempo è effettivamente così poco che voglio dedicarlo a qualcosa di utile. Oggi sento che voglio dedicare parte del mio tempo anche alla mia comunità, a Vittoria. Il mio obiettivo è aprirci, aiutare questa terra che ne ha veramente tanto bisogno, sensibilizzarla sui temi ambientali. Siamo stati per tre anni commissariati per infiltrazioni mafiose. È una città che ha molti problemi sui rifiuti per esempio. Mi sento che sono diventata un’agricoltrice impegnata anche socialmente. Spesso il mio ruolo è quello di coinvolgere i ragazzi del territorio per non farli andare via. Arrivano qui che hanno un certo approccio verso l’ambiente, poco consapevole e stare in azienda li aiuta a cambiare testa. Anche nel rapporto con i miei collaboratori spesso mi trovo a lavorare con persone svantaggiate che vanno educate sulle cose basilari. Non mi entusiasma più andare in una o un’altra fiera perché la nostra vita non può ridursi ad avere l’obiettivo di vendere una bottiglia di vino. Quello deve esserci ma diviene un mezzo per raggiungere cose ancora più belle.
Avete in mente dei progetti a riguardo?
Sì. Ho raccolto l’adesione di altri imprenditori che vogliono dedicare il loro tempo e le loro risorse per la comunità, per mappare insieme le scariche abusive che abbiamo. Qui c’è un problema importante di fumarole. Si ammucchiano grandi cumuli di plastica che diventano roghi e che rendono l’aria irrespirabile. Ci sono dinamiche molto complesse, molto difficili poiché richiedono l’intervento di vari enti. Intanto in collaborazione con il Comune, cerchiamo di portare avanti questo progetto che speriamo sia sposato dalla comunità così da ripulire queste discariche. Tutto il territorio qui merita molto di più di quello che ha avuto finora. La situazione è molto critica e, anche se al fine non c’è mai peggio, sono positiva e penso che da qui si possa solo risalire.
Dalla tua esperienza, che è un tutt’uno con la tua terra, com’è oggi il mondo dei vini naturali?
Anche su di loro possiamo fare un po’ di politica. Anche se sono abbastanza giovane appartengo alla generazione dei vini naturali. Appena uscita dall’Università ho conosciuto produttori importanti di questo mondo che mi hanno molto sostenuta. Negli ultimi anni ne sono nati di buoni e di meno buoni. Tra questi ci possono essere anche aziende grandi che decidono di fare una linea dedicata a questo tipo di vino. Quello che conta per me è continuare a credere sul vignaiolo e non tanto sul metodo. Quello è ripetibile. Quello che invece non si può ripetere è la persona. Le scelte di vita, i progetti. Questo mondo sembra cresciuto all’inverosimile e mi sento di essere in parte selettiva. Come in ogni cosa va osservato chi fa bene e chi non fa bene. Non è detto che oggi tu stia facendo bene. Il metodo naturale serve anche per raccontare un territorio, un’esperienza agricola, un suolo, un territorio abbandonato. Secondo me va dato spazio, come accennavo prima, a chi sta facendo questo come scelta di vita.
Azienda Agricola Arianna Occhipinti
SP68 Vittoria-Pedalino km 3,3
97019 Vittoria (RG)
www.agricolaocchipinti.it