Testo di Luca Martinelli
Foto di Federico Fallabeni
Due aziende agricole della Val Borbera, una delle valli più remote e selvagge d’Italia, nell’Appennino ligure-piemontese, stanno facendo una cosa inedita: Cascina Barbàn e Nebraie (ne abbiamo scritto qui, nel gennaio scorso) hanno lanciato una campagna di crowdfunding per iscrivere una nuova, ma vecchissima, varietà al Registro della varietà viticole piemontesi. In pratica, raccontano “coltivando la terra e curando le nostre vigne, in valle abbiamo trovato un vitigno antico, molto tipico, ma abbandonato”. Si chiama Muetto, e Cascina Barbàn e Nebraie vorrebbero tornare a coltivarlo e vinificarlo, ma “attualmente, non essendo autorizzato, è illegale. Questo vino, in pratica, non esiste”.
E QUESTO VINO NON ESISTE è anche il nome della campagna lanciata il 23 ottobre sulla piattaforma Ideaginger per raccogliere 6 mila euro, il costo dell’iscrizione. Dopo una settimana, l’obiettivo è già vicino (giovedì 29 ottobre siamo al 70%). “Non ci aspettavamo questo riscontro e questa reazione da parte delle gente. Il risultato è incredibile: sicuramente abbiamo azzeccato qualche ‘codice’, e penso che oggi i temi della biodiversità siano molto più riconosciuti di un tempo, che in tanti siano valore a questi temi” racconta a Cook_inc. Maurizio Carucci, uno dei quattro del collettivo di Cascina Barbàn.
“Una varietà è un bene pubblico e ci sembra sacrosanto che questa avventura sia pubblica, di tutti e PER tutti. Perché questo vino, come gli altri del resto, appartenga a chi se ne prende cura, a chi se ne occupa, a chi lo beve, a chi lo coltiva e infine a chi lavora per la sua registrazione. Sostienici”. Questo l’appello rivolto dalle due aziende agricole, che nel 2015 hanno avviato con l’ampelografo Stefano Raimondi un lavoro di riconoscimento di tutti i vitigni presenti in alcuni vecchi vigneti che hanno in gestione, gli ultimi rimasti in Val Borbera.
Tra le tante varietà presenti, una ventina, sono rimasti colpiti proprio dal Muetto, le cui caratteristiche ne fanno un perfetto “vitigno d’Appennino”: matura presto (intorno alla metà di settembre) e germoglia tardi (quasi due settimane dopo gli altri vitigni), e in questo sembra conoscere alla perfezione il clima della valle, perché evita le gelate tardive che sono frequenti in primavera e anticipa le temperature rigide che a settembre possono scendere anche sotto i dieci gradi. Quando viene vinificato dà vita a un rosso scarico, dal colore acceso e vivido, semi-aromatico, dai profumi di rosa, ciliegia, ma anche pesca e acacia. Ha le caratteristiche di un vino utile, divertente, generoso, semplice ma mai banale.
“Con la campagna di crowdfunding ci poniamo anche un obiettivo culturale: vogliamo che una comunità riconosca un suo ‘figlio’ e lo celebri quotidianamente” spiega Maurizio Carucci. “Non è solo una questione di mercato, anche se siamo convinti che questo vino potrebbe funzionare e le nostre due aziende agricole hanno scelto di vivere grazie al vino prodotto in Val Borbera. Sarebbe bello se in Appennino la gente cominciasse a essere orgogliosa dei propri prodotti, e questo non è scontato, soprattutto in Val Borbera e in tutto il Genovesato di cui ho esperienza, anche in Valle Scrivia. C’è quasi pudore a riconoscere e valorizzare i propri prodotti – continua Carucci – e questa volta, avendo allargato il processo alla gente, speriamo che questo possa avvenire con più facilità. La nostra operazione, quindi, abbraccia gli ambiti: culturale, sociale ed economico, sperando che le nostre parole trovino conferma sul territorio”.
Sul sito di Ideaginger è specificato in modo trasparente a che cosa servono i 6mila euro raccolti: 3mila per le 3 micro vinificazioni necessarie per analizzare la varietà sotto il profilo enologico, chimico, batterico, biologico; 1.500 euro per il lavoro di rilevamenti agronomici e fenologici sul campo per la durata della registrazione, ovvero 3 anni; 1.500 euro per raccontare attraverso iniziative di vario genere – serate di degustazione, operazioni pubblicitarie su riviste e altri media – questo vino sconosciuto e appena registrato. Tra le ricompense per tutti una bottiglia numerata di Muetto, ma anche un giorno di lavoro in vigna o una camminata per arrivare a guardare la Val Borbera dall’alto, con aperitivo in quota. Abbracciando il territorio.